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La Cnn da Pantelleria spiega cosa fanno gli Usa in Libia

Fayez Serraj, Libia, trenta

La Cnn è stata a Pantelleria, l’isola siciliana da cui partono i voli degli aerei spia utilizzati dalle forze speciali americane per monitorare la situazione in Libia e Tunisia.

Quanto riportato dalla televisione americana conferma ricostruzioni già note di cui spesso si è parlato, raccontate ad esempio dal Foglio i primi di aprile, che indicava per le attività contro lo Stato islamico libico la base nella piccola isola della Sicilia fosse considerata in questo momento più centrale dell’aeroporto di Trapani Birgi, dove l’Italia ha schierato un velivolo senza pilota Predator da ricognizione e quattro jet Amx, e di Sigonella, base americana da cui decollano i Global Hawk sotto una missione di controllo Nato e che Roma nei mesi scorsi ha aperto all’utilizzo di Uav armati statunitensi: “Le infrastrutture risalenti alla Seconda guerra mondiale sono state rammodernate nel 2015 e c’è un bunker scavato nella roccia su più livelli di circa 1.700 metri quadrati, oggi condiviso con l’intelligence americana” (la bocca del bunker/hangar si vede nella foto estratta dal video).

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Quello ripreso nel filmato della Cnn è molto probabilmente (i codici potrebbero essere scritto sulla parte pixellata delle immagini, di cui evidentemente non ne è stata concessa la pubblicazione) il Beechcraft King Air 350ER modificato con numero di volo “N351DY” che gli osservatori della crisi libica dei jihadisti tunisini e degli spostamenti aerei collegati hanno più volte tracciato in questi mesi. Si tratta di un aereo civile predisposto dal SoCom (il Comando operazioni speciali del Pentagono) con apparecchiature tecnologiche per missioni ISR, ossia di intelligence, ricerca e sorveglianza. Intercettazione delle comunicazioni, telecamere e sistemi fotografici ad alta risoluzione collegati con Satcom per trasmettere i dati raccolti dai tre uomini di equipaggio in tempo reale al comando e a celle di utilizzo a terra.

I voli spia che coprono gli oltre 1200 chilometri di costa libica, sarebbero in funzione da più di un anno, e inquadrano essenzialmente i movimenti degli uomini dello Stato islamico: è quasi certamente grazie a queste osservazione che gli F15 americani decollati il 13 novembre del 2015 da una base inglese hanno potuto eliminare il leader più importante del Califfato in Libia, Abu Nabil al Anbari, alias Abul Mughirah al Qahtani. Dopo l’insediamento del governo spinto dall’Onu a Tripoli, negli occhi elettronici dei sensori americani potrebbero essere finite anche alcune milizie tripoline non compiacenti con il leader designato Fayez Serraj.

Nel pezzo, l’inviato della Cnn Nick Paton Walsh passato dalla Sicilia per arrivare a Misurata (era lì il giorno in cui l’Is ha attaccato Abugrein), conferma attraverso informatori americani anche la presenza di almeno un team di forze speciali di una dozzina di persone in una base appena fuori la città/stato dell’ovest libico. La notizia concorda con quanto pubblicato per primo dal Washington Post, che aveva parlato di 25 operatori americani tra Misurata e Bengasi. È evidente che dopo mesi di attività Washington ha deciso in questo momento di rendere nota la presenza di questi militari sul suolo libico.

Washington è noto che si serve di compagnie private per operare questi voli (l’N351DY è registrato dall’Aircraft Logistics Group LLC, con sede a Oklahoma City, nota per aver collaborato con Pentagono in passato, come ha ricordato Guido Olimpio sul Corsera): un altro degli aerei spesso in uso è un Dornier C146 Wolfhound (versione militare) che trasporta questi team dall’Italia alla Libia, anch’esso spesso tracciato in partenza dalla Sicilia. Uno di queste squadre, decollata probabilmente da Catania, atterrò il 14 dicembre scorso all’aeroporto di Watiyah dove fu intercettata da una milizia locale non compiacente, che la rispedì indietro.



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