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Così banchieri e governo sbuffano contro l’Europa al forum del Messaggero

Su una cosa era d’accordo quella parte del gotha della finanza e dell’economia riunitosi questa mattina alle scuderie di Palazzo Altieri, in occasione del forum “Obbligati a crescere”, organizzato dal quotidiano Il Messaggero. L’Europa scricchiola e nemmeno poco. E senza Ue niente crescita per tutti. Dunque, prima che venga giù tutto, meglio darsi da fare per rinforzarne le fondamenta. L’evento ha visto la partecipazione dei massimi esponenti del mondo bancario e delle imprese con una robusta rappresentanza del governo. Dal presidente dell’Abi e padrone di casa Antonio Patuelli a quello di Confindustria Vincenzo Boccia, passando per il presidente di Cdp Claudio Costamagna per il vicedirettore di Bankitalia Fabio Panetta, fino ai ministri dell’Economia e dello Sviluppo Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda e al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

COSI’ L’UNIONE BANCARIA RISCHIA IL NAUFRAGIO

Il primo squillo di tromba ad una platea ricca di personalità dell’economia lo ha dato lo stesso Patuelli, accusando l’Europa di continuare a procedere in ordine sparso, senza regole realmente comuni a tutti. Le banche “subiscono le contraddizioni dell’Ue e dell’Unione bancaria tuttora priva delle indispensabili identiche norme di diritto bancario, finanziario, fiscale, fallimentare e penale dell’economia”, ha attaccato il numero uno dell’Abi. Di qui il monito dell’Associazione bancaria. “Se la crisi dell’Unione europea proseguirà, l’Unione bancaria, senza normative identiche, rischia di andare in crisi e di accentuare i divari fra Nord e Sud, senza stimoli di ripresa per i ‘Mezzogiorni’ d’Europa e con rischi di meridionalizzare anche le regioni più produttive del Nord e Centro Italia”. Patuelli ne ha pure per la Vigilanza unica, l’organismo di controllo europeo (la Bce), reo di non aver “rappresentato una svolta per la ripresa, ma ha appesantito le misure che da prudenziali si sono spesso trasformate paradossalmente in fattori di ulteriore indebolimento delle banche”.

COSTAMAGNA E IL MODELLO CARREFOUR

Passando alle imprese, in Cdp hanno un’idea per contribuire a risollevare le sorti dell’economia italiana. Puntare sul made in Italy. “In Francia lo hanno capito da tempo, con la catena dei Carrefour hanno portato il cibo francese in tutto il mondo. In Italia si sarebbe potuto fare? Sì”. Il presidente della Cassa, Costamagna, ha scomodato nientemeno che Bernardo Caprotti, fondatore dell’Esselunga, recentemente scomparso. “Caprotti, se avesse avuto una visione più ampia, meno legata al territorio, avrebbe potuto portare all’estero” il meglio dell’Italia.

BANKITALIA, INVESTIRE PER RINASCERE

Per Bankitalia la ricetta per la crescita ha un nome e un cognome. Meno tasse, più investimenti. “La debolezza delle ripresa italiana dipende soprattutto dai bassi investimenti e occorre pertanto rimuovere gli ostacoli all’accumulazione di capitale, anche alleggerendo ulteriormente il peso delle imposte sui fattori della produzione”, ha spiegato il vice direttore generale della Banca d’Italia, Panetta, per il quale il calo degli investimenti è un fenomeno “preoccupante” che deprime la crescita corrente ed “erode le potenzialità future”. Rafforzare la ripresa è essenziale anche perché “alla mancata crescita sono direttamente imputabili gli squilibri che oggi gravano sul settore bancario e sul mercato del lavoro, l’aumentata incidenza della povertà e il mancato aggiustamento dei conti pubblici”. Dunque ha chiarito Panetta bisogna rimuovere gli “ostacoli strutturali all’investimento” specifici dell’Italia, “quali l’entità degli oneri burocratici che gravano sulle imprese e i tempi della giustizia, per il rilascio di una licenza, per l’avvio di una attività produttiva”.

PADOAN E QUELL’UE A CORTO DI FIDUCIA

“Che cosa impedisce all’Europa di fare passi decisivi verso la crescita”, si è chiesto poi il ministro Padoan. “Il primo problema è una disaffezione verso il concetto di Unione. Manca una governance vera, comune. E questo mette in discussione la stessa integrazione”, ha spiegato il ministro. Per il responsabile del Tesoro insomma, il male d’Europa si chiama scarsa fiducia nella stessa. Che non vede certo di buon occhio “la frammentarietà della stessa unione monetaria, che si può e deve migliorare”. Quanto all’Italia e alle sue chances di crescita, “bisogna avere una visione lunga e un forte quadro istituzionale”. Ma sarà difficile fare i conti con un’Europa più disunita che mai.


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