Neanche il tempo di firmare l’accettazione dell’incarico, che subito Massimo Colomban è finito al centro delle polemiche sui media. Il personaggio è così, fatica a tenere a freno la lingua. Il neo assessore alle Partecipate (qui il ritratto firmato da Formiche.net) chiamato al Campidoglio dalla sindaca grillina Virginia Raggi ha simpatie per l’indipendentismo veneto, si è candidato nel 2010 alle regionali con Alleanza per l’Italia (il partitino centrista dell’ex notista politico del Tg1 Francesco Pionati) raccogliendo poco più di mille preferenze che non gli sono bastate per l’elezione, negli ultimi anni si è avvicinato al Movimento 5 Stelle stringendo un rapporto personale sia con Gianroberto Casaleggio che con Beppe Grillo, tanto da aver influenzato i grillini veneti su alcune posizioni autonomiste come testimoniano le parole pronunciate dallo storico esponente pentastellato veneto David Borrelli.
LA TELEFONATA ALLA ZANZARA
Da anni mantiene stabili rapporti con il mondo politico e istituzionale (il governatore Luca Zaia è suo amico), partecipa a trasmissioni televisive, interviene a convegni, rilascia interviste. Ma ancora Colomban non deve aver compreso del tutto certi meccanismi della comunicazione. Ieri pomeriggio è caduto in pieno nel classico tranello de La Zanzara; i conduttori di Radio24 Giuseppe Cruciani e David Parenzo lo hanno chiamato al telefono con la scusa di sapere se confermasse o meno l’incarico romano voluto dalla Raggi. Lui ha dato il suo assenso, ma poi – pur provando a divincolarsi – ha iniziato a rispondere alle incalzanti domande della micidiale coppia radiofonica. Interpellato sulle Olimpiadi del 2024 a Roma, negate dalla sindaca grillina, Colomban ha spiegato che “la mia azienda ha lavorato in tantissime capitali (Cruciani aveva ricordato che la sua multinazionale Permasteelisa ha ricevuto commesse in diverse manifestazioni olimpioniche, ndr), le Olimpiadi vanno esaminate attentamente”. A Roma però hanno detto subito no. Dato che si occuperà di partecipate, Colomban ha annunciato che “vanno razionalizzate, ci sono sicuramente servizi che potrebbero essere più economicamente gestiti in maniera partecipativa pubblico-privata, oppure totalmente privata”. Dunque, avanti con le privatizzazioni, con buona pace di certe idee non certo liberiste della galassia grillina. E l’indipendentismo veneto? “Per migliorare l’efficienza dello Stato – è la risposta -, credo che lo Stato federale, come insegnano i casi di Germania, America e Australia, responsabilizzi di più le regioni e le macroregioni. Basta pensare alla Svizzera dove ho abitato per tre anni”. Colomban ha giurato di non aver mai detto “Roma ladrona, ma anche ammesso di non conoscere l’autobus 64 (quello tristemente noto per i borsetti) né quale sia la destinazione della metro A, e neppure quante metro ci siano a Roma. “Mi lasci prendere in mano la struttura…” ha implorato a Cruciani.
UN INDIPENDENTISTA VENETO?
I giornali di oggi descrivono tutti Colomban come un indipendentista veneto. Eppure non sarebbe del tutto corretto definirlo tale, meglio parlare di un convinto federalista con qualche simpatia indipendentista. Di sicuro però, l’aver aperto le porte del suo splendido Castelbrando a Cison di Valmarino, nella Marca trevigiana, all’assemblea del partito Indipendenza Veneta di Alessio Morosin il 14 giugno 2014, ha contribuito ad arruolare Colomban tra i sostenitori dello Stato veneto autonomo in tutto e per tutto da Roma. Qualcuno, come l’indipendentista Gianluca Busato, aveva visto in quella disponibilità la possibilità di trovare una sede per il Parlamento della Repubblica veneta, ma era stato il Gazzettino a precisare la posizione più sfumata dell’industriale.
Nel saluto introduttivo Colomban si è complimentato con Morosin per aver fondato il movimento indipendentista. “Credo – disse in apertura – che tutti voi stiate lavorando per un Veneto più democratico, più autorevole e autonomo e più federale; la forma della federazione di Stati permette più efficienza, meno euro, meno costi, meno tasse e balzelli”. Aggiunse poi: “Vorrei tornare a vedere il nostro Stato, che può essere Stato veneto o italiano… non sono per disfare gli Stati, sono per dare aut aut a questo Stato Italia che sta finendo, con una tassazione di due terzi su chi lavora”. “Non sono pro o contro l’indipendenza – proseguì -, se sono qui dico logicamente che lo Stato italiano è comatoso”. “Metto a disposizione Castelbrando – concluse – se questa azione (di Indipendenza Veneta, ndr) viene fatta all’interno delle leggi e insieme; spero che si riesca a mettere sotto un unico gonfalone di San Marco tutti questi movimenti e riuscire a dialogare con le forze politiche non macchiate di corruzione”.
Qualche mese prima, Colomban aveva però usato ben altri toni in alcune dichiarazioni rilasciate all’Adnkronos: “Qui, in Veneto – aveva scandito – se non si cambia presto, probabilmente succederà quanto è avvenuto in Crimea. Poco importa se al referendum di ‘Plebiscito.eù, hanno votato 2 mlioni o 200 mila persone, la verità è che l’80-90 per cento dei veneti è a favore di un’autonomia vera, e soprattutto, non ne può di uno stato sempre più oppressivo sul fronte fiscale e burocratico – avverte Colomban – di federalismo se ne parla ormai da dieci anni, e non è successo nulla, tanto è vero che ogni giorno nascono partiti, movimenti, reti, associazioni autonomiste che vanno oltre la Lega, e che accusano il Carroccio di non aver fatto abbastanza”.
FUORI DALL’EURO (E CONTRO ROMA)
La sua ricetta economica per risollevare l’Italia Colomban l’aveva spiegata in questa intervista a il Nord Est Quotidiano, mentre il Quindicinale gli aveva dedicato una copertina ricordando i suoi 100mila euro di Imu pagati all’anno. Ma è sull’euro che Colomban ha preso posizioni molto nette negli ultimi anni. In un collage di suoi interventi pubblicato ieri su YouTube dal vicedirettore di Libero, Franco Bechis, il neo assessore di Roma dice: “Se dobbiamo stare a queste condizioni nell’euro, meglio uscire. Certo avremo una svalutazione, qualcuno dice del 30 o del 50, ma contestualmente avremo un riaccendersi immediatamente di tutto le attività che diventeranno più competitive. C’è il mercato interno che soffrirà perché ci sono anche le importazioni di petrolio che si pagheranno di più”. Quindi alla Gabbia su La7: “Ci sono almeno 100, 150 miliardi da tagliare. Prima azione. Dopodiché si va a ridiscutere il tasso verso l’euro, è assurdo che se siamo una comunità con una moneta comune, chi paga più interesse è lo stato più debole. Le aziende tedesche pagano un decimo di interessi di aziende italiane”. Poi quelle parole choc sulla Capitale su Diretta Rete Veneta: “Roma viene vista, e ve lo posso dire con competenza, come uno Stato corrotto, come una parte della mafia”.