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Un paio di pensierini ferragostani su professionisti dell’antimafia e su chimica di Stato

“Sono in vacanza, a settembre riparto da dove ho iniziato e dove avevo lasciato il cuore. In Forza Italia, come soldato semplice”. Un bel passo indietro per un ex presidente del Senato, non crede? Domanda il giornalista che lo intervista sul quotidiano Libero. “Non più di tanto, il presidente Berlusconi ascolta tutti, non è difficile potersi confrontare con lui. Comunque credo che sia giusto ripartire dal basso, mettendomi a disposizione del mio capogruppo Paolo Romani. Forza Italia, tra l’altro, ha un’ottima classe dirigente”.  Chi interagisce – a tutta pagina – così è Renato Schifani a commento del suo ritorno in Forza Italia. A me sembra, tuttavia, che la sua modestia sia un po’ artefatta. Mi è venuto subito in mente un bel film di John Ford (“I cavalieri del Nord Ovest’’) dove si racconta che un anziano cavalleggero di nome Smith, caduto in battaglia, era in realtà un ex generale confederato arruolatosi, dopo la sconfitta nella Guerra Civile americana, come soldato semplice nella Cavalleria dell’Unione.

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Come sosteneva Leonardo Sciascia (di cui vengono ripubblicate le opere da parte del  Corriere della Sera) in Italia ci sono dei veri e propri professionisti dell’antimafia. Potremmo aggiungere che a costoro si affiancano altri “professionisti”:  quelli dello stragismo (di Stato), degli attentati, dei depistaggi; i “cacciatori” dei mandanti e dei servizi segreti paralleli, dei tentativi di golpe  e quant’altro. Non ci siamo mai fatti mancare commissioni di inchiesta che hanno svolto per anni il loro lavoro senza mai deludere chi pretendeva ricostruzioni “politicamente corrette” (e pertanto, alla fine, lacunose e non credibili), come se i responsabili  fossero conosciuti (l’eversione nera, la Nato, la CIA, il Mossad  e via discorrendo) a prescindere dagli esiti delle indagini. Anzi le inchieste finivano in un cul de sac  proprio perché le commissioni non riuscivano a provare compiutamente  ciò che si voleva venisse provato.

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E’ in tale contesto che il sottoscritto – essendosi occupato per un paio di anni di chimica ed avendo conosciuto i protagonisti delle vicende che hanno interessato il settore nel fatidico decennio ’80 del secolo scorso – si è sempre chiesto come sia stato possibile accettare versioni (di comodo?) della morte dei tre imprenditori/manager che caratterizzarono quel periodo: Gabriele Cagliari, Raul Gardini e Lorenzo Necci. I primi due “si suicidarono” con “unità di tempo e di luogo” (come nei canoni delle tragedie greche classiche) e con modalità molto singolari. Il terzo perì in un incidente stradale, anni dopo aver provato (da Presidente delle FS)  l’umiliazione del carcere e della “morte civile” senza che le accuse rivoltegli  fossero mai state accertate in nessun grado di processo. Necci fu il primo, peraltro, a dover subire la barbarie delle intercettazioni telefoniche e del linciaggio a mezzo stampa. Lui e la sua famiglia.

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Non si dimentichi che uno dei principali filoni d’inchiesta di Tangentopoli riguardò proprio la gestione della chimica di Stato nel suo rapporto con quella privata. Come se i diversi piani chimici e i passaggi di proprietà tra i grandi colossi (Eni e Montedison) fossero decisi ed attuati, in quegli anni, non per ragioni di politica industriale, ma col principale scopo di erogare tangenti ai partiti politici della maggioranza (soltanto?) di allora.



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