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Bologna, Virginio Merola, l’opportunità e l’opportunismo

Certo, il Pd di Matteo Renzi non è più il partito, dopato dalla promessa degli 80 euro in busta paga e implementato dalla inconsistenza degli avversari, che nelle elezioni europee fece il pieno dei voti in cifra assoluta e in percentuale. Al posto dei suoi avversari, tuttavia, mi guarderei bene dal vendere la pelle dell’orso prima degli esiti del ballottaggio (lo dico da osservatore antirenziano). Gli eventuali acquirenti rischierebbero un’accusa di incauto acquisto.

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Dalle mie parti, quando lo spazio è limitato e le persone si trovano in difficoltà a muoversi, si usa la seguente metafora: è come essere seduti in tre sulla medesima seggiola. L’immagine rende l’idea della condizione dei “ducetti’’ dei partitini, vecchi e nuovi, a sinistra del Pd.

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Nella mia città, Bologna, almeno quaranta candidati, disseminati in quasi tutte le liste, non hanno ottenuto alcuna preferenza. Dobbiamo presumere che non abbiano parenti, amici, conoscenti? E che neppure loro abbiano stima di se stessi?

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Corre voce che, visti i risultati elettorali della Lega, gli amici e sostenitori di Elsa Fornero stiano organizzando una manifestazione, per venerdì 17 giugno, sotto l’abitazione di Matteo Salvini.

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Virginio Merola, candidato sindaco per il Pd a Bologna, ha attirato su di sé l’attenzione dei media, prima delle elezioni, per aver sottoscritto il referendum abrogativo del jobs act, promosso dalla Cgil. Subito dopo il voto del primo turno, che lo ha mandato al ballottaggio, Merola ha chiesto a Matteo Renzi di non farsi vedere a Bologna prima del 19 giugno. C’è molta confusione in quel partito. E, soprattutto, c’è una differenza sostanziale tra l’opportunità e l’opportunismo.

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