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Brexit, ecco come e perché le banche estere guardano anche a Milano

Le banche internazionali scappano da Londra? Potrebbe essere un bene per gli altri Paesi. “Direi che l’Eba, la European Banking Autorithy potrebbe trovare a Milano una felice collocazione”, dice a Formiche.net Guido Rosa, il presidente di Aibe (l’associazione delle banche estere in Italia). Rosa lascia intendere che la prossima City d’Europa potrebbe essere in Italia. Ovviamente è una provocazione ma l’idea non è del tutto da escludere, visto che l’intenzione di lasciare Londra, intanto, è stata ufficializzata sul giornale britannico Observer dal capo della British Bankers’ Association (Bba), Anthony Browne. I grandi istituti programmano l’uscita per il primo trimestre del 2017, quelli più piccoli sono pronti a farlo prima di Natale. Non è un segreto che all’epoca del referendum sulla Brexit le banche fossero schierate per il Remain e oggi sono preoccupate dall’incertezza circa le condizioni della permanenza del Regno Unito nel mercato unico.

EFFETTI DELLA RINEGOZIAZIONE DEI RAPPORTI CON L’UE

Questione di cui, insieme alle altre inerenti la rinegoziazione dei rapporti con l’Ue, il premier Theresa May inizierà a parlare a marzo con Bruxelles. L’Ue vuole che la Gran Bretagna accetti la libera circolazione delle persone sul suo territorio, in cambio di concessioni a operare nel mercato unico in maniera altrettanta libera: e su questo il confronto sarà serrato. Ma le banche non possono aspettare e infatti come ha detto Browne stanno lavorando “per capire quali attività devono essere trasferite fuori dalla Gran Bretagna entro quando e come, in modo da continuare a servire la clientela” senza interruzioni.

OPERARE NELL’UE DA LONDRA 

“Oggi le banche internazionali extracomunitarie (ad esempio gli istituti giapponesi o cinesi, ma non solo) – spiega Rosa (nella foto) a Formiche.net – possono operare sul territorio Ue, e dunque anche in Italia, attraverso la sede di Londra; riescono cioè a ottenere lo status comunitario in quanto filiali della branch londinese. Con Brexit, soprattutto se sarà una uscita dura, questo sistema non sarà più percorribile e le stesse banche dovranno trovare una nuova collocazione all’interno di un Paese Ue”. Anche perché il regime di equivalenza che May potrebbe strappare a Bruxelles non corrisponde al passaporto europeo, ma include solo una piccola parte dei servizi bancari e può essere revocato in qualsiasi momento.

IRLANDA, FRANCIA, GERMANIA… O ITALIA?

Ovviamente questa scelta costerà alla City molto: Londra impiega 2 milioni di persone nella finanza e produce, da questo settore, il 12% del Pil nazionale. Ricchezza che almeno parzialmente finirà altrove. Dove? “Nel grande risico internazionale – risponde Rosa – molte banche stanno guardando all’Irlanda, altre a Parigi o Berlino, dove peraltro c’è già la sede della Banca Centrale Europea. Anche Milano può giocarsi qualche carta; non solo è una grande piazza finanziaria ma è anche una città attraente per gli stranieri con buoni servizi ed una qualità della vita elevata. Purtroppo ci sono anche alcuni “contro” che non dipendono dalla città in quanto tale ma dal funzionamento de sistema Paese nel suo complesso; penso alla burocrazia, al sistema di tassazione, al funzionamento della giustizia civile”.

Chissà se l’efficienza meneghina farà superare questi meta-ostacoli alle banche in fuga da Union Jack.

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