A un certo punto il palchetto resta vuoto. “Ora mi piacerebbe parlasse un deputato”, dice Massimo D’Alema. Salta su Renato Brunetta: “Eccomi!”. “Ma no, ha appena parlato Paolo Romani, almeno qui facciamo valere la logica dell’alternanza…”, risponde l’ex premier. Questo è solo uno dei siparietti andati in scena ieri alla Residenza Ripetta, dove D’Alema e Gaetano Quagliariello hanno unito i loro cervelli e le loro fondazioni, Italianieuropei e Magna Charta, per presentare il loro progetto di riforma costituzionale.
Partiamo dunque dai contenuti. D’Alema e Quagliariello tifano naturalmente per il No e della riforma pensano tutto il male possibile: non semplifica le cose ma le complica, non supera il bicameralismo perfetto, manda a Roma amministratori locali e che appunto dovrebbero fare gli amministratori e non i senatori. “Vedo una nota futurista: velocità e slancio. Ma noi siamo il Paese che fa più leggi in Europa. Non dobbiamo fare più velocemente più norme, ma farne di meno e meglio”, osserva D’Alema. Il disegno quagliariel-dalemiano, dunque, passa per la vittoria del No. “Se la riforma viene bocciata non è l’Apocalisse, il processo riformatore può andare avanti benissimo, con altri mezzi”, spiega Quagliariello.
Già, perché a quel punto bisognerà rifare la legge elettorale, dato che l’Italicum è fatto per una sola Camera. “Ebbene prendiamoci quel tempo per mettere in campo, con un governo di scopo, una riforma della Costituzione condivisa da tutti. O quasi”, spiega l’ex ministro delle Riforme. Ovvero: riduzione del numero dei parlamentari (400 deputati e 200 senatori), elezione diretta del Senato e istituzione di una commissione di conciliazione tra Montecitorio e Palazzo Madama per facilitare il percorso legislativo ed evitare le lungaggini del ping pong parlamentare. Il ddl, su cui è già partita la raccolta di firme, verrà presentato da Quagliariello in Senato. Il disegno di D’Alema, però, ne prevede un altro, in parallelo, che riguarda il Pd. Perché da qui alla fine della legislatura, durante questo ipotetico governo di scopo, la mission è riprendersi la Ditta lavorando a un candidato unico e forte della minoranza che possa sfidare un Renzi indebolito dalla sconfitta referendaria: Enrico Letta e Roberto Speranza i nomi in circolazione.
Fin qui i contenuti e il piano strategico. Poi c’è il quadro, che in questo caso è preponderante rispetto al resto. Perché mai si era visto un parterre tanto composito di personaggi così diversi, lontanissimi tra di loro. C’erano i berlusconiani: Matteoli, Gasparri, Romani, Bernini, Malan, Brunetta. Gli ex Dc: Pomicino, Cesa, Gargani, Mario Mauro. I leghisti Fedriga e Giorgetti (vicinissimi a Salvini). La minoranza Pd: Mucchetti, Zoggia, Tocci, Corsini. E pianeti sparsi: Gianfranco Fini, Lamberto Dini, Pippo Civati, Stefano Rodotà, Antonio Ingroia, Cesare Salvi. Naturalmente Guido Calvi, presidente del comitato dalemiano per il No. In fondo alla sala pure Bobo Craxi. A far gli onori di casa anche Eugenia Roccella. Tutti insieme, appassionatamente.
Mentre D’Alema dal palco lancia stilettate (“Il Sì è composto da un blocco sociale intimidatorio, che mette paura e ha dietro i poteri forti”, “sono loro ad aver aperto la strada a Grillo con il capolavoro che entrerà nei manuali di come non si fa politica della vicenda romana”), in sala e in cortile si fa conversazione. Fini se la prende con una giornalista rea di chiamare “accolita” questa strano caravanserraglio di personaggi. Pomicino racconta indiscrezioni sicurissime secondo cui Confalonieri e tutta la famiglia Berlusconi, e il Cavaliere medesimo, facciano il tifo per il Sì. Bobo Craxi sussurra che, se vince il No, “si riapre tutto e lo scenario si fa molto interessante”. Pippo Civati, sempre un po’ malinconico, giura che mai avrebbe pensato di trovarsi accanto a Brunetta e Gasparri in una battaglia politica. Gli ex Dc si divertono da morire. Fini pure. Luigi Compagna, il senatore che in questa legislatura ha cambiato sei volte gruppo, gongola e bacchetta il cronista: “Lei però non ha scritto che sono passato dalla maggioranza all’opposizione. Ci ho rimesso!”. Ma il più contento di tutti è Massimo D’Alema. Che finalmente torna ad avere un disegno politico e compagni d’armi con cui perseguirlo.