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La lezione da trarre dai casi M5s a Napoli e Scelta Civica

Enrico Zanetti

Gli ultimi scontri maturati all’interno di Scelta Civica, e del M5S a Napoli confermano le riserve più volte espresse sulla evanescente azione dei partiti. Essi sono sintomatici di un continuo e intollerabile disordine dei moderni club della politica, privi di legittimazione culturale, politica, popolare. La dura contrapposizione tra il gruppo parlamentare e il segretario di Scelta Civica si è conclusa con la rottura tra Zanetti e una consistente fetta del gruppo a Montecitorio.

A Napoli, il conflitto giudiziario, protagonisti il gruppo dirigente M5S e alcuni suoi iscritti espulsi dal movimento, si è risolto con la pronuncia della magistratura a favore di questi ultimi, acuendo non solo la frattura tra le fazioni in campo, ma provocando anche un negativo effetto sul movimento grillino, e più in generale sulla correttezza dell’azione dei partiti. Inutile illudersi, quando si verificano atti impropri che riguardano un partito, a pagarne le conseguenze non è soltanto quello coinvolto, ma la politica in generale.

E nessuno si meravigli se episodi siffatti provocano distacco e disaffezione dalla politica. E’ giusto perciò intervenire con autorevole fermezza, per prendere atto degli effetti che simili condotte possono produrre e utilizzare i necessari correttivi, ricordando che i partiti hanno in parlamento e nelle istituzioni rappresentanti che legiferano e decidono in nome del popolo italiano. Non serve solo esclamare: ma siamo arrivati a tanto? Alle vie giudiziarie addirittura, per dirimere contenziosi? Allargare le braccia, per l’amara delusione di come è ridotta la politica non basta. La sua crisi esiste, non per un disegno imperscrutabile di qualche ignota autorità suprema, ma per la incapacità dei partiti a svolgere sino in fondo con competenza, intelligenza, lungimiranza il proprio impegno. Si richiedono pertanto atti concreti e avvertiti di resipiscenza, per neutralizzare questi club elettorali, più che partiti veri e propri, siano essi di natura personale, locale, lobbistica.

Renzi e la maggioranza, consapevoli delle difficoltà che la politica attraversa, hanno sollecitato il varo di una legge sull’art. 49 della Costituzione, riguardante appunto i partiti politici. Non pare però che il provvedimento approvato, solo a Montecitorio, pur con responsabilità da parte della maggioranza, sia coerente con l’attuale situazione. E’ necessario avere norme severe e chiare. Esse possono nascere solo da un modello di partito condiviso, che poggia su: una cultura, un programma, una politica, un’organizzazione con conseguente legittimazione da parte della platea degli aderenti/iscritti.

Bisogna recuperare l’antica lezione sulla costituzione del partito, per ridare dignità e rispetto alla politica. Il processo di formazione di un partito dipende dalla volontà dei partecipanti: si parte con gli elettori che si organizzano in base ad affinità di ideali e interessi; si concretizza poi nel parlamento costituendo gruppi di eletti in base alla comune visione di programmi; si attua nella discussione di proposte e di indirizzi sui quali si realizza una maggioranza di intenti che, attraverso il deliberato parlamentare, diviene volontà legislativa e politica. E’ questo il processo di costituzione del partito, alla cui base c’è sempre e comunque la partecipazione degli aderenti/iscritti. Reale e non virtuale. E nessuno obietti che i tempi sono cambiati e che certe idee non sono più praticabili. Grande menzogna, per continuare a perpetuare confusione, funzionale alla politica di basso profilo. Basta guardare ai più grandi paesi europei per rendersi conto che i partiti antichi non hanno mai perso la loro dignità. Provare per credere: la politica di Inghilterra, Germania, Francia, Olanda, Belgio e altri ancora si regge tuttora sui partiti storici.

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