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Cosa dice la stampa turca e russa del riavvicinamento tra Erdogan e Putin

Erdogan Putin Mosca Turchia

Da quando Erdogan e Putin si sono incontrati a San Pietroburgo, la stampa, soprattutto quella russa, considerando il ristretto margine di manovra di cui gode quella turca, ha espresso diverse opinioni in merito al chiacchierato incontro. Alcuni reputano il riavvicinamento tra Turchia e Russia solo il frutto di una strategia temporanea, per niente destinata a durare. Altri sono del parere che, invece, il sodalizio tra Ankara e Mosca possa dare i suoi frutti. Infine, c’è chi paventa l’ipotesi di un complotto e, dunque, spiega il disgelo tra la Russia e la Turchia come la naturale conseguenza della cospirazione.

Ecco cosa si è detto in seguito al meeting.

COME STANNO DAVVERO LE COSE TRA MOSCA E ANKARA

Tralasciando l’aspetto puramente economico del riavvicinamento tra Russia e Turchia, le cose si complicano quando una strategia comune è da concordarsi in materia di difesa. Non a caso, durante la conferenza stampa che ha seguito i colloqui del 9 agosto, né Erdogan, né Putin hanno parlato esplicitamente di Siria.

Della stessa opinione è l’editorialista del quotidiano russo Kommersant, Maxim Usim, secondo cui l’incontro del 9 agosto non è un elemento sufficiente per cui credere che Mosca e Ankara abbiano messo da parte, definitivamente, ogni divergenza. Secondo il giornalista il primo, e più importante, punto di frizione nel riavvicinamento tra Russia e Turchia è costituito dalla Siria: “La Russia preferisce che Assad resti al potere, mentre la Turchia vuole liberarsene. La Turchia, poi, non ha smesso di supportare l’opposizione siriana che, a sua volta, è sotto il fuoco russo”.

Un secondo problema è costituito dai kurdi. “Per Erdogan i kurdi siriani sono avversari, perché legati al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), mentre per Mosca i kurdi siriani sono potenziali alleati”, scrive Usim. C’è poi il conflitto del Nagorno-Karabakh, in cui “La Turchia supporta l’Azerbaijan, mentre la Russia l’Armenia”.

Una situazione geopolitica complessa su più fronti, in cui spesso è difficile riuscire a contemperare gli interessi della parti, e a cui si somma una generale mancanza di fiducia reciproca, fa sì che il riavvicinamento tra Mosca e Ankara sia dettato esclusivamente dalle esigenze del momento, il che mette a repentaglio la durata e la stabilità dell’accordo stesso. Secondo Usim, infatti, le parti hanno intrapreso la strada del disgelo solo perché “obbligate”. “L’Occidente è piuttosto schivo, sia nei confronti di Mosca che di Ankara, così sia l’una che l’altra stanno cercando di spezzare l’isolamento in cui si trovano, anche se non c’è nessuna certezza che la Turchia continui a fare affari con Mosca nel caso in cui i rapporti con l’Europa e gli Stati Uniti tornino alla normalità”. L’editorialista russo, cioè, è ben consapevole non solo del fatto che, al momento, le relazioni tra Mosca e Ankara siano dettate esclusivamente da una situazione che potrebbe essere temporanea, ma soprattutto del fatto che ad avere maggiori possibilità di cambiare le carte in tavola sia la Turchia.

L’analisi è condivisa anche da Richard Giragosian, direttore del Centro studi regionali (Rsc) di Yerevan, Armenia. “La crisi non è tra la Russia e la Turchia, ma tra Putin ed Erdogan”, ha affermato l’esperto, come si legge sul quotidiano turco Hurriyet. “Da un punto di vista strategico è poco probabile che la normalizzazione dei rapporti russo-turchi possa minacciare l’Occidente. La volontà turca di ricostruire i rapporti con la Russia non è da intendersi come un’alternativa, e né tanto meno come una sostituzione, rispetto ai ben più profondi legami che il Paese ha con l’Occidente. Nonostante l’attuale crisi con l’Ovest, il governo turco è scaltro abbastanza da restare allineato al suo fianco […] Sebbene c’è da aspettarsi che Ankara eserciti la sua influenza su Mosca, ci vorrà ben più di un colloquio per superare la rivalità che c’è tra i due Paese, perché d’altronde è molto più quello che li divide che non quello che li accomuna”, ha proseguito Giragosian.

