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Elezioni comunali, chi sceglierà ora a Roma Silvio Berlusconi fra Giachetti e Raggi?

Silvio Berlusconi, Forza Italia

E adesso che a Roma al ballottaggio con la grillina Virginia Raggi, scontata nella conquista del primo posto, è arrivato il candidato renziano del Pd Roberto Giachetti, anziché la sorella dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, e tanto meno il disastrato Alfio Marchini, che cosa deciderà di fare Silvio Berlusconi? E, qualsiasi cosa decida, che cosa accadrà in Forza Italia? Essere o non essere, shakespearianamente, contro la vittoria finale di Beppe Grillo e della sua candidata al vertice non di Zagarolo ma della Capitale d’Italia? Queste sono le domande, che sovrastano tutte le altre, di fronte ai risultati del primo turno delle elezioni amministrative che hanno riguardato più di 1300 Comuni italiani. Esse sovrastano, a mio avviso, anche il conforto col quale si è potuto assistere a Milano a un rasserenante testa a testa fra i candidati quasi intercambiabili di un centrosinistra sostanzialmente moderato, di conio renziano, e di un centrodestra miracolosamente unito.

La logica, o il buon senso, a questo punto vorrebbe che Berlusconi decidesse di dare una mano a Giachetti, come sicuramente gli consiglieranno gli amici del Foglio, che da tempo rimpiangono il cosiddetto Patto del Nazareno, naufragato notoriamente con l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, e ne auspicano una riedizione, cominciando magari a livello locale. Ammesso e non concesso che si possa liquidare come locale il problema dell’amministrazione della Capitale d’Italia.

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Ma qui sarebbe un errore gravissimo porre la questione come ritorno o meno al Patto del Nazareno, cadendo nella trappola non tanto degli amici foglianti del “Royal baby” inventato e descritto da Giuliano Ferrara pensando a Renzi come successore naturale di Berlusconi, quanto di Giorgia Meloni. Che perfidamente, quando volle candidarsi al Campidoglio scaricando Guido Bertolaso, rappresentò il rifiuto di Berlusconi di sostenerla come indizio, anzi prova della volontà intima dell’ex Cavaliere di prestare soccorso alla fine a Giachetti per riesumare, appunto, il Patto del Nazareno.

Nella visione della Meloni, ma anche del segretario leghista Matteo Salvini, accusato da Gianfranco Fini di plagio politico nei riguardi della sua ex camerata di destra, la scelta di Berlusconi per il “perdente” Marchini era funzionale proprio ad un ballottaggio favorevole al candidato non tanto del Pd quanto di Renzi in persona al Campidoglio.

I sospetti della sorella dei Fratelli d’Italia trovarono ascolto in Forza Italia, dove il capogruppo del Senato Paolo Romani, la pitonessa Daniela Santanché ed altri non nascosero la loro preferenza per la Meloni, ma soprattutto per il rapporto privilegiato per il pur lepenista Salvini.

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Questi malumori tornano ora, come i nodi, al pettine. Berlusconi a questo punto deve decidere davvero che cosa vuol fare della sua Forza Italia, o di quel che ne resta. Tocca a lui, e solo a lui, visto il carisma di cui, a torto o a ragione, si sente ancora investito, decidere se a Roma, ma anche a Torino, e prima o poi in tutta Italia, il suo principale avversario – o il principale pericolo per la democrazia – è Matteo Renzi o Beppe Grillo. O addirittura Matteo Salvini, che in campagna elettorale si è addirittura spinto con la Meloni a prospettare una preferenza per la grillina Raggi nel ballottaggio se fosse toccato a Giachetti di contenderle il Campidoglio.

L’ex Presidente del Consiglio non ha molti giorni a disposizione per riflettere e decidere. Ma dovrà farlo.

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