Aleppo è di nuovo il centro dello scontro nel conflitto civile siriano. Conquistare la seconda città della Siria, dilaniata da cinque anni di guerra, sarebbe una vittoria fondamentale per il regime, sia dal punto di vista tattico-militare, sia e soprattutto da quello politico.
MESI DI ASSEDIO
Da mesi l’esercito siriano assedia la cerchia cittadina. All’interno le aree controllate dai ribelli, fuori i soldati di Bashar el Assad che hanno lasciato precipitare la situazione ben oltre la crisi umanitaria per i circa 250 mila civili intrappolati dalla tenaglia degli assedianti. In teoria, eccezion fatta per l’Isis e il gruppo ex qaedista al Nusra, in Siria dovrebbe esserci un tregua istituita dopo un’intesa tra Stati Uniti e Russia raggiunta a febbraio, ma da maggio sono iniziate le violazioni dell’accordo, fino alla definitiva riapertura del conflitto di queste ultime settimane.
MAP: Battle of #Aleppo as of August 5th 2016 – @ArtRosinski
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— Conflict News (@Conflicts) 5 agosto 2016
L’Onu ha definito l’assedio siriano, che somiglia molto a quello con cui i russi distrussero Grozny, la capitale cecena, “medioevale e vergognoso”. Il ministro degli Esteri olandese Bert Koenders in un op-ed scritto sull’Independent ha paragonato la situazione di Aleppo a quella di Srebenica, come simbolo dell’inazione internazionale. La Croce rossa ha descritto la situazione come “devastante”, mentre Medici Senza Frontiere ha denunciato i bombardamenti indiscriminati contro quattro degli ospedali della città, avvenuti tutti nell’ultima settimana.
#Syria – CCTV footage of the moment #Aleppo’s M10 hospital gets hit by airstrike. #AngerForAleppohttps://t.co/4wlvYy7lML
— DOAM (@doammuslims) 4 agosto 2016
Una situazione talmente al limite che ha spinto due analisti come Andrew Tabler del Washington Institute for Near East Policy, e Dennis Ross, ex coordinatore speciale per il Medio Oriente sotto la presidenza di Bill Clinton e advisor per il Golfo Persico del dipartimento di Stato quando a guidarlo era Hillary, a chiedere sul New York Times che la Casa Bianca “finally” bombardi Assad per le violazioni di questi ultimi mesi, così da fargli adottare un atteggiamento più propositivo al tavolo negoziale: “È giunto il momento per gli Stati Uniti di parlare la lingua che capiscono i signori Assad e Putin”, scrivono i due autori.
LA SITUAZIONE SUL CAMPO
Sul campo, mentre ai tavoli Mosca e Washington cercano un avvicinamento, la situazione vede almeno una ventina di fazioni opporsi alle truppe governative, composte dall’esercito regolare, e soprattutto dalle milizie sciite e dagli uomini del gruppo libanese Hezbollah, oltre che dai russi, che coprono dall’alto i lealisti e dall’esercito iraniano; il sito specializzato Long War Journal ha fatto una carrellata sull’impegno di Teheran nella battaglia, da cui è risultato che i militari della Repubblica Islamica sono molto attivi (il 3 agosto è rimasto ucciso negli scontro anche un medico dei guerriglieri volontari Basij e un comandante della milizia sciita Liwa Fatemiyoun, gruppi inviati dall’Iran al fianco delle truppe regolari dei Guardiani). Quattro comandi coordinano i gruppi ribelli, Fateh Halab Military Operation, Southern Syrian revolution expeditionary forces, Jaysh al Islam (di cui fa parte anche Jabhat fatah al sham, ossia al Nusra dopo il maquillage con cui si è staccata da al Qaeda) e i salafiti di Harakat Fajar al Sham al Islamiya. Nell’immagine che segue il riepilogo dei gruppi impegnati nei combattimenti: sopra ad alcune delle singole fazioni dei quattro comandi si può vedere disegnato un missile, che indica le milizie che sono state rifornite dei Tow, i sistemi anticarro che gli Stati Uniti hanno messo a disposizione dei ribelli siriani nell’ambito di un programma diretto dalla Cia e congiunto con altri paesi regionali.
Le forze governative sono riuscite mercoledì a riprendere il controllo di alcune zone che i ribelli dell’opposizione avevano conquistato negli ultimi due giorni durante la vasta controffensiva lanciata nella notte del 31 luglio, con cui i ribelli hanno cercato di rompere l’assedio nella parte orientale della città. Collegato a questa operazione l’abbattimento di un elicottero russo Mi-8 nei pressi di Idlib, diversi chilometri più a sud: cinque persone a bordo, di cui due pare non militari, sono rimasti uccisi e Mosca ha dichiarato che si trattava di uomini inviati per portare aiuti umanitari proprio ad Aleppo, anche se c’è molto scetticismo su questa affermazione visto che il “Terminator”, soprannome del velivolo, è di solito utilizzato per operazioni di attacco e combattimento. A Saraqeb nella provincia di Idlib, vicino al luogo in cui l’elicottero è stato abbattuto dai ribelli, sono stati segnalati nei giorni successivi bombardamenti con barili bomba al cloro che hanno intossicato diverse persone, per lo più bambini. La proposta, avanzata dalla Russia il 29 luglio, di aprire corridoi umanitari per permettere la fuga delle migliaia di famiglie di Aleppo, s’è rivelata “impraticabile” e solo in pochi sono riusciti a fuggire.
Russian helicopter downed in rebel-held Idlib province, 5 dead https://t.co/oj7iyX6clY pic.twitter.com/7okp80gF75
— Patrick Megahan (@PatMegahan) 1 agosto 2016