Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Come cambierà la Nato

Lorenzo Carrieri è un analista che collabora con diversi centri di ricerca e con la rivista specialistica americana FairObserver, postgraduate student presso School of Advanced International Studies della John Hopkins University, è specializzato in international security. Abbiamo affrontato con lui la questione Nato, ossia come l’Alleanza Atlantica si sta modificando e quali saranno i cambiamenti, le sfide e i pericoli futuri.

DALLA FINE DELLA GUERRA FREDDA

“C’è stata una scuola realista che dopo la Guerra Fredda definiva l’alleanza un’entità superflua – curioso notare che la stessa parola, “superflua”, è tornata in uso ai giorni nostri, da parte del candidato repubblicano alle presidenziali Donald Trump. Un’altra, fatta da molti costruttivisti e liberali istituzionali, sosteneva che la NATO avrebbe shiftato il suo obiettivo verso la cooperazione in Europa. Beh, a vedere quello che succede oggi, le previsioni di entrambe le scuole si sono rivelate sbagliate – dice Carrieri. Perché? “La ridefinizione di centralità dell’alleanza ha implicato un allargamento di prospettiva dei punti di discussione dell’organizzazione. Prospettiva che non ha incluso più soltanto la difesa collettiva come principale obiettivo, ma un estensione dell’ombrello di sicurezza verso est, il cosiddetto eastward enlargements, e il consolidamento dei processi di democratizzazione nelle repubbliche ex-sovietiche e balcaniche”. È una nuova organizzazione? “La NATO ha significativamente ridefinito il suo ruolo all’interno di un contesto di sicurezza totalmente diverso da quello pre-guerra fredda. Essa ha reagito, al pari delle grandi corporations, in chiave di comprensione e adattamento all’ ecosistema circostante. Come un sistema complesso l’Alleanza ha risposto alle crescenti complicazioni del mondo postmoderno aggiungendo livelli gerarchici in modo da gestire più facilmente le relazioni tra i suoi componenti. In sostanza, maggiore la complessità da gestire, per esempio l’ampliamento delle spettro delle minacce o il numero dei paesi membri, maggiormente complesse e diversificate le strutture dell’organizzazione. Oggi vengono affrontate minacce che vanno dalla cyber-defense a quelle sull’approvvigionamento energetico, passando per il terrorismo e il contrasto alla pirateria e al traffico di esseri umani nel Mediterraneo, e che includono la lotta alla diffusione delle WMD e operazioni di peace-keeping”.

IL RUOLO, CENTRALE

La Nato aveva perso centralità negli ultimi anni? “Nonostante i tentativi di ricostruire una centralità post-guerra fredda all’alleanza, almeno fino al 2014 l’Europa sembrava restia ad accollarsi l’onere di una struttura organizzativa legata ad un mondo precedente. Testimoni di ciò sono state l’accelerazione dei processi d’integrazione dell’Unione Europea, anche a livello di sicurezza e difesa, pensiamo alla nascita dell’European Defense Initiative, e il non rispetto del tetto di spese militari imposte dai trattati dell’Alleanza atlantica”. Quel 2% del PIL che dovrebbe essere destinato all’implementazione del defense spending goal, su cui Barack Obama qualche mese fa ha rimproverato anche l’Italia (che come quasi tutti gli altri non rispetta l’impegno, mentre Washington si carica sulle spalle il 70 per cento degli investimenti). “Questi comportamenti da free-rider, come li definì Obama stesso in un’intervista sull’Atlantic, hanno fatto storcere il naso agli Stati Uniti e aumentato la tensione tra gli Alleati. Aggiungiamoci l’avventurismo americano in Afghanistan e Iraq, e la campagna aerea in Libia contro Gheddafi, tutte campagne senza una exit strategy credibile, con la NATO che era relegata al ruolo di comprimario. È stato l’avventurismo in Crimea, l’assertività russa su vari dossier globali, a ricompattare i membri, riportando il focus sulla centralità dell’alleanza”.

IL SUMMIT DI VARSAVIA 

Molti hanno definito il summit che si è svolto a luglio a Varsavia come il più importante dopo la fine della Guerra Fredda. Ma perchè? In che maniera può essere considerato tale? “Ci sono varie ragioni: per esempio il dispiegamento permanente di battaglioni da combattimento ad est della Germania, l’implementazione del protocollo EPAA per la difesa missilistica e, non ultimo, l’ingresso del cyber spazio come dominio del conflitto”. Partiamo dal primo: cosa significa piazzare dei battaglioni da combattimento sul cosiddetto fronte orientale? “A Varsavia stata ribadita con fermezza la centralità dell’Articolo V del trattato Nato, per cui ogni attacco ad un membro dell’Alleanza deve essere interpretato come un attacco all’alleanza nel suo complesso. E questo serve anche a rassicurare i paesi del fianco est, che hanno visto l’assertività russa in Ucraina e quello che è successo in Crimea con preoccupazione, visto che si considerano i primi possibili bersagli di una retaliation di Mosca verso l’Europa. Sullo sfondo, la campagna presidenziale americana, dove il candidato repubblicano Trump ha messo in questione la difesa collettiva garantita dall’Alleanza, minacciando in tal modo la già fragile credibilità di deterrente della NATO. Le continue esercitazioni militari lungo i confini con le repubbliche baltiche da parte del Cremlino (per esempio, in una delle ultime la Russia ha simulato un attacco simultaneo a Norvegia, Finlandia, Svezia e Danimarca con 33mila uomini schierati) le incursioni aeree a transponder spenti, i flying dark, che aumentano il rischio di collisioni con aerei di linea, il dispiegamento di jet e bombardieri in spazi aerei alleati, sono solo alcuni delle variabili di attrito tra Mosca e la NATO”.

