Venerdì scorso il ministro dell’Educazione israeliano, Naftali Bennett, ha deciso di congelare ogni tipo di collaborazione tra lo Stato ebraico e l’Unesco, dopo che l’Agenzia delle Nazioni Unite per la cultura ha deciso di classificare ufficialmente come musulmani alcuni luoghi di culto cari alla tradizione ebraica. La controversa decisione è stata presa in seno alla 200esima sessione del Consiglio esecutivo dell’Unesco, conclusasi ieri. La sessione, che si è aperta il 4 ottobre, è terminata con una risoluzione intitolata Palestina occupata, e le conseguenze che da questa sono derivate.
CHI HA VOTATO COME
A votare in favore del testo sono stati: Algeria, Bangladesh, Brasile, Chad, Cina, Republica dominicana, Egitto, Iran, Libano, Malesia, Marocco, Mauritius, Messico, Mozambico, Nicaragua, Nigeria, Oman, Pakistan, Qatar, Russia, Senegal, Sud Africa, Sudan e Vietnam. Estonia, Germania, Lithuania, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti hanno votato contro, mentre Albania, Argentina, Cameroon, El Salvador, Francia, Ghana, Grecia, Guinea, Haiti, India, Italia, Costa d’Avorio, Giappone, Kenya, Nepal, Paraguay, Saint Vincent e Nevis, Slovenia, Sud Corea, Spagna, Sri Lanka, Svezia, Togo, Trinidad del Tobago, Uganda e Ucraina si sono astenuti. Serbia e Turkmenistan erano assenti.
RIPRISTINARE LO STATUS QUO
Nella sezione dedicata alla Moschea di Al-Aqsa e alla zona circostante, il Consiglio esecutivo dell’Unesco “chiede a Israele, la potenza occupante, di rendere possibile il ripristino dello status quo vigente prima di settembre 2000, e secondo cui il ministero giordano degli Affari islamici e dei luoghi sacri esercitava l’autorità esclusiva sulla Moschea di Al-Aqsa/Al-Haram AlSahrif […]”.
Nella storia moderna Gerusalemme, crocevia del culto religioso monoteistico-abramitico, è stata oggetto di una costante contesa, soprattutto da parte ebraica e musulmana. Sebbene il piano di spartizione dell’Onu del 1947 prevedeva che Gerusalemme costituisse un territorio internazionalizzato, con lo scoppiare del conflitto israelo-palestinese la città si ritrovò divisa in due zone: quella occidentale a maggioranza ebraica, e controllata da Israele, e quella orientale, a maggioranza arabo-musulmana, e controllata dalla Giordania. Con la Guerra dei sei giorni, tuttavia, Israele occupò anche Gerusalemme Est. A settembre del 2000, poi, Ariel Sharon, allora capo dell’opposizione, accompagnato da uomini armati, fece il suo ingresso nella Spianata delle moschee di Gerusalemme, il cuore dell’area contesa tra le due fazioni, scatenando violente reazioni che sfociarono nello scoppio della Seconda intifada.
LA CONDANNA CONTRO ISRAELE
Il testo provvisorio della risoluzione prosegue condannando con vigore “le aggressioni e le misure illegali adottate da Israele contro il ministero giordano degli Affari islamici e dei luoghi sacri e il suo personale e contro la libertà dei musulmani di accedere e pregare presso il luogo sacro della moschea di Al-Aqsa/Monte del Tempio”. Il Consiglio esecutivo dell’Unesco chiede, inoltre, “a Israele, la potenza occupante, di rispettare lo storico status quo [di Gerusalemme] e di porre immediatamente fine a questa condotta”. La bozza “disapprova i continui assalti alla Moschea di Al-Aqsa/Monte del Tempio [Spianata delle moschee] condotti da parte degli estremisti israeliani di estrema destra e chiede a Israele, la potenza occupante, di porre in essere le necessarie misure per prevenire abusi che violano la santità e l’integrità della moschea di Al-Aqsa/Monte del Tempio [Spianata delle moschee]”.
IL PONTE MUGHRABI E L’ACCESSO ALLA MOSCHE DI AL-AQSA/MONTE DEL TEMPIO
Una sezione della bozza della risoluzione approvata la scorsa settimana è dedicata al ponte Mughrabi, da cui prende il nome l’omonima entrata, e che collega il Muro del pianto con il Monte del Tempio. Secondo il testo “l’entrata Mughrabi è una parte integrale e indivisibile della Moschea di Al-Aqsa/Monte del Tempio [Spianata delle moschee]” e per questo il Consiglio “disapprova le continue misure adottate unilateralmente da Israele riguardo l’entrata Mughrabi, inclusi i lavori effettuati a febbraio 2015”.
RICOSTRUZIONE E SVILUPPO DI GAZA
Nella bozza di risoluzione approvata dal Consiglio escutivo dell’Unesco c’è anche una sezione dedicata a Gaza. Il testo recita che l’organo dell’agenzia “condanna gli scontri militari all’interno e nei pressi della Striscia di Gaza e le vittime civili che questi hanno causato, inclusi l’uccisione e il ferimento di centinaia di palestinesi, tra cui bambini”. Il Consiglio “disapprova i continui blocchi che Israele impone alla Striscia di Gaza, che colpiscono negativamente la libertà di movimento delle persone e degli aiuti umanitari, così come l’intollerabile numero di vittime tra i bambini palestinesi, gli attacchi alle scuole e ad altre strutture finalizzate all’educazione, e chiede a Israele, la potenza occupante, di attenuare immediatamente il blocco”.
LA GROTTA DEI PATRIARCHI E LA TOMBA DI RACHELE
La parte conclusiva della bozza è dedicata alla Grotta dei Patriarchi e alla Tomba di Rachele, la prima sita in Cisgiordania e la seconda a Bethlemme. I due luoghi di culto sono noti nella religione musulmana rispettivamente come moschea di Ibrahimi e moschea di Bilal bin Rabah.
Secondo quando decretato dal Consiglio esecutivo entrambi i siti, il cui valore viene riconosciuto dalla comunità internazionale per tutte e tre le religioni abramitiche, sono considerati parte integrante della Palestina. Il testo condanna la costruzione illegale, da parte di Israele, di strade per i coloni e di un muro all’interno della città vecchia di Hebron/ Al-Khalil (West Bank) che impattano negativamente sull’integrità del sito e privano la gente del posto della libertà di movimento. La bozza di risoluzione condanna anche “l’impatto visivo che il muro di separazione ha sul sito della Tomba di Rachele/ moschea di Bilal bin Rabah e le restrizioni imposte ai cristiani palestinesi e ai fedeli musulmani per accedere allo stesso”.