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Chi ha sbeffeggiato Trump per la sortita sulla Nato

Donald Trump

Non è comune che il segretario generale della Nato si intrometta in un dibattito politico, ma giovedì Jens Stoltenberg è intervenuto per ribattere alle posizioni espresse da Donald Trump sull’alleanza; il Wall Street Journal l’ha definito un atteggiamento “inusuale”, e questo spiega già l’importanza del momento. Il candidato, definitivamente incoronato giovedì dal partito repubblicano per la corsa alla Casa Bianca, in un’intervista al New York Times aveva detto, tra le varie cose, che l’eventuale intervento americano al fianco dei Paesi Baltici in uno scenario ipotetico di invasione russa non sarebbe stato così “automatico” sotto la sua presidenza. Il motivo è che, fatta eccezione dell’Estonia (situazione ribadita su Twitter dal presidente Toomas Hendrik Ilves), le altre nazioni non hanno rispettato l’impegno di investire almeno il 2 per cento del Pil in spese per la Difesa, e dunque, secondo il magnate americano prestato alla politica, non si sarebbero meritate un investimento operativo degli Stati Uniti. Il motto potrebbe suonare più o meno così, “spendiamo già troppi soldi per fare i paladini del mondo, ora basta, pensiamo a noi, gli altri si arrangino”.

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Ad inizio anno aveva assunto una posizione simile su Giappone e Corea del Sud: secondo Trump avrebbero dovuto provvedere a costruirsi un proprio arsenale nucleare per fare da soli deterrenza, visto che l’impegno preso da Washington – il fulcro della politica americana nel Pacifico da dopo il secondo conflitto mondiale – era ormai troppo oneroso e gli Stati Uniti non avrebbero più dovuto occuparsi della difesa a fronte, per esempio, degli atteggiamenti aggressivi della Corea del Nord. Una posizione pericolosa, vista l’escalation di tensioni nell’area, legate non solo alle continue minacce di Pyongyang, ma anche alla rampante presenza geopolitica cinese.

FINE DI UN’ERA?

È la fine dell’America come “nazione indispensabile” per gli equilibri globali, come tutore della democrazia mondiale, ossia è la fine del sentimento che ha accumunato repubblicani e democratici per decenni. Tanto che qualcuno su internet ha scherzato parafrasando il motto trumpista “Make America Great Again” con “Make Russia Great Again”. “Che la Nato è la pietra angolare della sicurezza nazionale americana è una politica che gli Stati Uniti hanno perseguito sotto ogni presidente da dopo la Seconda Guerra Mondiale, siano democratici e repubblicani”, ha replicato Josh Earnest, il portavoce della Casa Bianca.

LA RISPOSTA DI STOLTENBERG

“La solidarietà tra alleati è un valore centrale nell’Alleanza” ha sottolineato Stoltenberg, dopo che le parole di Trump avevano messo in allarme i paesi baltici e la Polonia, che sono gli stati che sentono più impellente la necessità di un contrasto all’espansionismo russo (espansionismo che si manifesta soprattutto attraverso forme di soft power e diffusioni della propaganda pro-Putin, e che dopo l’annessione della Crimea ha aumentato l’ansia tra i paesi della fascia orientale dell’alleanza); Ojars Kalnins, presidente della Commissione affari esteri in Lettonia, ha definito l’uscita di Trump “pericolosa e irresponsabile”. “Due guerre mondiali hanno dimostrato che la pace in Europa è importante anche per la sicurezza degli Stati Uniti” ha aggiunto il segretario Nato: “Questo è un bene per la sicurezza europea ed è buono per la sicurezza degli Stati Uniti. Ci difendiamo l’un l’altro. Abbiamo visto questo in Afghanistan, dove decine di migliaia di europei, e le truppe canadesi, hanno resistito spalla a spalla con i soldati americani”. “[Queste posizioni] degli Stati Uniti creeranno forti dubbi ai nostri concorrenti più agguerriti e avversi, come Russia, Cina, Corea del Nord, e l’esercito iraniano” ha incalzato Barry Pavel, vicepresidente dell’Atlantic Council, think tank molto vicino all’Alleanza Atlantica, pensando a una sorta di debolezza che gli Usa potrebbe dimostrare assumendo certe linee.

