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Mps, cosa si mormora a Cernobbio sul piano del Monte dei Paschi di Siena

Era davvero impossibile che la complessa e controversa questione del piano per mettere in sicurezza il Monte dei Paschi di Siena non finisse al centro delle discussioni del forum Ambrosetti di Cernobbio. Quest’ultimo è il prestigioso appuntamento fisso del primo fine-settimana di settembre che riunisce, mettendo faccia a faccia, i grandi protagonisti del mondo dell’economia, della finanza e della politica (qui una gallery fotografica su chi c’era quest’anno). E infatti il rebus del piano di Mps, di cui Formiche.net spesso ha parlato negli ultimi tempi ha animato i discorsi davanti al lago di Como di politici, economisti e finanzieri. Mancavano, tuttavia, all’appello sia l’amministratore delegato, sia il presidente della banca senese, rispettivamente Fabrizio Viola e Massimo Tononi.

IL SONDAGGIO

A sancire in maniera inequivocabile che a Cernobbio si è discusso di Mps è un sondaggio riferito dall’Ansa, che giunge alla conclusione che l’aumento di capitale, uno dei due pilastri su cui si fonda il piano di salvataggio, non trova il consenso della maggioranza dei manager, imprenditori e banchieri. Ecco i risultati del sondaggio, che dunque non fa che confermare le enormi difficoltà che l’istituto toscano deve fronteggiare in questa fase: il 65% dei 33 intervistati ha risposto no alla domanda: “Lei sottoscriverebbe l’aumento di capitale di Mps?”. Tra questi, solo il 20% parteciperebbe alla ricapitalizzazione della banca senese, mentre il 15% ha preferito non esprimersi. Tra i partecipanti al sondaggio figurano nomi illustri tra cui Gianmaria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo; Francesco Starace, ad dell’Enel; Gabriele Galateri di Genola, presidente di Generali; Federico Ghizzoni, ex ad di Unicredit; Corrado Passera, ex ad di Intesa ed ex ministro dello Sviluppo Economico; Flavio Valeri, ad di Deutsche Bank Italia.

I DESIDERATA DI PASSERA

Tra coloro che hanno partecipato al sondaggio, spicca il nome di Passera. Colui cioè che, a ridosso della bocciatura di Mps agli stress test europei di fine luglio, aveva presentato per la banca un piano di salvataggio alternativo a quello, poi risultato vincente, di Jp Morgan e Mediobanca. Quest’ultimo, va ricordato, si basa sulla cessione di un maxi pacchetto di sofferenze del valore originario di 27,7 miliardi al prezzo di 9,2 miliardi, più un aumento di capitale successivo da 5 miliardi di euro. Mentre l’ex ministro dello Sviluppo economico del governo di Mario Monti aveva studiato una ricapitalizzazione di ammontare inferiore e la possibilità di una conversione volontaria delle obbligazioni subordinate. Ebbene, oltre a partecipare al sondaggio, Passera ha voluto affrontare il tema Mps con alcune dichiarazioni ufficiali. “La ricapitalizzazione – ha detto all’Ansa – deve essere almeno altrettanto forte di quanto previsto, ma deve essere disegnata in modo più concretamente realizzabile e meno onerosa per la banca. E la ristrutturazione finanziaria deve essere accompagnata da un forte e credibile piano industriale per garantire redditività e crescita”. Dopodiché l’ex ad di Intesa è subito passato alla promozione del suo piano: “Ho proposto insieme a primari partner internazionali una soluzione molto imprenditoriale e solida che potrebbe rilanciare Mps e farne una storia di successo”. Tuttavia, è stato costretto a riconoscere: “Il cda ha scelto di andare in un’altra direzione, ma secondo indiscrezioni – ha aggiunto – la proposta prescelta è in corso di modifica e si sta avvicinando a quanto da noi proposto. Il mio obiettivo rimane quello di favorire una soluzione positiva e se potrò dare un contributo lo farò. Io – ha concluso Passera – credo e rimango disponibile a essere parte della soluzione per il Monte Paschi, sarà il consiglio d’amministrazione a deciderlo”.

LE DIFFICOLTÀ DEL PIANO

In effetti, nel giro di poco più di un mese dal suo annuncio e dalla decisione del consiglio di amministrazione della banca di attuarlo, il piano disegnato da Jp Morgan e Mediobanca presenta numerose difficoltà. La principale, in questa fase, è proprio l’ammontare dell’aumento di capitale, fissato a 5 miliardi e troppo elevato per essere tranquilli di un successo dell’operazione, specie se si considera che rischia di sovrapporsi con il referendum costituzionale del prossimo autunno (dall’esito quanto mai incerto). Da qui, la possibilità di introdurre alcune modifiche per ridimensionare l’ammontare dell’aumento di capitale intorno ai 3 miliardi. La principale prevede la conversione, in forma volontaria, delle obbligazioni subordinate in azioni. In un primo momento, sembrava che quest’ultima operazione potesse coinvolgere solo gli investitori istituzionali mentre ora pare ci sia l’intenzione di estenderla anche ai piccoli risparmiatori retail. Resta il fatto che la riduzione del piano e la conversione volontaria dei bond avvicinano il progetto a quello messo a punto da Passera con l’aiuto di Andrea Orcel di Ubs. E’ proprio per questo motivo che l’ex ministro sta spingendo più che mai per rientrare in scena. Se riuscisse a farlo, sarà interessante capire chi sono quegli investitori che Passera aveva già sondato per un ingresso in Mps.

LA POLITICA E IL DIBATTUTO PIANO B

Ma la questione della banca senese è inevitabilmente finita anche nelle dichiarazioni dei vertici della politica. A cominciare dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che, presente a Cernobbio il primo giorno, in un articolato intervento, si è augurato, “anche se il ruolo non è il mio, che l’aumento (di capitale di Mps) possa esserci entro l’anno”. Sembra addirittura che il premier speri che la ricapitalizzazione possa essere chiusa prima del referendum costituzionale, ma i tempi sono ormai strettissimi. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sempre dal palcoscenico del forum Ambrosetti, ha riconosciuto che l’operazione su Mps è “complessa”, ma si è detto sicuro del suo successo, escludendo l’eventualità di un piano b e ritenendo che quello attualmente messo in campo funzionerà. Ma oggi il quotidiano La Stampa scrive: “Una delle soluzioni sulle quali si sta lavorando prevede il «bail-in» delle «sole obbligazioni subordinate (pari a 5,5 miliardi di euro, ndr), sufficienti a coprire il deficit patrimoniale dell’istituto. Con il successivo rimborso con soldi pubblici dei piccoli risparmiatori, ai quali è stata venduta nel 2008 una obbligazione subordinata per 2,1 miliardi di euro, sulla base del «misselling» (la vendita di prodotti finanziari ad un pubblico non adeguato al rischio dell’investimento), spiega una seconda fonte. La terza fonte cita l’incontro con gli istituti bancari per la valutazione di queste ipotesi. Al momento si tratta appunto solo di ipotesi, spiegano le fonti, sulle quali si sta lavorando nel caso che il piano per Montepaschi si areni definitivamente”.


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