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Perché ancora non c’è un rivendico per l’attentato di Nizza?

Nessun gruppo combattente ha rivendicato l’attentato di Nizza.

Step back: secondo la definizione della Treccani, l’attentato è un “atto con cui si attenta a persona o cosa, e che, nel diritto, è considerato un reato già consumato anche se non si produce il danno e il colpevole non raggiunge il fine che si era proposto”; dunque quello sul lungomare nizzardo è sicuramente stato un attentato, ma non è ancora chiaro la matrice, ossia non è per il momento un attentato legato al radicalismo islamico come in molti hanno semplificato. Dato che negli ultimi tempi la stragrande maggioranza degli attentati è legata al terrorismo islamico, s’è diffusa un’abitudine pigra ed epidermica di accomunare le due cose, e dunque un attentato è diventato islamico senza necessità di specificarne la matrice. Si tratta di un’estensione lessicografica impropria e pericolosa. Andiamo avanti.

Lo Stato islamico è il principale sospettato per l’attacco di Nizza, e lo è per il semplice fatto che molti degli attentati compiuti negli ultimi anni sono stati diretti dai baghdadisti, oppure liberamente ispirati dalla predicazione jihadista califfale. Stanno circolando molto locandine propagandistiche prodotte dalle cosiddette fan boy dell’Is che esaltano, glorificano, festeggiano i fatti avvenuti nella città costiera francese, ma sono pezzi del mosaico da trattare con cura. Come ha scritto su Twitter Charlie Winter, ricercatore esperto di jihadismo della Georgia State University, “è estremamente incosciente” – visto anche le dimensioni di quel che è successo – pensare che l’attentato sia opera dell’Is soltanto perché i suoi simpatizzanti stanno festeggiando su Internet. Il fatto che circoli questo materiale, la cui produzione è incessante e costantemente indirizzata alla predicazione per accaparrarsi proseliti, è del tutto irrilevante, secondo l’analista. E in effetti quelli che diffondono certa roba sono esattamente come quel nostro vecchio compagno di classe che sta predicando su Facebook di “sterminarli tutti” e condivide l’articolo di pincopallino.net su Vladimir Putin che vuole buttare una bomba atomica non si sa bene dove (il link si evita, per rispetto delle intelligenze di chi legge) per risolvere il problema, non si sa bene quale.

Ora, però, c’è da fare un ragionamento sul come mai non sia ancora arrivato nessun rivendico.

Forse, è probabile, che lo Stato islamico non rientri nella pianificazione diretta della strage e l’attentato potrebbe essere stato il frutto della volontà “jihadista personale” di Mohamed Lahouaiej Bouhlel (l’uomo ucciso, che era alla guida del camion). A questo punto, però, mancherebbe un tassello fondamentale: la dedica al Califfo. Abu Mohammed al Adnani, il portavoce dello Stato islamico e mente diretta e indiretta di molti degli attacchi all’estero, sia per aver seguito la pianificazione sia per aver spinto la propaganda e l’indottrinamento a distanza, ha invitato i “fedeli” (ossia, quelli che nella sua visione fanatica e ideologica sono considerabili tali) a colpire in Occidente, facendolo liberamente e senza la necessità di organizzazione dietro, ma in tutta questa libertà di azione ha chiesto solo una cosa: lasciate un segno con cui dedicate il gesto a Khalifa Ibrahim, Allah se ne ricorderà. Una video, un biglietto, una telefonata, un audio, qualcosa che sia da testimonianza del vostro atto di fede – tutto tra virgolette ovviamente. È il modo con cui lo Stato islamico può intestarsi anche azioni non dirette, ma liberamente ispirate al Califfato: senza è un gesto di un folle, un attentato macabro ma vuoto di ideologia. Forse è perché manca la firma e l’intestazione, che l’Is ancora non ha rilasciato una rivendicazione; che molto probabilmente, se dovesse arrivare, arriverà, una volta rintracciata la dedica, sotto forma di battuta di agenzia da “fonti” di Amaq News.

Un altro motivo per cui l’Is non rivendica l’azione, invece, potrebbe essere per semplice strategia: non facendolo alimenta il caos, il terrore. Circostanze del genere si sono più volte verificate in Turchia, negli attentati di Ankara e Suruc o Istanbul, per esempio. Azioni che le successive indagini del governo hanno sempre attribuito a uomini dello Stato islamico, che probabilmente ne erano in realtà i veri mandanti, ma che non sono state mai seguite da messaggi di rivendicazione.

È possibile comunque che si tratti di un gesto di un folle. Nel marzo 2015 il ventisettenne Andreas Lubitz, il depresso copilota della compagnia aerea German Wings, ha schiantato il suo aereo di linea sulla alpi francesi: con lui sono rimaste uccise 144 persone. Anche quella volta i fanboy dello Stato islamico avevano festeggiato la sciagura, pur non essendo minimamente coinvolti. È possibile anche che l’attentato non abbia radici ideologiche, religiose, politiche, sebbene nella breve conferenza stampa tenutasi oggi pomeriggio a Nizza il procuratore di Parigi, François Moulins, ha detto comunque che per le modalità, “la strage di ieri ricorda il modo di agire di diversi gruppi terroristici”.

(Foto: @Chief_MarshallR, propaganda dello Stato islamico)

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