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Come ribollono Romano Prodi e i prodiani sul referendum

Romano Prodi

Dice di avere le idee chiare sul referendum costituzionale, di aver già deciso come comportarsi. Ma giura che nemmeno sotto tortura rivelerà il suo orientamento perché – ha detto a Radio24 – non ha intenzione di infilarsi in una rissa più dura di quella tra Clinton e Trump. Se dunque Romano Prodi non proferisce verbo sulla consultazione che divide il Pd, ci pensano i prodiani (ex o presunti tali poco importa) a esternare la loro posizione. Peccato però che nemmeno loro la pensano allo stesso modo.

IL SILENZIO DEL PROFESSORE

E’ un silenzio surreale quello del Professore, un silenzio che secondo alcune ricostruzioni – l’ultima rilanciata da Dagospia – in realtà servirebbe a celare la sua posizione contraria. Insomma, Prodi preferirebbe starsene zitto piuttosto che sconfessare pubblicamente il premier Matteo Renzi. Chi si azzarda a proporre questa ipotesi deve però fare i conti con l’attivismo della deputata dem Sandra Zampa, storica portavoce dell’ex premier, già intervenuta via social per smentire il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio reo di aver attribuito al Professore il No al referendum. Prodi nel frattempo si intrattiene parlando di banche e di Europa, come ha fatto nel weekend scorso insieme al premio Nobel Joseph Stiglitz alla Biennale dell’Economia cooperativa a Bologna, oppure si diletta a indicare la rotta per ricostruire la fiducia nel Paese (vedi l’ultimo editoriale sul Messaggero).

LO ZAMPINO DELLE BANCHE

Se le interpretazioni sull’orientamento di Prodi propendono per il No, qualche motivo ci sarà. Tra questi, nei palazzi della politica si fa notare il duro scontro tra Tesoro e Monte dei Paschi, in particolare tra il ministro Pier Carlo Padoan e l’ormai ex presidente della banca senese Massimo Tononi, già sottosegretario all’Economia nel secondo Governo Prodi e in passato assistente del Professore all’Iri. Tononi, da più parti arruolato tra i prodiani, non avrebbe affatto gradito il comportamento di Padoan – dunque del governi – su metodo e merito della defenestrazione dell’amministratore delegato di Mps Fabrizio Viola (qui e qui alcuni articoli di Formiche.net e qui la ricostruzione del Fatto Quotidiano). Ma per un banchiere prodiano silurato dal Governo, ce n’è un altro di ancora maggior peso che ha annunciato al Corriere della Sera il voto favorevole al referendum costituzionale: Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa-Sanpaolo. Anche se la stessa Intesa – come sottolineato giorni fa da Formiche.net – è piuttosto sbuffante come le altre banche che partecipano al Fondo Atlante per il ruolo sempre più pervasivo di Jp Morgan sul dossier Mps.

PRODIANI PER IL SI’

L’ex premier propende per il no al referendum? Chissà. Di sicuro alcuni pezzi da novanta della galassia prodiana sono schierati per il sì. E’ il caso della stessa deputata Zampa che ha aderito al Comitato Sinistra per il Sì (qui il suo intervento) lanciato dal ministro Maurizio Martina per soffiare truppe alla minoranza dem. E’ un prodiano sui generis, ma pure il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, è in prima linea per il sì, e al quotidiano Il Dubbio ha spiegato che “nel Pd non c’è posto per il no al referendum”, arrivando ad auspicare un’adesione dello stesso Prodi (qui l’intervista). L’eurodeputato di formazione prodiana Paolo De Castro, ex ministro delle Politiche agricole, ha lanciato un Comitato a favore del Sì insieme ad altri esponenti del settore agrario, e anche un prodiano e ora filo-renziano come il consigliere regionale del Pd in Emilia-Romagna, Gianni Bessi, molto attivo sui temi energetici, è in prima linea per il Sì (qui il suo intervento su Formiche.net). Guai poi a dimenticarsi dell’ex ministro della Difesa Arturo Parisi, che ha espresso la sua posizione in un’intervista a la Stampa, mentre anche tra i filo-Prodi più spostati a sinistra c’è chi sceglie di sostenere il referendum, come l’ex assessora bolognese Amelia Frascaroli, amica personale della moglie dell’ex premier Flavia Franzoni. E parole di apprezzamento per l’impostazione della riforma costituzionale – ma senza esagerare troppo – le ha espresse nei giorni scorsi a Roma in un seminario I-Com l’economista prodiano Patrizio Bianchi, già presidente di Sviluppo Italia (l’attuale Invitalia), attuale assessore alla ricerca dell’Emilia Romagna.

C’E’ CHI DICE NO

Non ci sono però soltanto i prodiani del Sì. Ci sono anche prodiani, o ex, convinti del No. Caso emblematico quello del deputato dem Franco Monaco, che mesi fa ha paventato ipotesi di scissione del Pd, poi in estate ha firmato il manifesto del No insieme ad altri nove parlamentari del Pd. Che dire poi di Mario Barbi, ex parlamentare di Ulivo e Pd, ora addirittura alla testa di un Comitato del No (Riformisti per il No – Noi della grande riforma) insieme a due socialisti di centrodestra come Stefania Craxi e Stefano Caldoro (qui il suo intervento su Formiche.net).
Non bastasse, pure chi porta il cognome Prodi ha annunciato il No al referendum; chiedere alla consigliera regionale del Pd in Emilia-Romagna, Silvia Prodi. Figlia di Quintilio Prodi, fratello dell’ex premier, questa ex civatiana non ha mai fatto mistero delle sue posizioni antirenziane. Proprio ieri si è aggiunto a questa schiera un big della famiglia come Paolo Prodi, fratello maggiore dell’ex premier, già rettore dell’Università di Trento e tra i fondatori de Il Mulino: al Corriere della Sera ha spiegato di votare No al referendum perché “questa riforma è scritta molto male ed è praticamente incomprensibile”. Probabile, infine, che all’elenco di prodiani per il No si aggiunga in extremis anche Rosy Bindi; per il momento ha fatto sapere di avere molti dubbi sul referendum.

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