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Matteo Renzi a Bratislava, i meriti tattici e le incognite strategiche con Merkel e Hollande

mattarella

Lo “strappo” di Matteo Renzi è stato uno scatto d’orgoglio, un colpo di testa, un gesto teatrale ad usum Salvini? Efficace sul piano mediatico, può diventarlo anche in chiave tattica, purché ci sia dietro una strategia. Il capo del governo italiano per molti versi non aveva scelta: messo ai margini, posto di fronte a un documento sull’immigrazione che aveva al centro la Turchia, sarebbe tornato a casa con le pive nel sacco.

Intendiamoci, il consiglio straordinario di Bratislava non doveva decidere nulla: convocato per discutere tempi e modi della Brexit, visto che l’uscita dalla Ue, votata dai britannici, non è stata ancora impostata dal nuovo governo che non sa che pesci pigliare, è diventato un vertice consultivo per rabbonire i governi del gruppo di Visegrad che riunisce i paesi ex comunisti dell’Europa centrale.

Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria stanno particolarmente a cuore alla Germania, sono il suo antico spazio vitale, il mitico Lebensraum, dal punto di vista economico e politico. Anche sotto la spinta delle forze populiste e di centro-destra, dopo aver tratto un enorme vantaggio dall’adesione alla Ue (per capirlo basta vedere che cosa succede in Ucraina) quelli di Visegrad si sentono gagliardi abbastanza da alzare la cresta. Berlino se ne rende conto, per questo cerca di lisciare loro il pelo.

Le elezioni tedesche, fra un anno, saranno un referendum sugli immigrati, quindi l’accordo con Turchia e il muro ungherese assumono un significato chiave, di natura non solo simbolica. Angela Merkel si gioca il quarto mandato su questo, non sull’Italia o sul Mediterraneo dal quale intende restare lontana, come ha dimostrato a proposito della Siria. A meno che l’Italia non diventi essa stessa una bomba a orologeria.

La gelata dell’economia, il logoramento del renzismo, il referendum d’autunno, sono già una miscela pericolosa. Renzi adesso vuole dimostrare che può esplodere e solo lui può fare il pompiere. Ma ha bisogno di essere sostenuto. La Merkel e Hollande, nonostante gli abbracci e i baci di Ventotene, non vogliono e/o non sono in grado di farlo. Così, a Renzi non è rimasto che il gesto, un po’ gollista, di mettere in mostra il proprio risentimento. Ma ha un obiettivo di più lungo periodo? Molto dipende dal risultato del referendum costituzionale.

Se il governo perde e l’Italia torna sotto il tiro dei mercati finanziari, non resterà che andare a Bruxelles con il cappello in mano. Se vince, allora Renzi potrà preparare l’evento del prossimo marzo, la celebrazione del 60esimo anniversario del trattato di Roma, come l’occasione di una ripartenza, presentandosi, paradossalmente, più solido e stabile della Merkel e di Hollande.

Resta irrisolta la questione di fondo: in questa Europa a sovranità variabili, dove sta l’Italia? Renzi pensa di far parte del nocciolo duro che Germania e Francia stanno preparando o vuol seguire Stiglitz adottando l’euro di serie B? Quanto al ruolo nel Mediterraneo, Renzi usa come una sorta di minaccia l’eventualità di “andare in Africa” e stringere accordi bilaterali. Perché non lo fa? Nessuno glielo impedisce. Lo ha già fatto Berlusconi con Gheddafi e non solo (non dimentichiamo i rapporti speciali con la Tunisia e quelli con l’Egitto di Mubarak). Certo, ci vogliono i quattrini, non bastano le parole, ma si potrebbero impiegare i fondi europei che non sappiamo spendere per progetti bilaterali. Più in generale, vale la pena togliere un po’ di carta polverosa dagli uffici statali e usare i risparmi per gestire e contenere l’ondata migratoria.

La Ue è divisa dal punto di vista geopolitico: la Germania guarda a est, fino alla Russia; la Francia guarda da sempre alla Germania; l’Italia è strabica, guarda a nord e a sud, ma dopo la fine della strategia andreottiana dei due forni, si muove a zig zag, non è in grado di tenere entrambe le redini. Oggi poi, c’è una variabile in più: la Brexit. Roma non dovrebbe farsi sfuggire l’occasione di diventare una sponda speciale nei confronti di Londra. Fa parte della nostra storia antica e recente. Lasciamo ai tedeschi di fare i gradassi per poi arrendersi. A noi s’addice meglio il ruolo di mediatori.

Stefano Cingolani


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