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Cosa non capisco del malsano dibattito sulle pensioni

Tito Boeri, malati, inps

Il vero aspetto malsano del dibattito sulle pensioni è anche un altro, oltre quello sui lavori gravosi di cui ho parlato qui. Si sta tornando all’idea di un sistema previdenziale pubblico come riparatore dei torti che un lavoratore subisce prima di varcare la fatidica soglia della quiescenza. Grande è la responsabilità delle parti sociali. Se gli andamenti demografici e le loro conseguenze sul mercato del lavoro – prima ancora che l’equilibrio dei conti pubblici – pretendono un prolungamento della vita attiva, diventa necessario adottare, tramite la stessa contrattazione collettiva (come hanno iniziato a fare in Germania) misure di organizzazione del lavoro, di regime degli orari, di riqualificazione professionale dei lavoratori “anziani’’ per consentire loro di fornire un contributo – sempre importante – adeguato alle loro condizioni. Si fa in questi casi l’esempio dell’edile sessantacinquenne che si arrampica sui ponteggi. E che, per questo motivo, deve andare necessariamente in pensione prima. Il problema potrebbe adeguatamente risolversi affidandogli negli ultimi anni di lavoro – in cantiere – mansioni più pertinenti (che esistono e che non vanno inventate apposta). Del resto, il jobs act ha introdotto una nuova disciplina del demansionamento anche per affrontare questi casi. Il medesimo ragionamento può essere fatto per le maestre della scuola d’infanzia. I loro problemi possono essere affrontati in termini di turni di lavoro e di organici. Se sono in due maestre, anziché una sola, ad accudire 10 bambini, anche la fatica fisica e lo stress si dimezza.

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Un tempo i sindacati contrattavano l’organizzazione e l’ambiente di lavoro con l’obiettivo di salvaguardare la salute e l’integrità fisica del lavoratore. Oggi trovano più facile risolvere il problema anticipando la pensione. Perché allora non cambiare nome all’INPS? Lo chiameremo Zorro, il vendicatore. Tito Boeri ha pure il fisico adatto per indossare quel costume.

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Nell’applicazione della legge sulla “Buona scuola” si lamenta il ricorso in massa degli insegnanti alla assistenza di un familiare disabile, come riconosciuto dalla famigerata legge n.104, per sottrarsi al trasferimento (loro dicono alla “deportazione’’). Eppure questa facoltà – sia pure in termini più rigidi, ma egualmente eludibili – è stata inclusa, nel disegno di legge di bilancio, tra le condizioni che consentono di avvalersi degli “sconti’’ sull’età di pensionamento.



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