Un tentativo di far sbocciare una nuova primavera nella Chiesa americana per convertirla all’agenda progressista. E’ quanto emerge da Wikileaks, con due blocchi di documenti trapelati nei giorni scorsi. Scambi di mail che coinvolgono i vertici di think tank democratici e i principali responsabili della campagna elettorale di Hillary Clinton. Un caso che ha fatto infuriare alcuni vescovi Usa che hanno chiesto alla Clinton di dissociarsi. Ad oggi, nessuna risposta ufficiale. Nell’ultimo confronto tv con Donald Trump, di Wikileaks si è discusso: ma Clinton ha spostato il discorso sulla pirateria informatica, giocando la carta delle responsabilità russe e senza entrare nel merito dei documenti. Nessun cenno alle email “religiose” del suo staff.
I PROTAGONISTI DEGLI SCAMBI EPISTOLARI
Al centro della vicenda ci sono i nomi di John Podesta, cattolico liberal, democratico da sempre, già stretto collaboratore di Bill Clinton e oggi presidente della campagna elettorale di Hillary. Cattolica è anche la direttrice della campagna di comunicazione della Clinton, Jennifer Palmieri. C’è poi l’amico di Barack Obama, Sandy Newman, di Voices for progress, e John Halpin del Center for american progress. Nei messaggi di posta elettronica, i cattolici fedeli al magistero sono variamente ridicolizzati per essere arretrati e responsabili di un imbastardimento della fede; i vescovi tacciati di essere dittatori medievali. Oltre ad altre amenità, come l’ironia verso Rupert Murdoch, deriso per avere scelto di far battezzare i figli nel fiume Giordano.
Sullo sfondo, mai citato, c’è George Soros, il miliardario e filantropo di origine ungherese, gran finanziatore di movimenti progressisti favorevoli ad aborto, controllo delle nascite e matrimonio gay; molto indaffarato a spostare le priorità della Chiesa cattolica americana dai temi di vita e famiglia verso impegni più sociali.
WIKILEAKS SVELA LE MAIL DELLO STAFF DI CLINTON
Dagli account di posta elettronica violati da Wikileaks, si legge uno scambio di mail dell’11 febbraio 2012. Sandy Newman, attivista progressista non cattolico, scrive a Podesta chiedendo suggerimenti per “piantare i semi di una rivoluzione”, per una “primavera” nella Chiesa cattolica. Obiettivo: far cambiare idea ai vescovi Usa su contraccezione, aborto e promuovere l’uguaglianza di genere. Chiara la risposta di Podesta: per fare una rivoluzione si deve lavorare dall’interno, dal basso verso l’alto. E per questo – ricorda – abbiamo creato (sottinteso: noi democratici) i Catholics in alliance for the common good e nella stessa direzione lavora Catholics united. Due gruppi di pressione dell’ampia galassia dei movimenti progressisti americani.
Un donatore importante per finanziare le cause è il filantropo Soros. Attraverso la sua fondazione, nel 2005-06 ha donato a Catholics in alliance 50mila dollari all’anno. Nel 2007-8 la somma è salita a 100mila all’anno. Altri 300 mila dollari sono finiti a Catholics for a free choice, un’associazione di cattolici pro aborto. Lo stesso Soros, sappiamo da un altro gruppo di documenti di Wikileaks pubblicati in estate, ha donato 650mila dollari per la visita del 2015 di papa Francesco negli Usa. Tra i beneficiari, anche il Pico (People improving communities through organising), di cui è sostenitore il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, uno degli uomini più vicini al papa.
Scopo: influenzare e favorire la creazione di un fronte di vescovi che si dissocino dal cultural warrior dell’episcopato statunitense e siano più in sintonia con Bergoglio sui temi della giustizia economica e l’uguaglianza. Anzi – si legge in un documento – influenzare lo stesso papa, coinvolgendolo attraverso il cardinal Maradiaga. Effetto sottinteso: emarginare la gerarchia episcopale più conservatrice, come l’ancora molto influente Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia. Ha scritto padre Robert Sirico, fondatore dell’Istituto Acton: Soros ha solo intenzioni grossolane verso i cattolici che vede come “utili idioti”.
