Hacker probabilmente russi hanno attaccato l’Agenzia Antidoping mondiale, la Wada, a metà agosto. Ora hanno sganciato la bomba: diversi campioni americani hanno giustificato attraverso certificati medici contraffatti valori anomali di esami antidoping alla vigilia e durante l’Olimpiade di Rio, è l’accusa dei pirati. In pratica avrebbero “utilizzato regolarmente sostanze illecite giustificate da certificati di approvazione per uso terapeutico”. Le informazioni sono state diffuse dal sito Fancybear.net e dall’account Twitter collegato, riconducibili ai pirati che hanno portato a termine il cyberattack, entrambi a quanto pare creati appositamente per diffondere i documenti rubati. Si tratta di alcuni file leaked sulle sorelle Williams, la star del basket Elena Delle Donne, la ginnasta pluri campionessa Simone Biles, che testimonierebbero test antidoping positivi: informazioni su altri sportivi sono già state annunciate. La Wada ha confermato di aver subito l’attacco nella serata di martedì, mentre gli hacker avevano diffuso una rivendicazione già lunedì; il 13 agosto l’agenzia aveva già subito una violazione informatica e e pare che parte dei documenti sia già stata sottratta in quell’occasione.
#SerenaWilliams #VenusWilliams are doping addicts#OpOlympics #FancyBears #WADA pic.twitter.com/TAwDtxOmUY
— Fancy Bears’ HT (@FancyBears) 12 settembre 2016
I leaks pubblicati oggi potrebbero provenire dall’attacco con cui un mese fa sarebbe stata violata l’area “confidential” dei server dell’Agenzia. I pirati informatici avrebbero sottratto le schede Adams, quelle del sistema con cui la Wada monitora gli spostamenti e verifica gli esiti dei controlli di migliaia di professionisti di tutte le discipline.
La Gazzetta dello Sport spiega che “il cuore dello scandalo sembra essere” il settore delle “esenzioni terapeutiche”, le cosiddette TUEs (Therapeutic Use Exemptions), ossia la possibilità data agli atleti di assumere sostanze dopanti per terapie: un esempio in generale, un atleta soggetto ad allergie costretto a prendere antistaminici, il farmaco darebbe risultati positivi all’antidoping, rappresentando però una violazione concessa. Il rilascio delle TUEs è subordinato a una serie di accertamenti clinici e approfondimenti sulla possibilità di sostituire i farmaci curativi con altri non inclusi nelle liste di esclusione della Wada: di solito le federazioni mantengono riserbo stretto sugli atleti a cui sono concessi. Gli hacker sostengono che alcuni atleti avrebbero ottenuto specifiche concessioni dalle rispettive federazioni, con le quali non sarebbero stati marchia come positivi ai controlli nonostante lo fossero (perché erano in cura), e fin qui tutto nel lecito: il punto, per i Fancy Bear, è che in realtà non ci sarebbe stata una necessità clinica da giustificare l’uso di farmaci dopanti per fini terapeutici, e dunque le federazioni avrebbero rilasciato i vari TUEs solo per favorire l’uso di sostanze in grado di implementare le performance dei propri sportivi. Per esempio, per Serena Williams i principi attivi a cui è risultata positiva sarebbero il prednisone, l’oxicodone e l’idromorfone, usati come analgesici e antidolorifici (potrebbero favorire il recupero dopo gli impegni in campo?): la tennista ha un TUE che l’autorizzata a usarli una volta al giorno in un dosaggio importante, al test antidoping queste sostanze vengono riscontrate ma lei non viene marchiata perché le usa come cura sotto concessione della federazione tennistica americana.
È impossibile non abbinare questa vicenda con l’esclusione della federazione di atletica di Mosca dalle Olimpiadi di Rio a causa della diffusione endemica del doping tra gli atleti russi – si era parlato di “doping di stato”, perché la vicenda aveva smascherato una struttura ramificata che partiva dal ministero dello Sport, guidato dal potente Vitaly Mutko, per arrivare fino ai laboratori locali grazie all’ausilio in alcuni casi dei servizi segreti interni. Allo stesso tempo, l’hacking si inquadra anche in una fase molto assertiva nel cyber-spazio da parte dei russi. Già una decina di giorni dopo l’attacco ai sistemi informatici della Wada, quando ancora le rivelazioni non erano state diffuse e l’azione sembrava avere dimensioni più limitate, ThreatConnect, una società che si occupa di sicurezza informatica, aveva individuato negli autori dell’hacking i pirati di Fancy Bear, noti anche come ATP 28 e su cui sono state tracciate delle connessioni con l’intelligence militare estera russa, il Gru. Si tratta dello stesso gruppo che ha preso di mira il Partito democratico americano.