LA QUESTIONE ECONOMICA

Stoltenberg è tornato anche sul punto di sostanza pratica su cui Trump riceve consenso quando spara a zero sulla Nato, quello economico (dei soldi investiti in Difesa dagli alleati), che è un tema già affrontato da tempo nei vari vertici tra alleati: “L’anno scorso, per la prima volta in molti anni, le spese per la difesa tra gli alleati europei e il Canada sono aumentate. E quest’anno ci aspettiamo un ulteriore aumento”. Lituania e Lettonia dovrebbero raggiungere la quota del 2 per cento entro il 2018, e dal 2014 in poi (l’anno cioè dell’annessione della Crimea da parte di Mosca) hanno sensibilmente aumentato la propria spesa militare. Dalia Grybauskaite, la presidente della Lituania, ha dichiarato di aver fiducia nell’America qualsiasi sia il prossimo presidente, perché “ha sempre difeso le nazioni sotto attacco”, mentre il ministero della Difesa polacco ha diffuso un comunicato riprendendo gli impegni confermati all’ultimo vertice Nato di Varsavia, che si è svolto due settimane fa.

LA POLITICA INTERNA AMERICANA

Le dichiarazioni di Trump non sono nuove (mesi fa definì la Nato “obsoleta”), e soprattutto sono frutto di posizioni condivise, di una possibile policy se dovesse essere eletto; Newt Gingrich, ex speaker della Camera, ha detto che non rischierebbe una guerra mondiale per difendere “un sobborgo di San Pietroburgo”, riferendosi all’Estonia, per capirci. Reazioni sono arrivate dagli stessi repubblicani più allineati con la dottrina storica: per esempio, il deputato dell’Ohio Mike Turner, presidente dell’Assemblea parlamentare sulla Nato, ha detto alla convention repubblicana che il rapporto di Washington con gli alleati e l’Alleanza deve essere mantenuto inviolato anche sotto la prossima amministrazione. La linea storica è stata solcata anche dai democratici; Jake Sullivan, senior policy advisor di Hillary Clinton, ha detto: “Ronald Reagan si vergognerebbe, Harry Truman si vergognerebbe”. Al Financial Times ha aggiunto: “Trump ha apparentemente deciso che l’America non ha l’autorità morale per avanzare i nostri interessi e valori in tutto il mondo. Lui ha adottato la logica e le posizioni di Cina, Russia e Iran”.

IL RISCHIO: UNA DESTABILIZZAZIONE GLOBALE

In un op-ed uscito su Foreign Policy, James Stravidis (ammiraglio americano in pensione, ex Supreme Allied Commander Europe della Nato), ha scritto che queste posizioni prese da Trump potrebbero peggiorare il disordine globale e i rischi sulla sicurezza internazionale. Stravidis si chiede: vogliamo davvero sostituire la democrazia, la libertà, la libertà di parola, libertà di religione, “l’Europa dei Lumi” con un bilancio economico e un “che cosa hai fatto per me ultimamente”? L’ammiraglio dà una lettura sarcastica di una possibile situazione sotto la presidenza Trump: immaginate la Russia che invade l’Estonia, scrive, e il consigliere per la Sicurezza nazionale Tiffany Trump (modella e cantante, figlia di Donald dal secondo matrimonio con Marla Maples) che entra nello Studio Ovale con una sorta di bilancio aziendale per vedere se per Washington è conveniente o meno dare una mano a Tallin. È una provocazione, ma il concetto chiave ricalcato da Stravidis è che gli Stati Uniti non potranno mai tirarsi indietro all’articolo 5 del testo dell’Alleanza, quello sulla “Difesa collettiva”, che prevede la risposta solidale in caso di attacco a un membro Nato. L’articolo fu invocato solo una volta, per difendere gli Stati Uniti dopo l’11 settembre.



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