LE TRUPPE NATO AL CONFINE RUSSO

È per rispondere a queste minacce che l’Alleanza ha deciso di andare oltre l’accordo stipulato con la Russia nel 1997 secondo cui il security environment a est della Germania doveva essere improntato allo status quo, ossia senza truppe di combattimento dispiegate in maniera permanente? “É opportuno menzionare qui il ritiro definitivo e unilaterale della Russia dal CFE, il Conventional Armed Forces in Europe treaty già nel 2007. Un trattato che aveva lo scopo di mantenere una bilanciamento di forze armate dispiegate nel Vecchio Continente tra NATO e Russia entro limiti ristretti e concordati. È stato a seguito del ritiro russo dal CFE che uno dei pilastri del sistema di sicurezza europeo è venuto meno. Il dispiegamento di battaglioni da combattimento on a temporary basis e il loro ruotare nei paesi a maggior rischio, Polonia, Estonia, Lituania, Lettonia, deciso a Varsavia dovrebbe garantire un certo grado di deterrenza nei confronti della Russia. Canada, Stati Uniti, ma anche Germania e Regno Unito hanno promesso il dispiegamento di truppe per quello che è stato denominato Readiness Action Plan. Vale la pena sottolineare però come questi brigate di fanteria siano lontane anni luce dal garantire la parità strategica con le forze russe, nonostante Obama abbia deciso di rafforzare il contingente americano di stanza in Polonia di 1000 uomini”. In aggiunta, a Varsavia sono proseguiti i colloqui formali con paesi esterni all’Alleanza, come Finlandia e Svezia, che si sentono minacciati dalla postura della Russia nell’area del Mar Baltico e dell’Artico. “Questi paesi hanno chiesto maggiore cooperazione e una linea di difesa comune in quell’area. Infatti, l’intensificarsi della competizione per l’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse naturali a seguito del ritiro dei ghiacci, unito con le massicce esercitazioni e la costruzione di una base militare di 14mila metri quadrati da parte di Mosca, getta ulteriore benzina sul fuoco sulle relazioni tra paesi dell’area e Russia stessa. Il chè potrebbe spingere paesi non membri ad applicare per una formale adesione all’Alleanza”.

LA DIFESA MISSILISTICA

Un altro punto di attrito con Mosca che gli Alleati hanno discusso a Varsavia è relativo al dispiegamento dello scudo missilistico AEGIS nel cuore dell’Europa: di cosa stiamo parlando? “Il sistema Aegis-BMD (Ballistic Missile Defense) è un sistema di difesa missilistica piazzato a terra con un’integrazione radar (Aegis Ashore) e navale nel Mediterraneo. Esso è progettato per intercettare missili balistici a medio e lungo raggio: le postazioni satellitari e missilistiche europee si trovano, sotto il comando NATO, in Romania, a Deveselu, e in Polonia, Redzikowo (oltre che in Turchia), sono equipaggiate con missili SM-2 ed SM-3 e integrate con radar trasportabili AN/TPY-2. La NATO ha deciso ultimamente la disposizione del sistema AEGIS dopo che nel 2009, per non esacerbare ulteriormente le tensioni con Mosca, aveva abbandonato il progetto per il posizionamento di un sistema PAC-3 (Patriot Advanced Capability) lungo i confini di Repubblica Ceca e Polonia con la Russia”. Nelle intenzioni dell’alleanza l’attuale sistema di scudo anti-missile fa parte di una difesa collettiva contro le minacce poste dai missili balistici dell’Iran, capaci di colpire in profondità fin nel cuore dell’Europa: ma… “Agli occhi della Russia no: il sistema sarebbe in grado di lanciare anche missili da crociera, dicono da Mosca, spostando l’equilibrio di potere verso la NATO e minacciando così la superiorità russa nell’area. Detto ciò, nonostante l’Alleanza atlantica abbia deciso di implementare il protocollo EPAA (European Phased Adaptive Approach) per lo sviluppo di una capacità di difesa dai missili balistici continentale, la parità strategica con la Russia è ben lontana”. Perché? “La superiorità missilistica russa è garantita dal dispiegamento, nell’enclave di Kaliningrad tra Polonia e Lituania, di un sistema di difesa anti-aerea e marittimo definito A2AD. Sigla che sta ad indicare Anti-Access-Area-Denial, ovverosia una sorta di bolla su tutta l’area del Mar Baltico (che copre 1/3 dello spazio aereo polacco) volto ad annullare la proiezione di strumenti militari da parte di attori esterni. Questo sistema include assets come i missili balistici a corto raggio Iskander e da crociera Kalibr, capaci di una gittata media con testata convenzionale/nucleare, ICBM a lunga-gittata, sistemi anti-missilistici di ultima generazione S-300 ed S-400-che la Russia ha annunciato voler dispiegare anche in Crimea entro il 2020, UAV e una flotta di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare recentemente rinnovata”.

(Prima parte di un’analisi più estesa)

×

Iscriviti alla newsletter