LIBERAL E CONSERVATORI ALLA PROVA DEL NOVE
L’impegno di allora non è diverso da quello di oggi, nello scontro tra due visioni teologiche e politiche. I liberal sembra possano brindare per la vittoria in questa partita. Leggono le ultime nomine pontificie come un chiaro segnale all’episcopato Usa perché cambi rotta. Nel concistoro del 19 novembre, nel quale Francesco farà cardinali ben tre vescovi americani, il conservatore Chaput non riceverà la berretta. Tra i promossi alla porpora troviamo invece due progressisti: Blase Cupich, arcivescovo di Chicago – che in passato aveva scoraggiato clero e fedeli a recitare il rosario davanti alle cliniche abortiste – e Joseph Tobin, arcivescovo di Indianapolis, rispedito in patria nel 2012 dopo che nella Curia romana aveva appoggiato il fronte delle suore ribelli della Leadership conference of women religious. Con la porpora, Tobin viene oggi ampiamente riabilitato.
“VESCOVI MEDIEVALI E CONSERVATORI ARRETRATI”
John Halpin, del Centre for american progress (Cap), in una mail sorride del conservatorismo dei cattolici, arretrati sulle relazioni di genere, impegnati a leggere “Tommaso d’Aquino o a parlare di sussidiarietà, e completamente all’oscuro dell’autentica democrazia cristiana”. Il Cap è un altro think tank del mondo democratico, fondato dallo stesso Podesta nel 2003 e finanziato nel 2007 da Soros per aiutare la vicina campagna elettorale in favore di Obama. Nel 2015 ha ottenuto donazioni anche dall’ambasciata degli Emirati Arabi, per una cifra superiore al mezzo milione di dollari.
LA PROTESTA DELL’EPISCOPATO
Messaggi brutti, li ha definiti monsignor Charles Chaput, invitando la Clinton a dissociarsene. “Noi cattolici dal pensiero arretrato – ha scritto ironicamente – le saremmo grati”. Dichiarazione non meno forte quella dell’arcivescovo Joseph Kurtz di Louisville, Kentucky, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti: secondo i documenti trapelati con Wikileaks, “alcuni possono avere cercato di interferire nella vita interna della Chiesa per un guadagno politico a breve termine. Se fosse vero, questo è preoccupante sia per il benessere delle comunità di fede che per il bene del nostro paese”. Anche il cardinale di New York, Timothy Dolan, ha ufficialmente chiesto al candidato democratico di smarcarsi dalle dichiarazioni anticattoliche del suo staff. “Se fosse stato detto a proposito della comunità ebraica o islamica, in 10 minuti ci sarebbe stata una scusa e un allontanamento completo da queste osservazioni”, ha detto in una intervista a News Channel 13. Appunto che non ha impedito a sua eminenza di sedere tra Clinton e Trump all’annuale Al Smith Dinner, cena di beneficenza organizzata dall’arcidiocesi di New York, dove non sono mancati alcuni frizzi tra Mrs Hillary e Mr Donald dopo il gelo di meno di ventiquattro ore prima nel dibattito in tv.
COSA SIGNIFICA TUTTO QUESTO INSIDER DENTRO LA CHIESA AMERICANA?
I protagonisti della vicenda si definiscono cattolici liberal, difendono le loro posizioni progressiste su divorzio, matrimonio gay, contraccezione e aborto, giudicandole le più diffuse nella base della Chiesa americana. Ha osservato in un’intervista l’economista cattolico e già presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi che questa “rivoluzione nella Chiesa avviene anzitutto all’interno della stessa, grazie al progressismo teologico”.