Il Papa ha promulgato un motu proprio (“I beni temporali”) con cui chiude la biennale controversia tutta interna alla curia romana su chi fosse chiamato ad amministrare i beni mobili e immobili della Santa Sede e chi a controllare il modo in cui questi venivano amministrati. La soluzione è una “netta e inequivocabile” separazione dei compiti. Da una parte ci sarà l’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica) che amministrerà il patrimonio, dall’altra la Segreteria per l’Economia, che avrà un ruolo di controllo e vigilanza. Le competenze sul budget saranno appannaggio dell’organismo guidato dal cardinale George Pell.
DUE ANNI DI DISSIDI
Già pochi mesi dopo l’istituzione della Segreteria dell’Economia, erano sorti problemi relativi alle sfere di competenza, con diversi uffici curiali che più o meno esplicitamente avevano manifestato perplessità e irritazione per le vere o presunte invasioni di campo dell’organismo guidato da Pell. In un verbale della riunione dell’Apsa del 12 settembre 2014, poi pubblicato dall’Espresso, il malcontento per la gestione del cardinale australiano emergeva in tutta la sua forza: “C’è uno che fa tutto e gli altri no”, diceva il cardinale Jean-Louis Tauran, che subito dopo aggiungeva: “Siamo in una fase di sovietizzazione”. A dargli manforte, il cardinale Giovanni Battista Re: “E’ pericoloso che la Segreteria dell’Economia prenda in mano tutto, così l’Apsa non ha più senso”.
LA DECISIONE DEL PAPA
Ora è il Papa a fare chiarezza. “Precisando quanto stabilito e modificando quanto appare necessario emendare, intendo ribadire la direttiva fondamentale che è necessario separare in maniera netta e inequivocabile la gestione diretta del patrimonio dal controllo e vigilanza sull’attività di gestione”. A tale scopo, aggiunge Francesco, “è della massima importanza che gli organismi di vigilanza siano separati da quelli vigilati”. Da qui deriva che all’Apsa spetterà “l’amministrazione dei beni e la gestione finanziaria”, mentre alla Segreteria per l’Economia “il controllo e vigilanza sull’attività di amministrazione e gestione”.
VERSO UNA STRUTTURA PIU’ COLLEGIALE
Scrive il vaticanista Andrea Tornielli che alla fine “la Segreteria per l’Economia perde un po’ della sua caratteristica di superministero che assomma competenze diverse, e si rafforza invece nel suo ruolo di vigilanza, controllo, indirizzo. Al tempo stesso si rende più collegiale e meno concentrata nelle mani di un’unica persona il potere sui beni della Santa Sede”. Il motu proprio papale rivede anche decisioni che avevano destato perplessità o che comunque avevano creato più d’un incertezza in curia, prima fra tutte il trasferimento – avvenuto sempre ex motu proprio – delle competenze della sezione ordinaria dell’Apsa, guidata dal cardinale Domenico Calcagno – al dicastero di Pell, salvo poi ristabilire negli Statuti la separazione tra vigilanti e vigilati.
L’ARTICOLO ABOLITO
Il documento presentato sabato abolisce anche il contestatissimo (tra i palazzi vaticani) articolo 17 dello Statuto della Segreteria per l’Economia, quello che affidava all’organismo presieduto dal porporato australiano il compito di fornire “i servizi amministrativi e tecnici necessari per l’attività ordinaria dei dicasteri della Santa Sede”.
L’ULTIMO SCONTRO
Risale allo scorso aprile l’ultimo scontro relativo alla gestione delle finanze d’oltretevere, con il sostituto della Segreteria di stato, mons. Angelo Becciu, che inviava una lettera con cui comunicava che “la revisione dei bilanci della Santa Sede e della Città del Vaticano, affidata alla società PricewaterhouseCoopers, è stata sospesa”. Incarico che a tale società era stato affidato proprio da Pell, con un contratto di tre anni da tre milioni di dollari. Molti, anche tra gli osservatori internazionali, avevano letto tale missiva come una esautorazione di Pell, a cominciare dal Financial Times e da altri media conservatori. Una lettura che oggi, considerando il ridimensionamento dell’organismo creato da Francesco nell’inverno di due anni fa, appare verosimile.