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Apple, ecco i dettagli del ceffone miliardario di Bruxelles

Bruxelles assesta una sberla milionaria ad Apple. Il colosso informatico statunitense dovrà infatti rimborsare la cifra record di 13 miliardi di euro in imposte arretrate dopo la decisione che un accordo fiscale preferenziale con l’Irlanda era illegale. Lo ha stabilito la commissione europea che “ha concluso – come si legge in un comunicato – che l’Irlanda ha garantito benefici fiscali illeciti fino a 13 miliardi di euro ad Apple”.

LA DECISIONE

L’importo è relativo alle imposte arretrate dopo la decisione che un accordo fiscale preferenziale con l’Irlanda era illegale secondo la normativa Ue sugli aiuti di stato, perché ha consentito ad Apple di pagare meno tasse in modo sostanziale rispetto ad altre aziende. Ora l’Irlanda dovrà ora recuperare l’aiuto di Stato illegale.

LA REAZIONE DI CUPERTINO

Apple farà appello contro la decisione della Commissione europea che ha chiesto all’Irlanda di recuperare 13 miliardi di tasse dal colosso Usa. Sentenza, spiega il gruppo di Cupertino, che avrà effetti negativi sugli investimenti e sui posti di lavoro in Europa. “Faremo appello e siamo fiduciosi che la decisione sarà ribaltata”, si legge in una nota di Apple. Questa decisione, aggiunge il colosso Usa, “avrà un effetto profondo e dannoso sugli investimenti e sulla creazione di posti di lavoro in Europa”.

IL RICORSO DI DUBLINO

“Sono in profondo disaccordo con la decisione della Commissione. Il nostro sistema di tassazione è fondato sulla stretta applicazione della legge, come stabilito dal Parlamento, senza alcuna eccezione”, ha dichiarato il ministro delle Finanze irlandese, Michael Noonan, presentando il ricorso.

GLI ASPETTI TECNICI

Alla base dell’indagine europea ci sono due “tax ruling”, accordi tra l’impresa e l’Autorità fiscale (in sé legali), in base ai quali la società di Cupertino è riuscita a spostare in maniera fittizia i profitti in due società controllate irlandese, non pagando di fatto le tasse sugli utili generati dalle vendite in Europa. Gli accordi risalivano addirittura al 1991, ma la Commissione può richiedere il recupero degli aiuti di Stato illegali fino a un decennio prima dell’avvio delle indagini: la prima richiesta di informazioni della Commissione risale al 2013, da cui il conteggio che risale fino al 2003. Alla cifra di 13 miliardi di euro si devono sommare gli interessi. L’ammontare potrà però esser ridotto in considerazione del fatto che la struttura fiscale adottata da Cupertino, spiega la Commissione, è “al di fuori della competenze del controllo Ue sugli aiuti di Stato”. Per questo, “se altri Paesi” europei ora “richiedessero a Apple di pagare più tasse sui profitti” relativi allo stesso lasso di tempo, verrebbe automaticamente ridotta “la somma da recuperare per l’Irlanda”. L’Italia ha, ad esempio, siglato un accordo con Apple, che si è piegata al pagamento di 318 milioni all’Erario tricolore.

IL COMMENTO DEL COMMISSARIO VESTAGER

A dispetto di una tassazione imposta alle aziende a un livello del 12,5%, secondo la ricostruzione di Bruxelles Apple è riuscita a spuntare un’imposizione sui profitti europei dell’1% nel 2003, per poi scendere addirittura allo 0,005% alla fine del periodo messo sotto inchiesta. La settimana scorsa, in una mossa piuttosto rara, gli Stati Uniti avevano avvertito Bruxelles: “State diventando una autorità sovranazionale in tema di tasse e così facendo minacciate gli accordi internazionali sul piano fiscale”. Ma a quanto pare la commissaria Margrethe Vestager (nella foto) non si è fatta intimidire: “I Paesi membri non possono dare benefici fiscali selettivi ad alcune compagnie”, ha commentato nella nota con la quale si annunciava la maxi-sanzione. “L’indagine della Commissione ha concluso che l’Irlanda ha garantito benefici fiscali illegali ad Apple, che le hanno permesso di pagare meno tasse – in misura consistente – rispetto alle altre aziende”.

I CONFRONTI

Si tratta di una cifra enorme, rispetto alle attese della vigilia, anche se ancora suscettibile di revisioni al ribasso. Per farsi un’idea delle dimensioni, si possono ricordare i recenti casi di Starbucks (con l’Olanda) e di Fiat Finance and trade (con il Lussemburgo), nei quali la Commissione ha ordinato ai rispettivi Paesi di recuperare tra i 20 e i 30 milioni di euro, ricorda Repubblica.it.

E L’ITALIA? E RENZI?

Cosa farà ora l’Italia?, si è chiesto Andrea Bassi, giornalista di economia del quotidiano Il Messaggero: “Val la pena forse – ha scritto – mettere in fila alcuni fatti. Un anno fa Renzi ha promesso che se l’Europa non avesse preso una decisione,(e non l’ha fatto) l’Italia dal primo gennaio del 2017 avrebbe introdotto una web tax per far pagare le multinazionali del web le tasse sui profitti generati nel paese (secondo le stime il Tesoro potrebbe incassare 3 miliardi l’anno). Ma dopo la più che calorosa accoglienza di ieri a Roma di Mark Zuckerberg, qualche dubbio che la parola sia mantenuta è lecito. Così come qualche perplessità sulla reale volontà del governo di far pagare il dovuto ai colossi del web la lascia la decisione di nominare Diego Piacentini, il numero due mondiale di Amazon, quale commissario italiano al digitale”.

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