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Show-off russo, anche tre sottomarini verso il Mediterraneo

Ci sono tre sottomarini da attacco russi che stanno scendendo dai mari artici verso il Mediterraneo. Si tratta di due classe Akula, a propulsione nucleare, e di un Kilo diesel: secondo il Sunday Times sono entrati nel Nord Atlantico la scorsa settimana, dopo essere partiti da alcuni porti della penisola di Murmansk, nella Russia settentrionale. Il giornale inglese scrive che la Royal Navy ne ha tracciato gli spostamenti. La Marina di Sua Maestà è stata nel corso di queste due ultime settimane impegnata in attività di monitoraggio e scorta alla portaerei “Admiral Kuznetsov”, scesa da un porto della penisola di Murmask per arrivare (a breve) in Siria – ora si trova con il suo gruppo da battaglia composto da nove navi a largo della Sicilia, davanti alle coste nordafricane. L’attività di controllo a stretto contatto è stata condivisa da Londra con varie altre imbarcazioni dei Paesi Nato più prossimi alla rotta attraversata (Svezia, Norvegia, Portogallo, Spagna, Francia).

Sia gli Akula che i Kilo possono essere armati con missili da crociera Kalibr. Lo scorso anno il classe Kilo “Rostov na Donu” ha lanciato diversi di questi missili contro obiettivi in Siria, prima di compiere varie manovre di addestramento, con diversi lanci, sul Mar di Barents. I tre sottomarini dovrebbero unirsi alla task force che oltre alla portaerei comprende già incrociatori lanciamissili e cacciatorpediniere a propulsione nucleare. È molto probabile che l’obiettivo della missione sia rinforzare il supporto aereo e di fuoco del regime siriano, per dare l’ultima spallata su Aleppo, dove da qualche giorni i ribelli hanno ripreso un’offensiva congiunta per rompere l’assedio che li chiude nella porzione orientale della città.

Ci sono tuttavia anche analisi di taglio diverso: per esempio, il ricercatore Andrew Fink dell’Università di Leiden in Olanda, che si occupa di analizzare le dinamiche delle propagande di governo con un’attenzione particolare alla Russia, in un articolo uscito sul sito dello US Navy Institute sostiene che il grande movimento di navi da guerra ordinato da Mosca potrebbe anche avere uno scopo diverso. Attualmente infatti i media statali russi preferiscono parlare di Siria anziché di Ucraina, utilizzando la situazione nello stato mediorientale come un modo per dipingere l’impegno internazionale di Mosca, declinazione anti terrorismo globale, un campo ostico per l’Occidente e su cui – a detta dei media finanziati dal Cremlino – il presidente Vladimir Putin sta dando prova del suo valore. Dunque, schierare la grande task force navale significherebbe dare ulteriore risalto a questa linea, fosse anche che gli aerei della Kuznetsov restino fissi sul ponte e i missili degli altri battelli nelle stive, la propaganda è la vera chiave di volta del potere putiniano.

Di più, scrive Fink: “Si tratta di una opportunità per la propaganda russa per suggerire che la marina russa appare ancora una minaccia per i nemici tradizionali della Russia in Occidente”, una sottolineatura in un momento critico dei rapporti tra due dei grandi poli globali. (E questo nonostante la Flotta del Nord – quella di cui fanno parte la portaerei, le altre navi e i sottomarini – è vetusta e inadatta ad attività in acque come quelle Mediterranee).

Infine un terzo motivo: cercare, nonostante tutto, di commercializzare qualche pezzo di rilievo utilizzando le operazioni in Siria come una sorta di depliant militare. A marzo il quotidiano russo Kommersat parlava di un “effetto marketing” della campagna siriana, considerando entrate per 6-7 miliardi di dollari, con Algeria, Indonesia, Vietnam e persino il Pakistan (che da tempo ha acquistato aerei militari dalla Cina e Stati Uniti) intenzionati ad acquistare Sukhoi, sia caccia che bombardieri. Per esempio, nel mese di dicembre scorso, Sergei Smirnov, direttore della fabbrica di Novosibirsk che produce i Sukhoi, ha detto al giornale economico russo Vedomosti che l’Algeria aveva già presentato un’opzione per i Su-32, versione da esportazione dei Su-34 visti in Siria. Oppure, l’annuncio del ministro della Difesa indonesiano Ryamizard Ryacudu, che ha fatto sapere a marzo che il suo paese avrebbe acquistato alcuni Su-35 per sostituire i vecchi F-5 americani – 24 Su-35 saranno comprati anche dalla Cina, in un contratto dal valore di 2 miliardi di dollari e secondo IHS Jane altri dal Pakistan.

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