Non mi sembra una scelta appropriata e condivisibile quella di mettere il Regno Unito con le spalle al muro, a partire dal vertice di settembre, come se fosse responsabile di una sorta di “lesa maestà’’ nei confronti della Ue. Soprattutto, perché il referendum ha un valore consultivo ed interno, privo di ogni automatismo rispetto all’adesione o meno alla Comunità (una decisione affidata al Parlamento). Nel Regno Unito, l’esito del referendum ha provocato più problemi di quanti ne abbia risolti, al punto che anche in settori propugnatori del “leave’’ sono in atto dubbi e ripensamenti. Le istituzioni europee, abituate a procedere lento pede ogni qualvolta siano all’ordine del giorno orientamenti importanti da prendere, non devono trasformarsi in un Achille pie’ veloce, quando si tratta di assumere una decisione tanto delicata.
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Continuo a pensare che sia compito delle élite assumersi la responsabilità di guidare le nazioni. E quando è incerta la via da seguire, è loro dovere intraprendere quella più difficile.
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Il 28 giugno scorso, a Bologna, è stato presentato il saggio di Domenico Del Prete, ex storico giornalista della edizione bolognese di Repubblica, dal titolo “Il processo di via Barberia: la requisitoria stalinista che annunciò la fine del Pci’’. In via Barberia stava, appunto, la sede della federazione bolognese del “partitone’’. Era sufficiente quella indicazione stradale – non c’era bisogno di citare il numero civico – per evocare una località che di per sé incuteva quel rispetto dovuto a un importante centro di potere: alla stregua della Piazza Rossa o di via delle Botteghe Oscure. Il libro inizia la sua narrazione da una vicenda politica svoltasi intorno alla metà degli anni ’60, quando un gruppo di dirigenti comunisti, ultra-amendoliani, raccolti intorno a Mario Soldati (morto prematuramente, poco dopo i fatti, in seguito ad incidente stradale) venne sanzionato dal partito con l’accusa di frazionismo (il dibattito verteva sull’atteggiamento che il Pci avrebbe dovuto tenere nei confronti del nascente governo di centro-sinistra con la partecipazione dei socialisti). Alla presentazione del libro hanno preso parte personalità del mondo politico-culturale bolognese, in qualche modo legati a quegli anni e alle vicende di mezzo secolo fa. Nel dibattito che si è sviluppato, alcuni di loro hanno lamentato le angherie, le discriminazioni, l’isolamento umano allora subito in conseguenza di qualche divergenza di opinioni. Ognuno aveva da ricordare un triste storia personale, come se fosse venuto il momento di poter, finalmente, parlare. Nessuno di loro, però, ha spiegato per quale motivo – nonostante il trattamento subito, allora ritenuto profondamente ingiusto e doloroso – sia rimasto ugualmente comunista.