“Valutazione di tutte le opzioni disponibili qualora le atrocità continuino”, è questo quello che scrivono i leader UE, riuniti giovedì per il Consiglio europeo, a proposito della reazione alle attività del regime siriano e dei suoi alleati. Non ci saranno nuove sanzioni, perché, come ha spiegato il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz “manca l’unanimità”. Esce infatti una posizione molto più morbida e interlocutoria di quella in discussione da giorni, quando si prevedeva di alzare nuove sanzioni contro persone o entità legate alle operazioni, sia tra i russi che tra i siriani. Secondo le ricostruzioni dei media italiani sarebbe stata decisiva la posizione dell’Italia (uscita “durante la cena a porte chiuse” scrive Repubblica): “Non ha senso parlare di sanzioni alla Russia”, è stato il commento del premier Matteo Renzi, che ha aggiunto che in questa fase “tutti concordiamo che bisogna fare tutte le pressioni possibili perché si possa arrivare ad un accordo in Siria”.
Possibile che sulla decisione finale di Bruxelles abbia influito anche la timida apertura di Mosca, che da giovedì ha concesso un pausa – apparentemente rispettata – dei bombardamenti su Aleppo per permettere il passaggio degli aiuti umanitari. Lo stop andrà avanti per quattro giorni, per 11 ore al giorno, ma il problema è che, come ha raccontato un’insegnante alla BBC, nessuno sta lasciando la città. Ossia, il piano che prevedeva l’apertura di otto corridoi come via di fuga e passaggio degli aiuti non funziona bene, perché in molti tra gli abitanti di Aleppo temono ritorsioni dei governativi una volta usciti dalle aree assediate, altri hanno proprio deciso di non cedere un millimetro nella battaglia (mentre i media russi ritengono che in realtà siano i gruppi più radicali, come l’ex qaedista al Nusra, che impediscono il passaggio delle persone, minacciandoli).
Fatto sta che rispetto alla prima bozza del documento UE – decisa nella riunione dei ministri degli Esteri di lunedì – dove si parlava di “sanzioni” contro vertici del regime siriano, giovedì Germania, Francia e Gran Bretagna avevano proposto un ampliamento che includesse anche gli alleati, ossia i russi. Ma il fronte guidato da Roma, e composto anche da Spagna, Grecia, Austria e Cipro, si è opposto. Ora nella bozza definitiva è scritto: “Il Consiglio europeo condanna con forza gli attacchi del regime siriano e dei suoi alleati, in particolare la Russia, contro i civili ad Aleppo e chiede che mettano fine alle atrocità e prendano misure urgenti per assicurare l’accesso umanitario ad Aleppo e in altre parti del Paese”. Ovvero, si alzano i toni della condanna, senza però l’inserimento di azioni dirette, rimandate: più avanti, infatti, ci si riserva la possibilità di “misure restrittive mirate a persone ed entità che sostengono il regime siriano se le atrocità dovessero continuare”. Questo significa che c’è ancora un’altra chance messa sul piatto, una fiducia residuale nelle volontà russe di de-escaltion – la stessa fiducia che ha portato umori positivi, seppure segnati da forti difficoltà di confronto con i russi, sulla chiusura di una road map verso l’applicazione degli accordi di Minsk, dopo l’ultima riunione di mercoledì del cosiddetto “Formato Normandia”, il gruppo di lavoro tra Germania, Francia, Russia e Ucraina per risolvere la crisi del Donbass.
Si tratta di un braccio di ferro diplomatico. Roma ha preso una posizione morbida, probabilmente figlia anche delle polemiche interne scatenate dall’annuncio del dispiegamento militare in Lettonia nel quadro Nato di deterrenza e sicurezza sul fronte orientale promosso dall’alleanza. Ma la posizione dell’UE resta dura nei confronti della Russia: la richiesta è di avviare un processo di pace “credibile” immediatamente, stoppando la foga dei bombardamenti che hanno centrato spesso “obiettivi civili”. Un percorso controverso quello avviato da Mosca, perché se da un lato ha aperto tiepidamente quei corridoi umanitari ad Aleppo, dall’altro è impossibile non notare le 55mila tonnellate della portaerei “Adimiral Kuznetsov” scendere dal nord Europa per arrivare nel Mediterraneo orientale, dove – secondo una missione prevista già da luglio – i suoi 30 velivoli tra caccia ed elicotteri d’attacco rinforzeranno ulteriormente la presenza militare russa in Siria (che già in queste ultime settimane s’è andata consolidando).
La necessità di andare oltre le parole, con cui la Cancelliera tedesca Angela Merkel si era presenta al vertice europeo, non è comunque passata. Anche il francese François Hollande aveva una posizione analoga, sostenuta pure dalla neo-prima ministro inglese Theresa May. Londra sta negli ultimi tempi usando il tema della politica estera, e della durezza dei rapporti con Mosca, per mantenere aperto il dialogo con la UE e contemporaneamente per non perdere il contatto con gli Stati Uniti. Ma per il momento a spuntarla è stato l’atteggiamento dialogante di Roma: il Guardian ha scritto che il piano duro, che incontrava anche il favore del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, “Uk-backed ha incontrato l’opposizione italiana”.