Ha parlato ininterrottamente per quasi un’ora e mezza, tenendo incollate alla sedia oltre 1.500 persone tra cui moltissimi giovani. Ha tenuto sveglia la platea col suo inconfondibile eloquio romanesco, ricorrendo a battute e immagini semplici per meglio veicolare il suo pensiero. E’ stato ricoperto di applausi scroscianti, in un vero tripudio, di quelli che il popolo del Meeting di Rimini riserva solo ai suoi ospiti più cari. Insomma, monsignor Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna fresco di nomina voluta da Papa Francesco, non poteva immaginare un debutto migliore alla kermesse ciellina.
QUELLA SINTONIA TRA ZUPPI E CL
Così diverso dal suo predecessore sotto le Due Torri, il cardinale Carlo Caffarra, il bergogliano Zuppi (vicino alla Comunità di Sant’Egidio) ha sin da subito stabilito un certo feeling con la comunità ciellina di Bologna, forte anche di alcuni proficui rapporti maturati con esponenti del Movimento ecclesiale in quel di Roma. L’affetto per lui in sala era palpabile. Ben diverso invece quanto andato in scena proprio negli stessi minuti nell’auditorium adiacente della Fiera di Rimini, dove l’incontro sulla riforma costituzionale con Sabino Cassese è stato disertato all’ultimo dalla ministra Maria Elena Boschi (ufficialmente per le vittime del terremoto, nonostante fosse già arrivata tra gli stand del Meeting) si è svolto davanti a numerose sedie vuote (come testimoniato da questo articolo).
LA MISERICORDIA COME UN COLLIRIO
Se c’è un aspetto in cui monsignor Zuppi assomiglia in più di ogni altra cosa a Jorge Mario Bergoglio è nel suo modo diretto di comunicare, con efficaci esempi pensati per semplificare i concetti. Introdotto da Davide Perillo, direttore del mensile di Cl Tracce, l’arcivescovo di Bologna ha prima approfondito il titolo di questa 37° edizione del Meeting (“Tu sei un bene per me”) aggiungendo che “senza un tu restiamo prigionieri dell’io” e che “certi rigugiti di nazionalismo ed etnicismo rivelano un’inquietante annullamento della persona”, poi si è focalizzato sulla misericordia spiegata con una singolare metafora. “La misericordia – ha detto – è come il collirio, permette di vedere la realtà, libera dalla paura e dalla diffidenza, stabilisce una relazione con un tu e non con un nemico da contrastare”. Per Zuppi la misericordia “aiuta a scoprire il tu come un bene, anche con il profugo”.
IL DISCORSO DI FRANCESCO A FIRENZE
Al centro del l’intervento di ieri di monsignor Zuppi c’era il discorso di Francesco al convegno ecclesiale della Cei tenutosi nel novembre 2015 a Firenze (qui l’analisi di Formiche.net). “La Chiesa – sono state le parole del prelato – ha una grande responsabilità, deve in modo creativo esercitare il suo ruolo per aiutare la ricostruzione del nostro Paese. Non si tratta di un optional, ma di un orizzonte al quale devono tendere tutte le nostre comunità”. E proprio con riferimento al discorso del Papa, Zuppi ha ricordato l’immagine “bellissima” dell’Ospedale degli Innocenti, “dove una madre quando lasciava un figlio spezzava una moneta, tenendosene una metà nella speranza un giorno di poterlo ritrovare. La Chiesa ha la metà della moneta di tutti i poveri, perché è una madre che non si dà pace finché non ritrova suo figlio”. E ancora: “La vera contrapposizione all’interno della Chiesa non è tra conservatori e progressisti, ma tra la Chiesa prima di Pentecoste, chiusa, che rimanda il misurarsi con il mondo, e una Chiesa piena del fuoco dell’amore che la spinge ad uscire per parlare a tutti gli uomini”. Si capisce così ancor meglio la parabola del buon samaritano “che per capire i problemi del mondo e sconfiggerne le cause, prima di tutto si prende cura di quel moribondo che trova per strada. Questo fa la Chiesa, che è maestra proprio perché è madre. E soltanto perché è madre la Chiesa saprà essere maestra, altrimenti non saprebbe generare figli”.
Per monsignor Zuppi è arrivato il momento di “smetterla di vivere la Chiesa come un condominio o un salotto, invece che come una comunità viva”. “Noi – ha aggiunto – non dobbiamo avere la preoccupazione di proteggere i sani ma di guarire gli ammalati, e il nostro primo incontro deve essere con i poveri”.
QUELL’INSISTENZA SUL PAPA EMERITO
Sono stati frequenti i riferimenti (positivi) di monsignor Zuppi a Benedetto XVI e al suo pontificato. L’arcivescovo di Bologna ne ha anche approfittato per mettere alcuni puntini sulle i, come quando ha sottolineato con una certa enfasi che trattasi di “Papa emerito, con buona pace di qualche irriducibile che non rende buon servizio soprattutto a Papa Benedetto che si difende da solo, come oggi spiega lui (qui l’intervista su Repubblica a cui si fa riferimento, ndr), un uomo coraggioso che con intelligenza e libertà si è dedicato alla strada del rinnovamento e della lotta contro l’autosufficienza e sporcizia degli uomini di Chiesa”. La stoccata di Zuppi sembra diretta a chi contesta il papato di Bergoglio mettendolo in contrapposizione a quello di Joseph Ratinzger, a partire dal giornalista cattolico Antonio Socci che in ben altri tempi era un ospite molto seguito al Meeting. “Francesco ci aiuta a uscire, credo che per farlo abbia ingaggiato qualche buttafuori” ha aggiunto Zuppi, affermando che “ogni Papa porta con sé un dono, e viverlo non significa smentire chi lo ha preceduto, perché cambiare non è smentire, mentre questa tentazione del cercare fratture ad ogni costo e ignorare le novità che si presentano sembra voler dire che tutto deve restare sempre uguale”.
(Nella foto, monsignor Zuppi al Meeting accompagnato dall’ex sottosegretario all’Istruzione del Governo Monti, Elena Ugolini)