LA RUSSIA NON SI FIDA DELLA TURCHIA E NON FA NIENTE PER NASCONDERLO

Igor Korotchenko, direttore del Centro russo di analisi di armi globali e commercio, ha le idee ben chiare su quello che la Turchia dovrebbe fare per guadagnarsi la fiducia di Mosca: “Arrestare il traffico di armi lungo in confine turco-siriano, cominciare a combattere l’Isis sul campo e impedire che il gruppo terroristico riceva finanziamenti”. Secondo Korotchenko “se tutto questo sarà fatto, allora la Russia si convincerà che la Turchia sta seriamente ripensando la sua politica estera. Al momento, le dichiarazioni di Erdogan nei confronti della Russia sono solo parole e c’è bisogno che questi le confermi con i fatti”, si legge sul sito del Middle East Media Research Institute.

A pensarla alla stessa maniera è anche Sergey Zheleznyak, vice presidente della Duma. Nel commentare l’incontro tra Putin ed Erdogan, Zheleznyak ha affermato che qualora alcuna fondamentali questioni di sicurezza internazionale non saranno risolte […] la Turchia continuerà a incontrare grandi difficoltà nel raggiungere una situazione pacifica e di sviluppo nel mondo moderno”.

ERDOGAN È SOLO UN LEADER INDIPENDENTE

A vedere le cose in maniera diversa è, invece, Petr Akopov, editorialista del quotidiano russo on-line Vzglyad. Secondo Akopov “Erdogan non è né un amico, né un nemico della Russia. Lui è solo un governante indipendente che non ha paura di prendere decisioni e che è supportato dalla sua gente”. “Molti dei capi di Stato che Putin incontra non sono al suo stesso livello, né da un punto di vista intellettuale né per forza di volontà […] I leader occidentali non sono capaci di prendere decisioni su questioni che contano davvero […] Erdogan, invece, è un leader indipendente e il peso che la Turchia ha nel mondo e in Medio Oriente lo rendono una figura molto importante con cui Putin può interfacciarsi seriamente”, ha proseguito Akopov.

A vedere nella Turchia di Erdogan un alleato di cui tener conto è anche Georgi Bovt, editorialista del sito di informazione Gazeta.ru. Nell’articolo intitolato “Un gioco di lungo periodo”, Bovt afferma che la Russia ha bisogno di diversificare i suoi alleati a Est e che, per questo, potrebbe sfruttare il momento di crisi tra Turchia e l’Occidente per i suoi interessi.

UNA TEORIA DELLA COSPIRAZIONE

Tra le reazioni che hanno seguito l’incontro tra Putin ed Erdogan è da annoverarsi l’intervista fatta dal colonnello Viktor Baranez al colonnello generale Leonid Ivashov e pubblicata dal quotidiano russo, filo-governativo, Komsomolskaya. Essendo l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, i veri responsabili del caos che da tempo regna in Medio Oriente, secondo Ivashov la Turchia si è allineata alla politica americana solo fino a quando non ha realizzato che, in realtà, Washington minacciava anche Ankara. “Erdogan ha capito chi c’era dietro al tentato colpo di Stato e che la Russia era l’unico Paese su cui avrebbe potuto contare [..] Dietro il conflitto in Medio Oriente, Turchia inclusa, c’è il desiderio degli Stati Uniti di spingere la Russia in un conflitto militare con l’Europa, la Turchia e qualsiasi altro Stato, purché questo serva ad arrestare la ripresa di Mosca”.

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