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Dabiq, ecco come la rivista Isis delira su Papa Francesco

La rivista online dello Stato islamico, Dabiq, pubblicata mensilmente in inglese, nell’ultimo numero (il 15) tra le altre cose attacca Papa Francesco. L’accusa è una sorta di debunking su uno dei pilastri della cristianità: il Papa è criticato per aver pregato per le vittime della strage di Orlando, in Florida, dove un paio di mesi fa uomo ispirato dalla predicazione violenta califfale ha ucciso 49 persone all’interno del Pulse, uno dei locali gay più famosi della città.

LA COPERTINA CHOC

In copertina la rivista ideologica dell’Isis mostra un terrorista con la bandiera del cosiddetto Califfato che abbatte una croce sul tetto di una chiesa ed il titolo ‘Rompiamo la Croce’, mentre al suo interno invita i ‘soldati nascosti’ ad attaccare i ‘crociati’.

IL SIGNIFICATO

Sul Papa nella pubblicazione ci sono anche altri richiami, a pagina 30 per esempio, dove si parla dell’apertura agli omosessuali (definita non naturale) in America come uno dei motivi per cui “vi odiamo e perché vi attacchiamo”. La linea sostenuta dalla propaganda del Califfo è semplice: se Bergoglio prega per le persone uccise da Omar Saddiqui Mateen, il trentenne attentatore di Orlando, allora significa che la religione degli “infedeli” si sta sporcando ancora di più della deriva della secolarizzazione, visto che “l’omosessualità è immorale” e “un atto di perversa sodomia”; e la posizione del Papa “è in completo disaccordo con la dottrina della sua Chiesa”, scrive Dabiq. Inutile aggiungere che il messaggio di Papa Francesco è un messaggio di amore includente, che tiene alla vita sopra ogni altra cosa (“la violenza in nome della religione è un peccato grave contro Dio” disse lo scorso anno), in completa opposizione a quello settario di Khalifa Ibrahim, che sceglie deliberatamente la morte di chi si oppone alla sua visione.

L’aspetto rilevante è che si tratta di una dimostrazione nemmeno troppo laterale di come questa guerra ideologica e progettata dal Califfato – dalla quale si esclude solo relativamente la deriva stragista personale di alcuni elementi borderline che sposano in ultimo certe istanze, anche se spesso senza averne completa consapevolezza, più per fascinazione che per reale e completo coinvolgimento – è anche una guerra contro la secolarizzazione dell’Islam. “Francesco ha messo da parte la religione per accattivarsi l’opinione pubblica”, continua la rivista dei baghdadisti: “È possibile che Francesco sia incline alla sodomia per ragioni storiche” (“preti cattolici è sinonimo di ragazzi violentati”), ma ancora più, prosegue il predicatore califfale, “potrebbe essere il modo con cui il Papa cerca di guadagnare più supporto possibile” nella “crociata contro le nazioni musulmane”, parte di un piano che secondo la lettura cospirazionista dei teorici dell’Isis vede coinvolte anche le realtà islamiche che si sono inclinate verso la democrazia e i diritti occidentali. La guerra del takfirismo, così quello che ci troviamo davanti viene definito dagli esperti (come per esempio il ricercatore italiano Eugenio Dacrema), perché è quella con cui una parte di Islam, quello fondamentalista, nazista e militarista del Califfato dichiara impuri i musulmani che non ne seguono i dettami e li condanna a morte per apostasia.

IL PRECEDENTE

A settembre dello scorso anno, un’altra uscita di Dabiq anticipò il viaggio del Papa negli Stati Uniti: Bergoglio era ripreso sulle pagine della rivista in un incontro con il gran Mufti della Moschea Blu di Istanbul, Rahmi Yaran: il commento, “l’apostata e il capo della Chiesa crociata”. Un messaggio diretto agli imam integralisti, invitati a conservare la propria dottrina ed evitare l’ecumenismo cristiano. Questo mese il Papa è ripreso, con lo stesso significato, insieme a Ahmed al Tayeb, l’imam della grande università islamica di Al Azhar, in Egitto, definito anch’egli “un apostata” per aver chiamato quella cristiana una “religione di amore e di pace” (la citazione è ripreso da Radio Vaticana).

GLI APOSTATI E IL DIBATTITO PER LA CASA BIANCA

Su Dabiq-15 (“Back the cross” il titolo) c’è un altro esempio di questo: lo segnala Daniele Raineri, giornalista del Foglio, che segue lo Stato islamico su Twitter.

Islamic State Dabiq n. 15 shows the grave of U.S. Captain Humayun Khan killed in Iraq and call him an “apostate” pic.twitter.com/gYfGEC34Br

Humayun Khan, definito anch’egli “apostato”, è un soldato americano musulmano che è morto ai tempi dell’occupazione americana dell’Iraq dopo essersi gettato sopra un ordigno improvvisato. Il suo gesto ha protetto la vita di diversi commilitoni, e per questo il capitano è ricordato come un moderno eroe di guerra. Suo padre, Khizr, è intervenuto sul palco della convetion democratica di Philadelphia: “Nostro figlio sognava di diventare un avvocato militare. Ma ha messo quei sogni da parte il giorno che si è sacrificato per salvare i suoi compagni. Hillary Clinton ha definito mio figlio ‘il meglio che abbia prodotto l’America’. Fosse stato per Donald Trump, non ci sarebbe mai stato in America”, le sue parole. Successivamente c’è stata una risposta di Trump e si è aperta una polemica: il candidato repubblicano aveva detto in risposta di aver fatto molti sacrifici per l’America, sciorinando i suoi successi economici, retorica contro cui si sono scagliati anche i veterani che l’hanno accusato di pensare solo ai soldi. L’articolo a pagina 26 della rivista califfale dimostra come lo Stato islamico abbia un apparato media in grado anche di inserirsi rapidamente nelle questioni più calde del dibattito pubblico occidentale; come nel caso degli attacchi al Papa sull’omosessualità, che coinvolge l’opinione pubblica, la politica e le visioni più o meno conservatrici all’interno della Chiesa.


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