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Mps, ecco perché le Casse sbuffano per il Fondo Atlante 2

Atlante 2 perde qualche pezzo per strada. Come anticipato qualche giorno fa da Formiche.net sono arrivati i primi niet eccellenti all’ingresso nel Fondo che curerà la cartolarizzazione delle sofferenze del Monte dei Paschi. Il che vuol dire che con ogni probabilità la seconda edizione del paracadute allestito da Cdp e Tesoro dovrà fare a meno di parte delle risorse inizialmente messe in campo dalle Casse previdenziali dei professionisti: quel mezzo miliardo di euro deliberato dall’Adepp, l’associazione delle casse.

L’ALTOLA’ DI INARCASSA

Dopo giorni di rumors, i primi ad uscire allo scoperto sono stati i commercialisti che per mezzo della loro associazione, l’Adc, avevano invitato apertamente il board dell’omonima cassa a rifiutare l’ingresso in Atlante, giudicando in una lettera al premier Matteo Renzi il contributo al fondo salvabanche come lesivo degli interessi degli iscritti. Il primo vero altolà da parte di una cassa è arrivato però da Inarcassa, l’ente previdenziale degli ingegneri e degli architetti. Che in uno stringato comunicato, seguito alla riunione del board lo scorso 29 luglio ha escluso con voto unanime ogni forma di partecipazione al fondo. “Dopo aver confrontato l’asset allocation e le procedure interne relative alle politiche finanziarie, Atlante 2 è stato valutato non adeguato ai criteri di prudenzialità e non in linea con i parametri d’investimento applicati dall’Ente”, ha spiegato la cassa degli ingegneri presieduta da Giuseppe Santoro. “Il consiglio ha ribadito l’impegno di Inarcassa ad investire nell’economia reale a condizione che rischi e rendimenti siano in linea con le aspettative di crescita di un patrimonio che deve garantire il futuro previdenziale degli architetti e ingegneri liberi professionisti”.

ALLE ORIGINI DEL NO

A spingere dunque l’ente degli ingegneri verso il rifiuto alla partecipazione in Atlante, un ragionamento molto semplice: si tratta di un investimento troppo rischioso, gli iscritti potrebbero non capire e l’ente perdere di vista la propria mission, ovvero pagare le pensioni e le prestazioni. Una visione condivisa a grandi linee anche nelle stanze di quell’Adepp, che proprio pochi giorni fa aveva dato il proprio appoggio ufficiale all’operazione Atlante, pur subordinando il tutto al cda di ciascuna cassa oltre che alle risposte attese dai ministeri su alcune richieste di Adepp. “Evidentemente il rischio si è mostrato troppo elevato e qualche cassa ha preferito fermarsi”, trapela da ambienti Adepp. Visione delineata già ieri mattina, in un’intervista al Sole 24 ore dallo stesso presidente dell’Adepp, Alberto Oliveti, che ha puntato il dito contro l’eccessivo valore di acquisto delle sofferenze sul valore originario, innalzato dall’iniziale 24 al 32%. “Il dato tecnico dell’investimento è molto cambiato rispetto a quanto ci era stato prospettato dal Governo. Si parlava di acquisti al 24% su un valore del 38% rispetto al nominale e oggi parlano del 32%-33%. Noi non possiamo mettere soldi a fondo perduto, abbiamo bisogno di una legittima aspettativa di rendimento”, ha spiegato Oliveti.

NE’ FALCHI NE’ TORDI

Lo stesso Oliveti ha peraltro spiegato nuovamente le ragioni del no a Reuters. “Le casse di previdenza non vedono possibilità di redditività nell’investire nel fondo Atlante, se questo comprerà al 33% del nominale le sofferenze del Monte dei Paschi di Siena”, ha detto il numero uno di Adepp. “I miei tecnici mi dicono che al 33% non c’è possibilità di redditività: e noi non vogliamo fare i falchi ma neanche i tordi”. Dunque, tira le somme Oliveti, “come Casse previdenziali abbiamo quasi 80 miliardi, che però non sono risparmi ma i contributi obbligatori per la pensione. Dobbiamo avere una legittima e ragionevole aspettativa di redditività”.

