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Il Venezuela traballa, Nicolás Maduro balla

Maduro venezuela

Mentre il governo venezuelano e l’opposizione cercavano di dare il via ai negoziati, anche grazie alla mediazione del Vaticano e dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur), il presidente Nicolás Maduro ballava in diretta tv “la salsa”, tenendosi stretta la moglie Cilia Flores. Lo show è stato trasmesso in diretta tv, radio e continuerà ad andare in onda dal lunedì al venerdì, per ben due ore, dalle 12 alle 14. Il programma si chiama “La Hora de la Salsa” e sarà condotto dal capo di Stato in persona. Si occuperà del noto genere musicale latinoamericano che, proprio secondo Maduro, è stato poco studiato fino ad ora. La Hora de la Salsa cerca di “condividere la nostra cultura caraibica meticcia, l’anima di un popolo che l’oligarchia non potrà capire mai”, ha spiegato Maduro. “Il programma sarà itinerante – ha aggiunto –, mi collegherò dall’Arabia Saudita, Mosca, Pechino o La Habana”. Collegamenti satellitari che pagherà lo Stato venezuelano, nonostante il rischio default.

DATI DI UNA CRISI ANNUNCIATA

Forse scegliere di condurre un programma di natura musicale in un momento di tensioni politiche fa parte di una tecnica dispersiva o di una strategia di comunicazione. Il programma, però, non è stato ben accolto dai venezuelani. Negli ultimi mesi la crisi economica e sociale è diventata insostenibile. Il Venezuela è ormai uno dei Paesi più violenti al mondo: nel 2015 ci sono stati 27.875 omicidi e per il 2016 si stima che ci saranno tra i 22.000 e i 27.000 morti, secondo l’Osservatorio della Violenza. Questo significa che l’indice di criminalità in Venezuela è quattro volte quello del Brasile. L’inflazione annua è del 750 per cento (cifra stimata dall’Economist e dal Financial Times); mancano generi alimentari, personale medico e i black out sono all’ordine del giorno. L’indice di povertà è del 72 per cento e lo stipendio minimo è equivalente a 30 dollari. Negli ultimi anni del boom petrolifero sono scomparsi miliardi di dollari dalle casse dello Stato (qui l’approfondimento di Formiche.net). Il governo attribuisce la responsabilità all’impero americano e al capitalismo, ma di chi è realmente la colpa?

PROVE TECNICHE DI DIALOGO

La notte del 24 ottobre, Maduro è stato ricevuto in Vaticano da Papa Francesco, in un’udienza privata di mezz’ora. Secondo il presidente venezuelano si è parlato dell’emergenza migranti in Europa, dello sfruttamento dei popoli e di inclusione sociale. I due si sarebbero scambiati libri, abbracci e buoni auguri. Da quel momento, però, è partita la corsa per il dialogo tra la Mesa de Unidad Democrática (Mud), coalizione d’opposizione in Venezuela, e il governo. Dopo diversi incontri preparatori, il 30 ottobre è stato avviato ufficialmente il Tavolo di Dialogo con Mediazione Internazionale. Non sono mancate le critiche e le polemiche, giàcché tra il 2002 e il 2003 c’era stato un esperimento molto simile che non ha prodotto nessun risultato. Questa volta, però, il ruolo della Chiesa lascia ben sperare.

IL RUOLO DI PAPA FRANCESCO 

“Il dialogo è l’unico cammino per risolvere i conflitti. Scommetto tutto a favore del dialogo in Venezuela, con tutto il cuore. Entrambi le parti ci hanno chiesto che la Santa Sede fosse presente al tavolo del dialogo e abbiamo nominato all’arcivescovo Emil Paul Tscherrig, con il sostegno di monsignore Claudio Maria Celli”, ha detto Papa Francesco nel volo di rientro dal viaggio in Svezia. Papa Francesco si è complimentato con gli ex presidenti José Luis Rodríguez Zapatero (Spagna), Martín Torrijos (Panama) e Leonel Fernández (Repubblica Dominicana), per il loro contributo nel processo di dialogo in Venezuela.

DIVISIONI DELL’OPPOSIZIONE

Uno dei primi effetti dei negoziati tra il governo e l’opposizione è la frattura interna alla Mud. Sedici dei partiti che fanno parte della coalizione hanno detto che non ci sono le condizioni per dialogare. Prima di tutto è necessaria la convocazione del referendum revocatorio. Il partito al potere, Voluntad Popular, ha votato in Parlamento a favore della proroga del processo sulla responsabilità di Maduro nella crisi politica ed economica del Paese. “Abbiamo votato, ma speriamo che questa posticipazione non sia eterna”, ha dichiarato il deputato di Vp, Freddy Guevara.

IL PREZZO DEL DIALOGO

“Tutti paghiamo un costo politico nel sederci al tavolo dei negoziati e così dobbiamo assumerlo”, ha detto il presidente del Parlamento, Henry Ramos. È stata sospesa anche la manifestazione programmata per giovedì 2 novembre davanti a Miraflores, il palazzo del governo venezuelano. Come gesto di distensione, il governo ha rilasciato cinque prigionieri politici: Marco Trejo, Andrés Moreno, Carlos Melo, Andrés León e Coromoto Rodríguez. Ne restano in carcere altri 116.

LA RESISTENZA DI LÓPEZ

Tra quelli che sono rimasti dietro alle sbarre c’è Leopoldo López, (qui il ritratto di Formiche.net), leader dell’opposizione, arrestato due anni fa e condannato a 13 anni, 9 mesi, 7 giorni e 12 ore di carcere per incitazione all’odio e alla violenza durante una manifestazione dell’opposizione.

Attraverso la moglie, Lilian Tintori, López aveva dichiarato: “Il dialogo non è possibile dopo che è stato sospeso il referendum revocatorio, rubando al popolo il diritto di esprimersi”.  Tintori ha denunciato che il leader dell’opposizione è in isolamento da 150 ore. Per avere una prova delle condizioni di salute del marito, insieme a decine di persone, ha urlato fuori dal carcere di Ramo Verde verso una delle celle di isolamento. López ha risposto: “Forza!”. Intanto, Maduro continuerà a ballare la salsa in tv.



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