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Mps, ecco le Casse previdenziali che hanno detto no al Fondo Atlante 2

Di Michele Arnese e Gianluca Zapponini
Pier Carlo Padoan

Le due condizioni principali richieste dalle Casse previdenziali al Tesoro non si sono realizzate, dunque le Casse dei professionisti hanno detto “no grazie” alla prevista (e auspicata dal governo) partecipazione al Fondo Atlante 2 che avrà un ruolo attivo nella cartolarizzazione delle sofferenze bancarie, a partire da quelle del Monte dei Paschi di Siena. E’ questo l’esito delle trattative fra l’associazione delle Casse e l’esecutivo. Sfuma dunque l’apporto da 500 milioni di euro per complessivi 3,5 milioni di euro che dovrebbe avere il secondo fondo di Atlante gestito da Quaestio sgr presieduta da Alessandro Penati.

LE RICHIESTE

La partecipazione delle Casse al Fondo Atlante 2 era legata al verificarsi di due condizioni in particolare. Da un lato il rispetto delle asset allocation e delle procedure tipiche degli enti dei professionisti, compresi i livelli di rischio e di rendimento. Dall’altro la presenza di direttive esplicite e formali da parte dei ministeri interessati e vigilanti sulle Casse in materia di investimenti. Nessuna di queste condizioni è stata esaudita da parte dell’esecutivo. Da qui anche il defilarsi dell’Adepp dopo una iniziale disponibilità a partecipare alla operazione di sistema auspicata da Palazzo Chigi e dal Tesoro insieme con banche, assicurazioni e Cassa depositi e prestiti. Inoltre gli enti da tempo sollecitavano le istituzioni a migliorare le condizioni per i loro investimenti, abbassando la tassazione, oggi al 26%, al pari delle rendite finanziarie, e stabilizzando gli sgravi fiscali a mezzo credito d’imposta.

LA DISPONIBILITA’ INIZIALE

Il 25 luglio scorso gli enti rappresentati dall’associazione Adepp si erano detti pronti a investire nel nuovo fondo auspicato dal premier Matteo Renzi e dal titolare del Tesoro, Piercarlo Padoan, per rilevare i Non performing loan delle banche a partire in primis da quelle del Monte dei Paschi di Siena. A favore della delibera avevano votato i rappresentanti di 13 Casse sulle 16 totali. Ma poi stava all’autonomia dei singoli cda degli enti approvare o meno la partecipazione effettiva al Fondo.

CHE COSA E’ SUCCESSO

Come ampiamente documentato pochi giorni fa da Formiche.net, alla fine le casse di previdenza non se la sono sentita di affidare i quattrini degli iscritti nel Fondo Atlante 2 per il salvataggio di Mps. Il fatto è che agli occhi degli enti, l’investimento è troppo rischioso: decisamente alto il prezzo per l’acquisto delle sofferenze a fronte di garanzie di ritorno giudicate troppo vaghe. Di qui la scelta, quasi unanime, di respingere l’offerta del Fondo ad aderire al paracadute allestito da governo, Tesoro e Cdp. Qualcuno però ha detto sì. Scelta certamente corroborata dalle parole del presidente dell’Adepp, Alberto Oliveti, che a Reuters aveva confidato tutte le sue perplessità sull’operazione.

TUTTI I NO AL FONDO ATLANTE

Il punto di partenza è che Atlante non ha fatto breccia negli animi delle casse di previdenza. Lo dimostra l’altissimo numero di enti che ha rifiutato l’ingresso in Atlante. Il primo altolà ufficiale è arrivato dall’Inarcassa, che in poche righe ha spiegato le ragioni del no. Poche ore prima era stato il turno dell’Epap, l’ente di previdenza dei  chimici e dei geologi, che nel cda di venerdì 29 luglio ha deliberato la non adesione, nonostante fosse tra i firmatari. Un altro niet di rilievo è arrivato dagli avvocati, ovvero dalla Cassa Forense, il cui presidente, Nunzio Luciano, ha bollato come insostenibile l’investimento. Ancora, a opporsi ad Atlante, è stato l‘Enpam (medici) la maggiore tra le casse con quasi 360 mila iscritti, mentre un altro secco sarebbe in dirittura di arrivo da Enasarco, come peraltro già anticipato da Formiche.net.  In ultimo, hanno chiuso la porta anche i commercialisti dell’Adc, l’associazione di categoria, la cui moral suasion sulla corrispondente cassa dovrebbe sortire l’effetto desiderato, che verrà comunicato a giorni.

QUALCUNO PRENDE TEMPO

C’è poi chi, come l’Enpacl e l’Enpap, rispettivamente l’ente dei consulenti del lavoro e degli psicologi, ha deciso di rimandare a settembre la propria decisione, riunendo il cda ai primi del mese. Dall’Adepp però qualcuno fa notare come sia “difficile” pensare che le due casse decidano di non allinearsi alle altre, interrompendo così un effetto domino ormai in atto. Eppure, qualcuno che ha detto sì, c’è: l’Enpapi.

INFERMIERI CONTROCORRENTE

La cassa di previdenza degli infermieri avrebbe infatti deciso di avallare la posizione già presa alla fine di luglio, quando con altre casse del settore sanitario, decise di rispondere all’appello del governo, sulla scia dell’appoggio deliberato da Adepp. Da quel giorno però di acqua sotto i ponti ne è passata e come appurato, tante casse si sono sfilate. Non Enpapi, che secondo ambienti ben qualificati, avrebbe deciso di continuare a sostenere Atlante.

CHI ESULTA PER IL NO

Ma cosa ha davvero spinto le casse di previdenza a respingere in blocco l’opzione Atlante 2? Dalle indiscrezioni raccolte da Formiche.net, dietro le quinte ci sarebbe stata una vera e propria sollevazione popolare degli iscritti, che avrebbero inondato i rispettivi enti di mail e messaggi per chiedere la non partecipazione. Un ruolo importante lo avrebbero giocato anche i sindacati, artefici di un pressing crescente sui vertici degli enti. Non solo. In almeno quattro di casi (commercialisti, chimici, avvocati e medici) associazioni di categoria e consigli nazionali hanno espresso perplessità sull’operazione pro-Mps, riuscendo a convincere alla fine i board delle corrispondenti casse.

L’ADEPP CHIUDE IL DOSSIER ATLANTE

Il caso Atlante è comunque ormai definitivamente chiuso, almeno per l’Adepp. Se in un colloquio con il Corriere della Sera il presidente Oliveti ha bollato come “improduttivo” l’investimento in Atlante, accusando il Governo di aver cambiato le regole “di ingaggio”, in una successiva audizione in commissione di Vigilanza sugli enti, Oliveti ha ribadito che le casse vogliono investire sì, purché si rimanga in un perimetro caro alla loro natura e soprattutto condiviso dai loro iscritti. “Siamo molto convinti che in questi tempi di redditività ridotte sia importante investire sui bacini delle nostre professioni”, che sono “un ‘driver’ fondamentale del Paese, perché rappresentiamo un’associazione che conta quasi due milioni di professionisti, e che genera quasi il 10% del Pil nazionale”. Pertanto, conclude, “guardiamo con estrema attenzione a tutte le proposte che vadano in questo senso”. Per farlo però le casse chiedono da tempo paletti meno stretti ai loro investimenti. Tesi sostenuta anche dal presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi, che ieri ha chiesto al governo di varare norme per incentivare gli investimenti degli enti.

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