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Come si legano premiership, Ponte sullo Stretto e referendum costituzionale

Pietro Salini e Matteo Renzi

Chi aveva sperato nella spersonalizzazione del referendum costituzionale da parte del premier Matteo Renzi sarà rimasto deluso dalle ultime esternazioni e dagli ultimi atti del presidente del Consiglio.

Alla festa per i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo, la società che doveva costruire il Ponte sullo Stretto di Messina, Renzi ha berlusconianamente evocato la necessità dell’opera pubblica, per decenni sbertucciata da tutte le sinistre possibili.

I renziani doc diranno che nulla di veramente nuovo ha detto il premier, visto che lo stesso Renzi di recente aveva sposato la causa del Ponte, facendo gongolare chi all’interno della maggioranza di governo, come Area Popolare, da sempre appoggia la costruzione dell’infrastruttura.

Ma gli anti renziani fanno notare come Renzi abbia condito la frase odierna con stime da 100mila nuovi posti di lavoro in Calabria e Sicilia grazie alla realizzazione del Ponte (e quindi della “Napoli-Palermo”, come dice il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, ha celiato Renzi): ossia un mezzo propagandistico – secondo i critici – per raccogliere consensi verso il governo e corroborare indirettamente i sì al referendum costituzionale del 4 dicembre.

La sensazione di una berlusconata è suffragata anche da un altro annuncio governativo: quello secondo cui il G7 a presidenza italiana nel 2017 si terrà a Bari. Dov’è la berlusconata? Gli anti renziani in servizio permanente effettivo osservano che secondo gli studi di Jim Messina, il guru Usa ingaggiato dal Pd per vincere la consultazione referendaria, i no prevarrebbero in particolare al Sud, in regioni come la Calabria, la Campania, la Sicilia e la Puglia.

Quindi i Ponti e i G7 rientrerebbero anche nella strategia renziana di convogliare consensi pro governo e pro premier. D’altronde Renzi ha deciso di aprire la campagna per il Sì proprio a Firenze, nell’anniversario della sua discesa in campo per le primarie come sindaco. Altro che spersonalizzazione…

Ma perché stracciarsi le vesti come anni fa si faceva per annunci e sparate mediatiche di Silvio Berlusconi?

Ad analizzare e commentare in maniera azzeccata il nesso tra passioni da suscitare, leadership e referendum è stato un non commentatore politico.

Ecco alcuni suoi concetti significativi:

Da più parti, in entrambi gli schieramenti, arrivano appelli autorevoli rivolti ad evitare ogni personalizzazione e a entrare nel merito del quesito, spiegando i vantaggi e gli svantaggi delle nuove norme costituzionali. A tale scopo sono state arruolate torme di costituzionalisti e scienziati politici che stanno firmando appelli e tentano di spiegarci il senso della riforma e le sue conseguenze, positive o negative, sull’impianto politico-costituzionale del Paese.

Purtroppo o per fortuna gli esempi che la storia dei referendum, anche recente, ci mostra, vanno in una direzione esattamente opposta rispetto agli auspici e alle speranze dei “pompieri” delle due parti.

Ogni tema referendario è stato da sempre combattuto per conquistare non solo la mente, ma soprattutto il cuore dell’opinione pubblica. Lo abbiamo visto con il referendum inglese ma lo abbiamo verificato in Italia con altri referendum del passato, dal divorzio all’aborto ai referendum sul nucleare.

Toccare il cuore significa comunicare non solo e non tanto l’interesse, i numeri, i bilanci, sventolando le opinioni tecniche o giuridiche, quanto solleticare e coinvolgere il sistema di credenze dell’elettore, puntando più sui benefici, veri o presunti, della scelta. Più sulle conseguenze effettive positive o negative che avranno un effetto specifico sulla vita di tutti i giorni delle persone. Più sull’identità che solo sulla razionalità precisa ma fredda dei numeri e delle opinioni tecnico giuridiche.

Quanto alla personalizzazione del voto, stiamo parlando della tecnica di comunicazione più efficiente ed efficace per mobilitare, da una parte e dall’altra, gli opposti fronti.  l di là delle parole e delle promesse, difficilmente le due parti rinunceranno a questo strumento, anzi il tono del dibattito e la spinta di comunicazione saranno destinate a crescere di intensità. 

Volete sapere chi lo ha scritto? Scopritelo qui.


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