Il leader dei Talebani in Afghanistan, Mullah Akhtar Mansour, è stato “probabilmente ucciso” in un attacco aereo degli Stati Uniti, dicono i funzionari americani. Alcune fonti tra i talebani hanno poi comunicato ad al Jazeera che il leader è vivo, ma dietro potrebbe esserci una linea propagandistica.
Secondo quanto riferito, l’auto in cui viaggiava il capo ribelle afghano è stata colpita mentre si trovava in una delle aree tribali del Pakistan al confine con l’Afghanistan, zone remote e montagnose in cui da tempo i Taliban trovano rifugio e base. Il Pentagono, attraverso il portavoce Peter Cook su Twitter, ha confermato che il target dell’attacco era Mansour, ma ufficialmente dice che sono ancora in corso le valutazioni per capire se il bersaglio è stato eliminato. Il raid, compiuto con uno dei velivoli senza pilota che scandagliano continuamente la regione, pare sia stato autorizzato direttamente dalla Casa Bianca. Le prime immagini del luogo in cui è avvenuto il bombardamento sono state diffuse sempre su Twitter dal caporedattore dell’Agence France Presse a Kabul, il quale ha segnalato anche di aver ricevuto dal consiglio della shura di Quetta l’informazione che il cellulare di Mansour è non raggiungibile da sabato notte (quando dovrebbe essere avvenuto l’attacco).
Images of the bombed vehicle in which #AkhtarMansour was said to be traveling inside Pakistan — @AFP @AFPAfPak pic.twitter.com/qs73hQ9PkJ
— Anuj Chopra (@AnujChopra) 22 maggio 2016
Mansour ha assunto la direzione nel mese di luglio 2015, sostituendo il creatore del gruppo ribelle islamista e capo spirituale riconosciuto anche da al Qaeda come “comandante dei fedeli”, il Mullah Mohammad Omar. I leader talebani sono spesso coperti da mistero, oltre che da una spessa bolla di sicurezza, che facilita la diffusione di notizie false. Omar è morto nel 2013, ma la sua fine è stato comunicata ufficialmente soltanto due anni più tardi: alcune voci davano Mansour per ucciso in uno scontro a fuoco lo scorso anno (poi il governo di Kabul aveva smentito). Per capirci, mentre arrivava la smentita su al Jazeera, un comandante talebano confermava l’uccisione di Mansour ad Associated Press.
La nomina di Mansour è stata contestata da alcune fazioni interne ai Taliban (la principale quella guidata dall’ex detenuto di Guantanamo Abdul Qayum Zakir), creando faide e disconoscimenti della leadership che hanno innescato una rincorsa guerresca, la quale ha avuto come risultato il ritorno all’offensiva dell’organizzazione, che nell’ultimo anno ha guadagno territorio e influenza, compiuto attacchi contro le forze di stabilizzazione Nato e attentati contro la popolazione. La nuova ondata violenta è frutto di un regolamento di conti tra quelle fazioni interne, ed ha come scopo conquistare potere, dimostrarsi più forti, ottenere più consensi. In questo il mullah ha avuto la capacità di bilanciare queste rivalità senza spaccare l’organizzazione, trasformando le diatribe in fruttuose operazioni militari.
Mansour ha 55 anni, è nato nella provincia di Kandahar (che i talebani considerano la propria “città santa”), è all’interno dell’organizzazione afghana fin dalla fondazioni e era un intimo del Mullah Omar. Durante il governo comandato dai talebani è stato ministro dell’Aviazione. Le Nazioni Unite lo seguono pure perché ha un ruolo di gestione in alcuni cartelli che trafficano droga (oppio) dall’Afghanistan, che sono parte dei finanziamenti dell’organizzazione; in teoria la droga sarebbe un’enorme deviazione dai precetti islamici integralisti predicati dai talebani, ma pecunia non olet anche per i gruppi islamisti radicali.