Donald Trump sarà il 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America. La vittoria è arrivata dopo un lungo testa a testa elettorale, in cui in realtà il candidato repubblicano è stato sempre avanti, e sconvolgendo i più affidabili sondaggi che fino alla mattina del voto lo davano al massimo con il 30 per cento di possibilità vincenti. Trump ha preso i voti dell’elettorato repubblicano, nonostante funzionari e notabili di partito gli avessero voltato le spalle, togliendogli via via l’appoggio, e nonostante si ritrovasse contro la maggior parte dei media e dei centri di potere in America. Avrà dalla sua anche il Congresso, essendosi riconfermati i repubblicani sia alla Camera che al Senato: un presidente fortissimo, con la possibilità di muoversi su qualsiasi terreno, ammesso che Trump trovi la quadra nei rapporti col partito.
GLI UOMINI DEL PRESIDENTE
Sono ore in cui stanno iniziando le analisi del voto e contemporaneamente ci si inizia a chiedere cosa farà Trump da presidente. Per esempio, chi saranno i suoi ministri? Pochissime le certezze. Oltre al nome scritto già sul ticket elettorale, quello del vice presidente Mike Pence, ex governatore dell’Indiana, molto probabile un ruolo per Rudy Giuliani: l’ex sindaco di New York è stato uno dei pochi vip del Grand Old Party a non aver abbandonato Trump durante tutta la sua corsa e dunque ci si aspetti che sia ripagato della lealtà.
IL PROGRAMMA OSCURATO
E il programma? Come farà a rendere l’America di nuovo grande, come recita il suo slogan centrale (“Make America great again”)? Anche in questo caso non c’è una chiarezza immediata, perché il candidato repubblicano ha spesso dato risposte nebulose anche a domande dirette, secondo molti osservatori. Un esempio, quando gli è stato chiesto che tipo di iniziative avrebbe preso per combattere l’Isis, lui ha detto che aveva in mano il più forte piano possibile, che avrebbe sconfitto definitivamente il Califfato, ma non ha rivelato nessun altro dettaglio – nonostante sia stato invitato a farlo – per ragioni di segretezza. In altre occasioni gli aspetti che riguardavano le sue proposte sono stati offuscati da strampalate dichiarazioni e lanci propagandistici ad effetto che hanno monopolizzato la cronaca. È successo anche sabato 22 ottobre, quando da Gettysburg (la cittadina della Pennsylvania in cui Abramo Lincoln tenne lo storico discorso il 19 novembre del 1863), Trump ha cercato di parlare di quello che avrebbe fatto nei suoi primi cento giorni da Potus. Un luogo simbolico, scelto anche per esaltare la sua presidenziabilità (e anche perché la Pennsylvania era uno stato dove andare a cercare una vittoria, arrivata), fino a quel momento considerata un punto debole del suo personaggio – erratamente, si dice adesso col senno del poi, visto le scelte degli americani. Il centro del messaggio era stato catturato sulla stampa tutto dalla prima parte dell’intervento, in cui Trump aveva minacciato reazioni contro i “probabili” brogli elettorali e denunce alle donne che lo avevano accusato di molestie (per altro, in quello stesso giorno un’undicesima donna si era fatta avanti con quelle stesse accuse).
IL CONTRATTO CON GLI AMERICANI
“Contratto con l’elettore americano” ha definito il suo programma, e sarà “rivoluzionario”. Nel discorso programmatico ha ribadito alcuni punti nevralgici della sua candidatura, essenzialmente collegati alla sua già nota politica economica protezionista. Nel primo giorno da presidente, in cui sarà “molto occupato” ha detto, vorrebbe subito imporre divieti di nuove assunzioni nelle strutture federali, deviare i fondi messi sul programma Onu per il cambiamento climatico per veicolarli in programmi sempre sul clima ma interni (cioè a solo uso americano), e iniziare subito la deportazione dei due milioni di “immigrati irregolari criminali”.
IL PROGRAMMA
Già a giugno Trump aveva fatto un discorso molto simile a quello di Gettysburg, in cui aveva elencato otto proposte, come ha ricordato il Washington Post. In primis, la nomina di giudici che difenderanno la Costituzione e le linee antiabortiste. Poi la modifica del sistema di accoglienza per proteggere i lavoratori americani, e quella dei rapporti coi paesi che beneficiano di accordi commerciali troppo favorevoli, interrompendo la delocalizzazione delle aziende. Poi l’abolizione delle restrizioni sulla produzione energetica, con connessa la riapertura del progetto Keystone XL, oleodotto la cui costruzione è stata bloccata dalla Casa Bianca nel 2015. Anche la riforma sanitaria creata da Barack Obama, l’Obamacare, sarà rivoluzionata dopo l’abolizione. Venti miliardi saranno stanziati per permettere ai genitori di ogni classe sociale di scegliere tra scuola pubblica o privata per i propri figli. Prevista una riforma fiscale e nuove regole “etiche” per la carica di Segretario di stato (una questione non del tutto chiara, probabile un tiro elettorale contro la sua avversaria Hillary Clinton, da lui accusata di agire in modo disonesto, anche quando era a capo del Dipartimento di Stato, una situazione su cui ha molto pesato lo scandalo Emailgate). “Nel discorso di sabato – scrive il WaPo – Trump ha aggiunto un’altra ventina di cose, fra cui cambiare la Costituzione per introdurre dei limiti al Congresso, rinegoziare l’accordo commerciale soprannominato NAFTA (Trattato di libero scambio nordamericano, ndr) e altri accordi simili, e l’abrogazione di ‘ogni atto esecutivo o provvedimento incostituzionale approvato dal presidente Obama’ e sospendere l’immigrazione da ‘regioni con un problema di terrorismo’”. Trump ha promesso la creazione di 25 milioni di posti di lavoro in dieci anni, tramite tagli alle tasse per la classe media e le imprese (prevista anche l’eliminazione delle tasse sugli immobili e l’aumento delle deduzioni fiscali standard): obiettivo prefissato, una crescita del 4 per cento annuo.
LA PROIEZIONE INTERNAZIONALE
Nel discorso programmatico di Gettysburg non sono state citate linee di politica estera, ma anche in questo caso è nota la usa posizione pragmatica al limite dell’isolazionismo, con possibili aperture alla Russia in controtendenza alle tensioni attuali. Sul piano dei commerci internazionali, gli accordi di libero scambio saranno (come il Tpp con i paesi del Pacifico) saranno rimessi in discussione, per essere fondati sulla difesa degli interessi americani e la protezione dell’industria nazionale. Questa è una linea che è stata battuta molto spesso durante la sua campagna – condita di accuse alla Cina e al Messico di pratiche sleali – e probabilmente uno degli aspetti che ne hanno favorito la vittoria: in molti stati gli accordi hanno permesso lo spostamento all’estero dei centri produttivi americani, lasciando migliaia di persone senza lavoro e stravolgendo il tessuto sociale. Persone che hanno visto in Trump un’ancora di salvezza.