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Isis? Tutt’altro che sconfitto. Parola di 007 americani ed europei

Giovedì il capo della Cia John Brennan è intervenuto in audizione al Congresso americano e ha messo in guardia i legislatori sul fatto che lo Stato islamico “continua ad essere una minaccia grave”. “Continua” sta per “nonostante stia arretrando su tutti i vari fronti di combattimento”, Siria, Iraq, sotto i colpi della Coalizione militare guidata dagli Stati Uniti, mentre in Libia ha perso molto terreno davanti all’offensiva condotta dalle milizie misuratine fedeli al governo insediato dall’Onu a Tripoli. Il problema, spiega il direttore della Central Intelligence, è che sta attecchendo in altre aree (lo Yemen, per esempio, il Khorasan, tra Afghanistan e Pakistan, il Bangladesh, il Nordafrica) e che mantiene assolutamente intatta la capacità di compiere attentati. Una capacità che può sfruttare due asset, quello della pianificazione e quello dell’ispirazione.

L’ISPIRAZIONE

Per quel che riguarda l’ispirazione le vicende degli ultimi giorni contano più delle parole: a Orlando e a Parigi due uomini probabilmente non collegati direttamente allo Stato islamico hanno compiuto attentati basandosi sull’indottrinamento ricevuto in Rete, una narrativa d’odio che ha fatto da grilletto su elementi già delicati (violenti, repressi, psicotici) e che ha richiesto una semplice rivendicazione per autocertificare che l’atto era dedicato al Califfo; è la nuova forma di soldati del Califfato, fuori controllo e fuori dalle linee di comandando, seguono le direttive del predicatore e portavoce Abu Mohammed al Adnani, che sono almeno due anni che dice “andate e colpite” per contro vostro.

LA PIANIFICAZIONE E LA MINACCIA IMMINENTE DELL’INTELL BELGA

L’altro aspetto, la pianificazione, resta più tracciabile ma non meno inquietante. I servizi americani denunciano da un po’ le intenzioni dei baghdadisti di creare un network jihadista in Occidente, in grado di colpire secondo coordinate e progettazioni già accordate. Derniere Heure, sito di informazione belga, scrive di aver avuto modo di leggere un rapporto dell’intelligence di Bruxelles in cui si indica che un gruppo di combattenti dello Stato islamico ha lasciato la Siria una decina di giorni fa e sta viaggiando attraverso la rotta Turchia-Grecia per poi dividersi, una volta raggiunta l’Europa, in due team, uno andrà a colpire la Francia l’altro il Belgio. L’attacco è “imminente”. Gli uomini, dice il rapporto che sembra molto informato, viaggiano senza passaporto, probabilmente cercando di confondersi tra i migranti, e sanno già dove e come reperire le armi necessarie per compiere gli attentati. Si tratta dunque di azioni pianificate come quelle di Parigi del novembre 2015, per esempio, e non di un gesto di un “wolf solo” come quello di Magnanville. Nel report ci sono anche informazioni sui possibili obiettivi, che sono anche civili, come centri commerciali, parchi di divertimento e luoghi di assembramento in generale, e per questo si pensa agli Europei di calcio che si stanno giocando in Francia, già considerati un evento ad alto rischio; tra i target possibili anche l’ospedale militare di Neder-Over-Hembeek di Bruxelles. Si tratta di dettaglia abbastanza precisi al punto che Paul Van Tigchelt, capo dell’Ocam (l’antiterrorismo belga) ha dovuto metterci una pezza ricordando che in realtà informazioni del genere arrivano di continuo, ma poi sono gli esperti che valutano la minaccia: ad aprile ricevemmo indicazioni simili, su “un attacco imminente, ma non successe niente”, dice.

IL TERRORISMO DI RITORNO IN UE

Lo stesso giorno in cui Brennan parlava al Congresso, e mentre i media internazionali diffondevano la notizia del report belga, il coordinatore europeo anti terrorismo Gilles de Kerchove ha parlato alla sessione plenaria del Comitato delle Regioni Ue: “Si prevede che entro un anno l’Isis in Siria e in Iraq sarà del tutto sconfitto”, ma questo non deve essere preso soltanto come un indicazione positiva, perché poi il problema diventerà europeo in quanto è previsto un flusso di ritorno di molti di coloro che sono andati a combattere in Siria e Iraq (i cosiddetti foreign fighters). Elementi che potrebbero rientrare in Europa fortemente radicalizzati, oppure direttamente istruiti, pronti per compiere attentati; un mix delle due categorie di attentatori su cui lo Stato islamico può contare, insomma. In determinati contesti, come il Belgio, questi terroristi di ritorno come Mehdi Nemmouche (che il 24 maggio del 2014 uccise 4 persone la museo ebraico di Bruxelles dopo aver girato mezzo mondo per tornare in patria da Aleppo) potrebbero muoversi facilmente, confondendosi tra la criminalità locale come hanno fatto Mohammed Abrini o Salah Abdeslam (attentatori che hanno colpito Parigi e Bruxelles nei mesi scorsi) e sfruttare network locali facilitati da elementi ispiratori e contatti che gli permetterebbero di trovare rifugio e armi in preparazioni di un attacco.

(Foto: Wikicommons, il direttore della Cia John Brennan)

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