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Ecco come Matteo Renzi cambierà l’Italicum. Parola di Eugenio Scalfari

matteo renzi

La notizia, anzi la notiziona, ce l’ha appena data Eugenio Scalfari, di sfuggita, nelle ultime righe dell’abituale dialogo domenicale con i suoi lettori, dedicato questa volta a sconsolate considerazioni sulla democrazia e sul popolo, specie dopo l’uso che ne sta facendo in Turchia il presidente Erdogan: “l’ultimo disastro che sta attraversando l‘area balcanica e mediterranea”, già terremotata e insanguinata dal Califfato. Come dare torto al fondatore di Repubblica?

Informato da “una fonte molto attendbile che non posso citare per ragioni di deontologia professionale”, che sospetto si aggiri tra il Quirinale, dove lavora il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e il quartiere Monti, dove risiede il suo predecessore, Scalfari ci ha informati che Matteo Renzi “ha deciso di mettere mano alla riforma elettorale in modo drastico e prima del referendum costituzionale, entro qualche settimana”.

E’ quanto, forse non a caso, ha già consigliato pubblicamente al presidente del Consiglio, e segretario del Pd, il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, convinto che la nuova e non ancora applicata legge elettorale della Camera, chiamata Italicum, sia ormai troppo superata dai fatti seguiti alla sua approvazione, pur risalendo quest’ultima solo all’anno scorso.

In particolare, il ballottaggio fra le due liste più votate nel primo turno sarebbe diventato troppo rischioso: un po’ per il timore, non confessabile per educazione istituzionale, che a vincere la partita siano i grillini, com’è appena accaduto nelle elezioni comunali di Roma e di Torino, e un po’ per il timore, questa volta confessabilissimo per ragioni di sistema, o di salute pubblica, che alla guida del governo arrivi una forza troppo poco rappresentativa della realtà sociale e politica del Paese. La sempre minore affluenza alle urne e le dimensioni non esaltanti del consenso raccolto nel primo turno elettorale dai partiti anche più votati danno effettivamente ragione a Napolitano.

Risulta già da tempo che anche il presidente in carica della Repubblica –circostanza che ha probabilmente aiutato Napolitano ad uscire assai di recente allo scoperto- nutra le stesse preoccupazioni. Lui, peraltro, con maggiore competenza ed esperienza, essendo stato il relatore e intestatario della prima legge elettorale seguita al referendum del 1993 contro il vecchio sistema proporzionale, e fra i giudici della Corte Costituzionale che bocciarono alla fine del 2014 parti importanti della legge elettorale nota come Porcellum. Che è quella con la quale erano state elette l’anno prima le attuali Camere.

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Per Scalfari questa notizia, o notiziona, che lascerà di stucco quei renziani distintisi sino al giorno prima con dichiarazioni sulla impraticabilità di una ulteriore riforma elettorale prima del referendum costituzionale, sarebbe “positiva” non solo “per la democrazia italiana”, ma anche per i suoi personali problemi- e quelli del suo editore Carlo De Benedetti– di fronte alla scadenza referendaria.

L’uno e l’altro hanno infatti annunciato pubblicamente che sarebbero costretti a votare no alla riforma costituzionale targata Renzi, e Boschi, se rimanesse invariata, o non ci fosse un chiaro e impegno pubblico a cambiarla, la legge elettorale della Camera applicabile dal 1° luglio scorso. E’ quella dei capilista bloccati e del premio di maggioranza che garantirebbe il 55 per cento dei seggi di Montecitorio alla lista più votata nel ballottaggio, o già al primo turno se la più votata raggiungesse il 40 per cento dei consensi. Che sarebbe pari a quasi la metà con un’affluenza alle urne del 50 per cento degli elettori aventi diritto al voto: cosa che, specie a livello locale, già accade di frequente.

Con una modifica dell’Italicum il referendum costituzionale si svelinerebbe di certo. Non sarebbe il “giudizio universale” lamentato, se non denunciato, nei giorni scorsi dal presidente del Senato Pietro Grasso. Che peraltro non si può proprio considerare entusiasta di cosa diventerebbe il Senato con la riforma, per cui molti gli attribuiscono, a torto o a ragione, la segreta speranza nella vittoria del no referendario, senza tuttavia che questo si trasformasse nella fine del mondo di una crisi di governo. Nel cui caso però c’è chi è convinto che potrebbe toccare proprio a lui, Grasso, il compito di succedere a Renzi a Palazzo Chigi per una soluzione “istituzionale”, di durata oggi indefinibile: fra un minimo di qualche mese, in attesa di improbabili elezioni anticipate, e il massimo di un anno e mezzo, sino alla conclusione ordinaria di questa accidentata legislatura.

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Se si rivelasse vera la notizia, o notiziona, di Scalfari cadrebbe la leggenda, sarcasticamente commentata da Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, di un Renzi deciso a navigare sino al referendum costituzionale come “un sommergibile”, facendosi cioè vedere e sentire il meno possibile sulla riforma del bicameralismo e accessori per rimediare alla fortissima esposizione precedente, rimproveratagli da avversari ma anche da amici.  Una leggenda che era sembrata confermata dalla priorità da lui assegnata, nel discorso appena pronunciato all’Assemblea Nazionale del Pd, ad altri temi, soprattutto a quelli europei, con l’annuncio che il primo vertice a tre, fra lui, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande, si svolgerà a Ventotene, l’isola italiana dove prestigiosi detenuti dell’antifascismo sognarono l’Europa finalmente unita, dopo tutte le guerre che l’avevano dilaniata e insanguinata.

A proposito del “popolo sovrano” su cui Scalfari si è giustamente interrogato di fronte allo scempio che ne sta facendo Erdogan in Turchia in suo nome, arrestando e licenziando chiunque li capiti a tiro per il sospetto di avere partecipato o solo strizzato l’occhio al tentativo fallito di un colpo di Stato militare, mi ha personalmente impressionato la quantità d’insulti rovesciatasi su Renzi dal mondo degli internauti per il suo annuncio sul vertice europeo a Ventotene. Su una cinquantina di commenti letti sul sito dell’Ansa prima di mettermi a scrivere questi graffi ne ho trovati di favorevoli solo tre. Gli attacchi hanno travolto anche l’italiano, con quello studente di architettura convinto che il presidente del Consiglio “l’avori per la Germania”.

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