Skip to main content

Perché è necessario cambiare la Costituzione

Perché cambiare? È l’interrogativo più importante.

Rispetto al 1948, nel mondo, in Europa e in Italia vi sono stati molti cambiamenti. Se si esamina l’agenda dei capi dei governi e dei ministri, si comprende che la loro attività consiste in larga misura nella partecipazione alle “assemblee di condominio” globali, alle riunioni dei vari organi delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, dell’Unione europea. Qualche anno fa un ministro inglese dichiarò che, nell’anno trascorso, aveva visto più di frequente i partner europei che i membri del gabinetto inglese.

È possibile che l’Italia sia rappresentata a queste riunioni da capi di governo e ministri sempre diversi, che ruotano circa una volta all’anno? C’è un problema che riguarda la presenza dell’Italia nell’Europa e nel mondo. Siamo entrati in strutture che, nello stesso tempo, ci condizionano perché ci pongono dei limiti, e alle quali possiamo partecipare attivamente. Ma se siamo rappresentati da persone sempre diverse, non saremo mai ascoltati.

Ricordo che l’Italia ha avuto in 150 anni di storia unitaria centotrentasei governi. Se si tolgono i vent’anni del fascismo e si fa la divisione, si vede quale è la durata media dei governi. Il Governo Renzi è il sessantatreesimo governo della Repubblica Italiana. La Germania – nello stesso periodo – ne ha avuti ventiquattro, cioè circa un terzo di quelli italiani.

Aggiungo che una parte del patriottismo costituzionale – “la Costituzione più bella del mondo” – è nata dall’esigenza di contrastare forze che avrebbero potuto stravolgere il sistema. Oggi, finita la Guerra Fredda, in Italia c’è condivisione di valori di fondo e sono assenti forze antisistema. Anche gli emergenti “populismi” accettano la struttura costituzionale attuale.

La riforma approvata dalle Camere, di per sé, non stabilizza i governi. Evita solo che questi siano in balia di maggioranze asimmetriche nelle due Camere (come accaduto più di una volta negli ultimi venticinque anni). E pone le premesse perché essi possano

Terza parte dello studio “Cinque domande sulla riforma della Costituzione” (qui si può leggere la prima, qui la seconda) a cura del giudice emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese e pubblicato da Assonime (Associazione fra le Società Italiane per Azioni) (qui il pdf completo)



×

Iscriviti alla newsletter