NESSUNA CONTROPARTITA COL GOVERNO

All’origine dei mugugni, poi tramutatisi in un no ufficiale, potrebbe esserci però un altro fattore, oltre a quello della scarsa redditività: e cioè un certo malcontento delle casse verso il governo. Gli enti d’altronde, come più volte raccontato da Formiche.net,  hanno sollecitato l’esecutivo a migliorare le condizioni per i loro investimenti, abbassando la tassazione, oggi al 26%, al pari delle rendite finanziarie, e stabilizzando gli sgravi fiscali a mezzo credito d’imposta. Richieste finora cadute nel vuoto e che potrebbero aver spinto qualcuno a rifiutare il sostegno ad Atlante. Ipotesi seccamente respinta dalla stessa Adepp, la quale fa sapere come “l’associazione ha dato da un punto di vista politico il suo assenso all’operazione, salvo poi lasciare l’ultima parola ai singoli cda, che nelle casse sono gli organi supremi. Il rifiuto di alcuni enti è dettato solo ed esclusivamente da ragioni di tutela del patrimonio e dei soldi degli iscritti”. L’associazione delle casse respinge poi la prospettiva di un deterioramento dei rapporti con Palazzo Chigi a seguito della mancata adesione da parte di Inarcassa & co. “L’Adepp ha datto formalmente il suo assenso, poi sta a ciascuna cassa decidere cosa fare”. Sta di fatto, come scrive oggi Repubblica, che il Tesoro non intende venire incontro alle aspettative del mondo delle Casse pur di avere il loro sì all’ingresso nel fondo Atlante 2.

COSI’ SI ALLARGA IL FRONTE DEL NO-ATLANTE

Detto di Inarcassa, il fronte del no sembra ingrossarsi sempre di più. Poche ore dopo il no dell’associazione dei commercialisti era giunte perplessità anche dal consiglio nazionale dei chimici, che aveva invitato il corrispondente ente previdenziale, l’Epap, a respingere ogni ipotesi di partecipazione in Atlante. Non è tutto qui. “Preoccupazione” per un’eventuale partecipazione dell’Enpam (l’ente dei medici), è stata espressa anche dall’associazione nazionale dei giovani medici, perplessi dinnanzi alla possibile scelta di Enpam di “investire 100 milioni di euro nel fondo Atlante 2 ed è tutta da chiarire la compatibilità di tale azione con i profili di rischio nella gestione dei soldi versati per garantire un futuro previdenziale alla classe medica”. Ancora un no, con corrispondente invito alla cassa competente a respingere Atlante, è arrivato dall’Unagraco, l’unione nazionale dei commercialisti ed esperti contabili, per la quale “penalizzare le casse di previdenza private in questo momento storico vuol dire mettere in crisi il futuro di molti colleghi, compromettendo ancora di più una situazione già critica”.

I DUBBI DI ENASARCO

Uscendo dal campo delle associazioni e rientrando in quello delle casse, ci sarebbe un altro ente eccellente alle prese con delle perplessità. Enasarco, la cassa degli agenti di commercio, patrimonio di 7 miliardi, fresca di elezioni con tanto di nuova governance. “E’ un’operazione complicata e le informazioni che l’ente ha in mano sono poche. E poi sembra che il tempo stringa”, dice una fonte molto ben qualificata. Non è un no, ma il sì è di gran lunga molto più lontano. “Enasarco rispetto agli altri enti ha una situazione proprio più complessa, comunque diversa”, chierisce la fonte.

IL SI DI ENPAPI E L’INCOGNITA DEI CDA

C’è poi chi dice sì. Tra questi, secondo alcune indiscrezioni raccolte da Formiche.net ci sarebbe l‘Enpapi, l’Ente degli infermieri, che non avrebbe ancora riunito il cda, ma sarebbe propenso per il disco verde. E proprio la tempistica dei consigli di amministrazione rischia di giocare un brutto scherzo ad Atlante. Molte riunioni, infatti, sarebbero state calendarizzate per settembre, anzichè questi giorni, in concomitanza con la ripresa delle attività delle casse. Il che vuol dire un mese senza sapere quante risorse effettive arriveranno nel fondo dal mondo delle casse. Un bel dilemma.

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