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Ecco le novità a sorpresa sul sequestro Moro svelate da Fioroni

fioroni Aldo Moro, BEPPE FIORONI

Le impressioni che i membri della commissione d’inchiesta sul sequestro e la morte di Aldo Moro hanno avuto nei mesi scorsi stanno avendo i primi riscontri: c’è la prova che il boss della ‘ndrangheta Antonio Nirta fosse in via Mario Fani il giorno del sequestro Moro e presto potrebbe esserci novità anche in relazione a un altro boss della ‘ndrangheta, Antonio De Vuono.

Formiche.net ha pubblicato nei giorni scorsi tre articoli che riassumono quanto è emerso dai lavori della commissione nel 2016, compresi i nomi di Nirta e De Vuono. Ora è lo stesso presidente della commissione, Giuseppe Fioroni (Pd), a comunicare ufficialmente che, “grazie alla collaborazione del Ris dell’Arma dei Carabinieri, possiamo affermare con ragionevole certezza che il 16 marzo del 1978 in via Fani c’era anche l’esponente della ‘ndrangheta Antonio Nirta, nato a San Luca, in provincia di Reggio Calabria, l’8 luglio del ’46. Nipote del capo clan suo omonimo, morto a 96 anni nel 2015, di Antonio Nirta parlò per la prima volta il pentito della ‘ndrangheta Saverio Morabito secondo cui Nirta, detto ‘due nasi’ per la sua confidenza con la doppietta, sarebbe stato confidente del generale dei carabinieri Francesco Delfino e uno degli esecutori materiali del sequestro di Aldo Moro”. Fioroni aggiunge che “è in corso una perizia anche su un volto che appare nelle foto segnaletiche dell’epoca e che potrebbe essere quello di un killer legato alla criminalità organizzata, Antonio De Vuono”.

Fioroni spiega che “il comandante Luigi Ripani, che ringrazio per la collaborazione, ha inviato in questi giorni l’esito degli accertamenti svolti su una foto di quel giorno, ritrovata nell’archivio del quotidiano Il Messaggero, nella quale compariva sul muretto di via Fani una persona molto somigliante al boss Nirta. Comparando quella foto con una del boss, gli esperti sostengono che la statura, la comparazione dei piani dei volti e le caratteristiche singole del volto mostrano un’analogia sufficiente per far dire, in termini tecnici, che c’è ‘assenza di elementi di netta dissomiglianza’”. Il presidente della commissione Moro, inoltre, aggiunge che “è in corso un’analoga perizia sul volto di un altro personaggio legato alla malavita e che comparve tra le foto segnaletiche dei possibili terroristi il giorno dopo il 16 marzo: si tratta di Antonio De Vuono, killer spietato, morto nel 1993 in un carcere italiano”.

Dunque ci sono le prime prove che non tutto andò com’è stato raccontato finora, tanto che per Fioroni “le informazioni che abbiamo fin qui acquisito ci consentono di dire che la relazione di fine anno sulla nostra attività sarà di grande interesse per tutti coloro che chiedono di conoscere la verità del delitto di via Fani”.


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