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Perché gli Stati Uniti hanno sospeso i colloqui con la Russia per la pace in Siria

“Gli Stati Uniti hanno sospeso la partecipazione nei colloqui bilaterali con la Russia che sono stati stabiliti per sostenere la cessazione delle ostilità” in Siria. È questa la dichiarazione che segna il futuro: parole dell’ammiraglio John Kirby, portavoce del dipartimento di Stato americano.

Con la sospensione dei colloqui di pace tra Mosca e Washington salta, di conseguenza, anche la possibilità che i due Paesi possano procedere in azioni congiunte e coordinate contro gli ex miliziani qaedisti di al Nusra, ora diventati Fateh al Sham; apparentemente ripuliti dall’ombra jihadista, sono di fatto la forza combattente di opposizione più forte in varie zone, come Aleppo o Idlib. Gli Stati Uniti li considerano comunque un gruppo terrorista, e molto più dei russi non li mollano: lunedì un velivolo senza pilota americano ha ucciso uno dei principali ideologi del gruppo, il qaedista storico Abu Faraj al Masri.

Le azioni congiunte erano uno dei punti cardine dell’intesa siglata il 9 settembre e resa operativa dal 12. Si trattava di un accordo bilaterale in cui gli Stati Uniti si impegnavano a far rispettare il cessate il fuoco ai ribelli e i russi avrebbero dovuto tenere a bada i lealisti. Tutto è andato male, visto che le violazioni ci sono state da entrambe le parti, con conseguenti accuse reciproche, e infine la capitolazione attuale, con Damasco che insieme ai russi ha applicato fuoco ad alzo zero su Aleppo, cercando di fiaccare definitivamente le risorse dei ribelli che controllano ancora un’area cittadina in cui vivono anche 250 mila civili (il New York Times ultimamente ha aggiornato le stime: 275 mila). Va da sé che sono questi ultimi quelli che ci stanno rimettendo di più, due giorni fa il direttore generale della Croce Rossa Internazionale Yves Daccord ha detto che “il bombardamento delle strutture sanitarie è ormai routine”; modello Grozny lo stanno definendo gli analisti la strategia russo-siriana su Aleppo, ricordando le operazioni con cui fu rasa al suolo la capitale delle Cecenia tra la fine del 1999 e il 2000.

Da quell’accordo di inizio settembre doveva nascere un periodo di tregua di almeno una settimana, dopo il quale russi e americani avrebbero implementato le misure fino alle azioni congiunte. “Purtroppo, la Russia non è riuscita a vivere fino in fondo i propri impegni”, ha aggiunto il comunicato di Kirby. “Invece, la Russia e il regime siriano hanno scelto di seguire un corso militare, in contrasto con la cessazione delle ostilità, come dimostrato dai loro attacchi intensificati contro aree civili, il targeting delle infrastrutture critiche come ospedali, e impedire agli aiuti umanitari di raggiungere i civili bisognosi” (la storia del convoglio umanitario bombardato mentre stava per arrivare ad Aleppo farà riferimento per il futuro).

Il segretario di Stato John Kerry aveva minacciato nei giorni scorsi di sospendere la partecipazione ai negoziati, erano seguite due conversazioni telefoniche con l’omologo russo Sergei Lavrov senza arrivare a nessuna soluzione. Washington aveva proposto anche un reset sull’escalation militare dell’ultima settimana per ripartire con una nuova settimana di tregua che avrebbe riaperto un percorso analogo a quello già deciso a inizio mese, ma il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov aveva bollato l’idea americana come “il frutto di un esaurimento nervoso”. Resterà aperto il canale di comunicazioni radio in piedi per evitare incidenti vista la sovrapposizione dei velivoli nello stesso spazio aereo.

Sviluppi separati ma non troppo: il Congresso starebbe pensando anche a nuove sanzioni, e poco prima dell’annuncio americano Mosca aveva reso nota l’intenzione di sospendere la collaborazione con gli Stati Uniti sul programma di smaltimento dell’uranio per uso militare; “La decisione è probabilmente un tentativo di trasmettere a Washington il prezzo da pagare per tagliare il dialogo sulla Siria e altre questioni” (come l’Ucraina), aveva commentato la società di intelligence privata Stratfor.

(Foto: Flickr, il tavolo negoziale di Ginevra durante il quale si era decisa la tregua il 9 settembre)

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