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Il parlamento (e lo Stato islamico) chiedono al governo inglese chiarezza sulle forze speciali inviate in Libia

Crispin Blunt, chairman della Commissioni affari esteri della Camera dei Comuni inglese, ha chiesto la governo inglese una “corretta contabilità” a proposito del ruolo svolto dalle forze speciali britanniche in Libia. La questione arriva dopo che un articolo del Times uscito giovedì raccontava, tramite un comandante libico, che gli operatori inviati da Londra a Misurata avevano fatto esplodere un camion bomba prima che arrivasse su un ponte appena fuori città; ricoprendo dunque un ruolo “combat” (pare che l’episodio sia avvenuto durante l’avanzata dello Stato islamico da sud, dopo la presa di Abu Grein all’inizio di questo mese). In Inghilterra è il secondo round di questo genere di dibattito politico: il primo, poco più di due mesi fa, fu conseguenza delle dichiarazioni del re di Giordania Abdullah, diffuse attraverso il Guardian e il sito Middle East Eye, che erano riusciti a leggere un report molto segreto con cui il sovrano informava gli Stati Uniti a proposito delle attività all’estero di Amman. Fra queste: siamo in Libia con alcuni commandos che stanno insieme a colleghi inglesi.

Informazioni non commentate da Londra, che arrivavano comunque da un capo di stato alleato all’Occidente, e che, come adesso, mandarono su tutte le furie le opposizioni politiche inglesi. Si chiede chiarezza al governo: “La convenzione che noi non commentiamo le operazioni delle forze speciali, [che non necessitano] di chiedere l’autorizzazione parlamentare, sarà compromessa se vengono usate come forze convenzionali” ha detto Blunt alla BBC. La tv inglese aggiunge, attraverso il caporedattore del settore Difesa, Jonathan Beale, di essere “consapevole” che in Libia ci sono piccoli reparti degli Special air service e degli Special boat service (rispettivamente i commandos dell’aviazione e della marina), anche se il governo di Londra nega il coinvolgimento di truppe di terra.

Una linea, quella seguita da Downing Street, simile a quella tenuta da tempo dalle altre cancellerie occidentali, che però in questo momento cominciano a far circolare alcune informazioni in più. Tanto che ci si chiede se tutte queste notizie confidenziali sbattute in prima pagina nei giorni passati, non siano frutto di un deliberato spin politico, con cui i governi che sostengono lo stagnante processo veicolato dalle Nazioni Unite a Tripoli stanno cercando di premere sull’acceleratore, facendo segnare adesso le proprie mosse.

Hanno iniziato i francesi, a febbraio, con una spifferata sul Monde a proposito della guerra clandestina combattuta da Est, a fianco alle forze del generale Khalifa Haftar impegnate nel liberare Bengasi dall’Is e altre milizie islamiste (ma nemiche dello Stato islamico). Poi è toccato al Telegraph, sempre a febbraio, parlare degli inglesi. Successivamente via via informazioni sempre più fitte, con i soliti funzionari anonimi che hanno parlato degli americani, e ancora di inglesi e francesi. Le unità speciali occidentali sarebbero impegnate in ruoli a cavallo tra lo spionaggio e le attività segrete: per esempio, pare che da attraverso queste attività – contatti, pedinamenti, raccolta di dati di intelligence – un’operazione congiunta Usa/Francia è riuscita a novembre ad eliminare Abu Nabil al Anbari, il capo di tutto lo Stato islamico in Libia (forse i commandos a terra, dopo aver raccolto i dati tramite i francesi, hanno illuminato l’obiettivo ai caccia americani decollati da una base inglese). Anche fonti governative italiane si sono lasciate scappare qualche dettaglio sulla presenza di piccoli team di forze speciali inviate da Roma in missioni congiunte con i servizi segreti esteri (prima con il Corriere della Sera, poi con il Foglio e poi con Repubblica), ma la questione non ha per ora occupato il palcoscenico politico.

Al di là dell’efficacia delle operazioni, attualmente la questione ruota anche attorno a un argomento che invece è molto politico: gli esecutivi devono comunicare al parlamento queste attività, visto che si tratta di missioni che potrebbero produrre conseguenze in patria (ritorsioni come attacchi terroristici per esempio), oppure la segretezza deve essere estrema? (Sì, in effetti è abbastanza curioso parlare di segretezza per operazioni di cui scrive la stampa di almeno tre continenti). Domenica, in un commento pubblicato sull’Independent, Rori Donaghy si chiedeva proprio questo, e concludeva: “È tempo per un dibattito parlamentare sulla guerra segreta del Regno Unito in Libia”. Oggi una delle tante iniziative di comunicazione propagandistica dello Stato islamico libico riportava esattamente il titolo del pezzo di Donaghy – l’Is libico da diversi giorni è in loop sull’attaccare l’Europa (e di solito la ripetizione del messaggio ha un significato, come ha fatto notare Daniele Raineri del Foglio).

 

 Leggi l’approfondimento di Formiche.net sul ruolo dell’Italia, con le opinioni di alcuni di alcuni analisti ed esperti italiani.

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