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Tutte le ultime bordate di Papa Francesco su banche, terrorismo e migranti

Jorge Maria Bergoglio

Intervenuto sabato pomeriggio in Vaticano in occasione del Terzo incontro mondiale dei movimenti popolari, Papa Francesco ha tenuto un discorso che al centro ha avuto la condanna dell’idolatria del dio denaro. Denaro che, ha detto, “governa con la frusta della paura, della disuguaglianza, della violenza economica, sociale, culturale e militare che genera sempre più violenza in una spirale discendente che sembra non finire mai”.

IL TERRORISMO DEL DIO DENARO

C’è, ha osservato, “un terrorismo di base che deriva dal controllo globale del denaro sulla terra e minaccia l’intera umanità”, e di questo terrorismo “si alimentano i terrorismi derivati come il narco-terrorismo, il terrorismo di stato e quello che alcuni erroneamente chiamano terrorismo etnico o religioso. Ma nessun popolo, nessuna religione è terrorista!”, ha quindi detto il Papa, benché subito abbia aggiunto che “è vero, ci sono piccoli gruppi fondamentalisti da ogni parte. Ma il terrorismo inizia quando hai cacciato via la meraviglia del creato, l’uomo e la donna, e hai messo lì il denaro”.

L’UMANITA’ TERRORIZZATA

Bergoglio ha quindi rievocato perfino Pio XI per denunciare “l’imperialismo internazionale del denaro” e Paolo VI per condannare “la nuova forma abusiva di dominio economico sul piano sociale, culturale e anche politico”. Sono parole dure, ha ammesso il Pontefice, “ma giuste. Tutta la dottrina sociale della chiesa e il magistero dei miei predecessori si ribella contro l’idolo denaro che regna invece di servire, tiranneggia e terrorizza l’umanità”.

SUI MIGRANTI SITUAZIONE “OBBROBRIOSA”

Sul dramma dei migranti, l’affondo più duro: “Questa è una situazione obbrobriosa, che posso solo descrivere con una parola che mi venne fuori spontaneamente a Lampedusa: vergogna”. Persone “esiliate dalla loro terra per motivi economici o violenze di ogni genere, folle esiliate a causa di un sistema socio-economico ingiusto e delle guerre che non hanno cercato, che non hanno creato coloro che oggi soffrono il doloroso sradicamento dalla loro patria, ma piuttosto molti di coloro che si rifiutano di riceverli”. “Cosa succede al mondo di oggi – s’è domandato il Papa – che quando avviene la bancarotta di una banca immediatamente appaiono somme scandalose per salvarla, ma quando avviene questa bancarotta dell’umanità non c’è quasi una millesima parte per salvare quei fratelli che soffrono tanto?”.

LA POLITICA CON LA “P” MAIUSCOLA

Francesco ha quindi insistito sul vero significato della politica, premettendo che “dare l’esempio e reclamare è un modo di fare politica, e questo mi porta al secondo tema che avete dibattuto nel vostro incontro: il rapporto tra popolo e democrazia. Un rapporto che dovrebbe essere naturale e fluido, ma che corre il pericolo di offuscarsi fino a diventare irriconoscibile. Il divario tra i popoli e le nostre attuali forme di democrazia – ha osservato – si allarga sempre più come conseguenza dell’enorme potere dei gruppi economici e mediatici che sembrano dominarle. I movimenti popolari, lo so, non sono partiti politici e lasciate che vi dica che, in gran parte, qui sta la vostra ricchezza, perché esprimete una forma diversa, dinamica e vitale di partecipazione sociale alla vita pubblica. Ma non abbiate paura di entrare nelle grandi discussioni, nella Politica con la P maiuscola”.

“DAL PAPA VALUTAZIONE PALESEMENTE SBAGLIATA”

Intervistato dalla Stampa, il sociologo Domenico De Masi si mostra critico con l’analisi di Francesco: “La parte più convincente del ragionamento del papa in cui sostiene che lo sfruttamento e le speculazioni sono la causa degli squilibri politici e sociali dai quali derivano la guerra e il terrorismo. Però poi – aggiunge De Masi – Francesco compie un passaggio logico che non trova conferme nella gran parte degli studi condotti a livello internazionale”. Una valutazione “palesemente sbagliata laddove si arrischia a sostenere che non si possa parlare di terrorismo religioso. La realtà dice il contrario. Appiattire la riflessione sul piano economico-politico e dei rapporti di potere è un tentativo infelice di ridurre la complessità del fenomeno”.


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