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L’ambasciatore McFaul contro Sputnik e la propaganda russa pro-Trump

Una polemica lanciata via Twitter dall’ex ambasciatore americano in Russia (2012-2014), Michael McFaul chiude il cerchio su una delle uscite più sghembe di Donald Trump dall’inizio della campagna elettorale, Barack Hussein Obama “è il fondatore dell’Isis” ha detto il candidato repubblicano quattro giorni fa, ripresa dai media statali russi per diffondere tesi complittiste e infamanti al fine di penalizzare la corsa presidenziale di Hillary Clinton.

OBAMA IL FONDATORE DELL’ISIS, LA STORIA

Per chi se lo fosse perso, prima di entrare nel merito della polemica di Mcfaul, la storia che c’è dietro: durante un discorso, il 10 agosto, Trump ha detto testualmente, dopo aver enfatizzato “Hussein”, secondo nome di Obama: “Per diverse ragioni [i miliziani dell’ISIS] celebrano il presidente Obama. L’Isis lo celebra, il presidente Obama. Lui è il fondatore dell’Isis. Lui è il fondatore dell’Isis, ok? È il fondatore. Ha fondato l’Isis. E direi che il cofondatore è Hillary Crooked Clinton, (Crooked: la Corrotta. ndr)”. Una dichiarazione che ha fatto mettere le mani tra i capelli a molti vecchi, storici repubblicani; i quali vorrebbero dal loro candidato una linea più normale, simile a quella mostrata durante il discorso economico di Detroit che si pensava potesse essere un reboot trumpiano, un avvicinamento alle posizioni, anche estetiche, del partito, e un allontanamento dalle visioni istintive, squinternate e estremizzate, che hanno caratterizzato la storia politica di Trump. Tanto che rendendosi conto della disastrosa uscita, un conduttore di una radio americana conservatrice poche ore dopo ha offerto all’uomo che una parte degli elettori americani ha scelto come papabile inquilino per la Casa Bianca l’occasione per mettere una toppa sul buco. Durante un’intervista giovedì mattina, Hugh Hewitt, questo il nome dell’host radiofonico, ha cercato più volte di far dire a Trump che le sue parole erano metaforiche e iperboliche, che magari facessero riferimento al fatto che la politica estera di Obama aveva creato le condizioni perché l’Isis nascesse e dilagasse in Iraq e in Siria (argomenti retorici che non dispiacciono affatto al partito repubblicano), ma lui niente. Inflessibile, Trump ha replicato: “No, intendevo proprio che Obama è il fondatore dell’ISIS”. Ora non serve nemmeno aggiungere che la questione s’è portata dietro una seconda ondata di critiche dalla cui il magnate americano è uscito con l’ormai classico “sono stato frainteso”, era sarcasmo, stavo scherzando.

L’ARTICOLO DI SPUTNIK E LA POLEMICA DI MCFAUL

L’Associated Press, che ha fatto della serietà il suo biglietto da visita, s’è addirittura prodigata in un ampio e minuzioso fact checking che smentisce le dichiarazioni di Trump, Sputnik invece le ha riprese in un articolo dandogli sostanza. Sputnik è un media che non fa giornalismo con lo spessore di indipendenza che dovrebbe accompagnare la parola, ma fa propaganda per il Cremlino, da cui è sostenuto, utilizzando spesso argomentazioni becere, false, inclini alla peggiore essenza del cospirazionismo globale, e su questo si basa la polemica di McFaul. Secondo il media propagandistico russo esisterebbe un rapporto classificato segreto ma finito in mano ai giornalisti di Mosca in cui si prova che quello che ha dichiarato Trump, ossia che Obama è il fondatore dell’Isis, è vero. Le prove: nella fase iniziale della guerra civile siriana, Obama avrebbe favorito la fazione qaedista irachena promettendogli un principato islamico all’interno della Siria e dell’Iraq pur di rovesciare il regime di Bashar el Assad. È una delle già note linee di pensiero complottiste, adesso Sputnik la utilizza facendo passare il tutto come un piano di Clinton, ai tempi segretario di Stato, che avrebbe mosso l’amministrazione americana per far sì che questo progetto venisse messo in pratica, e dunque, per i russi, sì, Clinton e Obama hanno fondato lo Stato islamico, come denunciato da Trump. Insieme ai media russi, la dichiarazione di Trump ha ricevuto il sostegno del leader Hezbollah Nasrallah; anche il partito/milizia libanese appoggia, con sangue e ideologia, il regime siriano. Nella confusione nebulosa creata dalle veline del proselitismo russo, si mescola la cospirazioni con le dichiarazioni: Clinton avrebbe definito l’opposizione come “legittima rappresentante del popolo siriano”, e così dare supporto ideologico/morale a chi combatte contro l’oppressione di un regime sanguinoso che soltanto in questi ultimi anni si è macchiato dei peggiori crimini contro la propria popolazione (attacchi chimici, assedi medioevali per affamare intere città, bombardamenti indiscriminati su obiettivi civili e sanitari), diventa automaticamente dare sostegno allo Stato islamico, che in realtà di quelle opposizioni fa parte soltanto apparentemente. Anzi, molto spesso Assad ha usato la tecnica dell’indietreggiare davanti alle avanzate dei jihadisti, lasciandosi dietro armi e depositi e territori, per fare in modo che quegli stessi jihadisti potessero aumentare la propria forza, aspetto che avrebbe permesso a Damasco di descrivere le opposizioni come gruppi estremisti radicali e pericolosi terroristi: una tecnica usata anche da Mosca, che di Damasco è la fondamentale stampella politico-militare, che colpisce i gruppi combattenti moderati definendoli “terroristi”.

L’ATTACCO DELL’AMBASCIATORE

“Smettetela con queste stronzate per favore” dice McFaul, attualmente direttore del Freeman Spogli Institute e senior fellow all’Hoover Institution, entrambi all’Università di Stanford (a fine luglio è uscito sul New York Times il suo saggio “How to counter Putin playbook” sul come contrastare la diffusione dei valori dell’autocrazia russa all’estero, di cui Sputnik è tra i vettori preferenziali), in un tweet in cui menziona il ministero degli Esteri russo e il ministro Sergei Lavrov. McFaul sottolinea come la parola “crooked”, con cui Trump definisce Clinton (“Hillary Crooked Clinton” è ormai la calling card del candidato repubblicano) non possa essere usata da un media statale russo per definire la possibile prossima presidente degli Stati Uniti, è “indecente, non strategico” dice, e sostiene che la scelta semantica è un tentativo di Mosca di aiutare Trump elettoralmente, spingendone la propaganda. Accuse sulla volontà russa di influenzare le elezioni americane sono in piedi da tempo, da quando si è scoperto che i server di diverse strutture del Partito Democratico sono stati attaccati da hacker probabilmente collegati ai servizi segreti di Mosca.


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