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Adnani, Svezia, Nato. Come procede la disinformatia della Russia

Il ministero russo della Difesa mercoledì ha rilasciato uno statement ufficiale in cui annunciava che ad uccidere Abu Muhammad al-Adnani, il portavoce e capo dei servizi terroristici clandestini dello Stato islamico, erano state le bombe sganciate da un Sukhoi Su34 della RuAF (Russian Air Force), che insieme al leader di primo livello avevano ucciso altri 40 baghdadisti in Siria. Il giorno precedente, il Pentagono aveva ufficialmente riconosciuto Adnani come l’obiettivo di un attacco drone avvenuto qualche decina di chilometri a nordest di Aleppo, ma con i portavoce della Difesa americana che spiegavano come ancora fossero in corso gli accertamenti definitivi, la notizia poteva anche essere prevaricata. Prima di chiunque altro, tuttavia, l’annuncio era stato diffuso dalla sedicente agenzia stampa Amaq News, a tutti gli effetti organo di propaganda del Califfato, che aveva offerto il commiato al comandante martirizzato. L’IS è riuscito, più o meno consapevolmente, a mettersi al centro di un querelle Mosca-Washington che fa da paradigma a un certo comportamento propagandistico e (dis)informativo russo e alle indecisioni americane.

VERO O FALSO?

Mentre il capo del Comitato di Difesa della Duma, Vladimir Komoyedov, dichiarava all’agenzia di stampa russa Interfax che “questo è stato un colpo da cecchino e davvero un [nostro] serio successo” contro lo Stato islamico, dalla Casa Bianca definivano “un scherzo” (fonte anonima citata da Abc News) la rivendicazione russa, e gli ufficiali del Pentagono smentivano l’affermazione su vari media americani. Solo che il dubbio resta, e non è chiaro se si tratti di una delle tante mistificazioni con cui Mosca altera la realtà dei fatti, procedendo in un revisionismo propagandistico che attira proseliti anche all’estero (vista la dimensione immensa della macchina mediatica: per esempio, Sputnik viene tradotto in 28 lingue), oppure è una dichiarazione reale. D’altronde l’obiettivo di queste attività del Cremlino è alzare la cortina fumogena del dubbio, “nebbie di propaganda, operazioni psicologiche determinate a rendere indistinguibile il vero dal falso” le ha definite il giornalista Cristiano Tinazzi in un articolo pubblicato sul sito dell’Ispi, in cui ha analizzato le attività di disinformatia, astruturfing, trolling e spinternet anche russe nell’ambito del conflitto siriano (della guerra informativa globale condotta da Mosca se ne era parlato anche su Formiche.net).

TROLLARE LA SVEZIA

Negli stessi giorni il New York Times ha raccontato quanto sta succedendo in Svezia, dove il paese è oggetto di un importante dibattito politico e pubblico sul possibile ingresso nella Nato, e dove da qualche mese è cominciato a circolare un poderoso set di storie fasulle che dai social network e da qualche sito poco raccomandabile hanno cominciato ad infestare ben più importanti media nazionali. Si tratta di operazioni di disinformatia probabilmente orchestrate da Mosca, che detesta l’espansione settentrionale e orientale dell’Alleanza, subendone una sorta di sindrome da accerchiamento; sono per altro accompagnate da un’ampia serie di provocazioni, fatte da caccia e bombardieri russi che sconfinano nei cieli scandinavi e spostamenti di navi spia e addirittura sommergibili nucleari tra le acque svedesi. Le storie messe in circolazione sono le più disparate e fantasiose, dall’eventualità che dopo l’annessione in Svezia vengano piazzate le testate nucleari, a piani di attacco contro la Russia che la Nato potrebbe ordire sfruttando il territorio svedese come base di partenza senza il consenso del governo, fino alla possibilità che soldati dell’alleanza possano girellare per le strade di Stoccolma violentando le donne svedesi protetti da una fantomatica immunità diplomatica garantita dalla Nato stessa.

LA DISINFORMATIA MIITARIZZATA

Davanti alla superiorità economica e militare della Nato, il Cremlino di Vladimir Putin ha iniziato a usare la disinformazione e la propaganda come una vera e propria arma, militarizzando il dubbio e le divisioni indotte nelle società dei paesi attaccati: “L’obiettivo è quello di indebolire la coesione tra gli Stati membri, suscitare discordia nella loro politica interna e smussare le posizioni delle opposizioni verso la Russia” scrive il Nyt. C’è un tale flusso di informazioni deviate che sia la Nato che l’UE hanno creato uffici appositi che hanno anche il compito di contrastare la dezinformatsiya russa; nello specifico, rispettivamente Stratcom e EUvsDisinfo. Un giornalista svedese, Anders Lindberg, ha spiegato che le nuvole di notizie false che arrivano nel suo paese partono quasi tutte da una prima diffusione nei media russi, attraverso documenti inventati, che poi vengono ripresi come fonti in Svezia da siti improbabili di estrema destra o estrema sinistra, entrando poi nello sharing sociale (un percorso analogo a quello registrato in altri paesi europei, come la Germania, la Repubblica Ceca, la Gran Bretagna, o l’Italia per esempio, dove il messaggio trova sponda nelle istanze populiste interne più rancorose): “Non costruiscono semplicemente fatti, ma narrazioni, e il messaggio di fondo di questa narrazione è ‘Non fidarti di nessuno'” ha detto Lindberg al Nyt.



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