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Veneto Banca e Popolare di Vicenza, ecco tutte le spine per il fondo Atlante di Penati

Quaestio , Alessandro Penati, Veneto Banca, Atlante

Trattive in corso per il futuro di Veneto Banca e Popolare di Vicenza dopo l’acquisizione del Fondo Atlante. Tensioni al vertice terminate con le dimissioni di Beniamino Anselmi da presidente del consiglio di amministrazione di Veneto Banca, e netta opposizione dei sindacati alla fusione tra i due istituti del Nord-Est. E nel frattempo, alcuni esperti si chiedono se la responsabilità della crisi delle due banche venete non possa essere attribuita ai giudici. Ma andiamo con ordine.

LE DIMISSIONI DI ANSELMI

Beniamino Anselmi, al vertice di Veneto Banca dall’agosto scorso, ha rinunciato alla carica di presidente e a quella di Consigliere di Amministrazione di BIM Banca Intermobiliare. Anselmi manterrà l’incarico di Consigliere di Amministrazione di Veneto Banca. “La scelta – si legge in una nota – è stata orientata dall’obiettivo di dedicare un maggiore e costante presidio dell’area Information & Communication Technology , ambito strategico che lo vede già impegnato, quale Consigliere di Amministrazione, nella società consortile informatica SEC Servizi di Padova per la sinergie da sviluppare con la Banca Popolare di Vicenza”, anche alla luce dell’avvicinamento tra Veneto Banca e la Popolare di Vicenza. Ad assumere le funzioni di presidente fino a nuova nomina, è stato il Vice Presidente Maurizio Lauri.  Secondo indiscrezioni riportate da La Stampa, Anselmi si sarebbe dimesso per disaccordi con il progetto di aggregazione con la Banca Popolare di Vicenza, anch’essa controllata dal Fondo Atlante.

COSA PREVEDE LA FUSIONE

L’operazione, che potrebbe andare in porto entro l’inizio del 2018, incontra il favore di Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza, e di Alessandro Penati (nella foto), timoniere di Quaestio Sgr, la società che controlla il Fondo Atlante, azionista dei due istituti veneti, e punta al rilancio di un istituto veneto rinnovato. Le due banche prevedono di tagliare complessivamente 600 filiali su 1.050. Ma in ballo c’è anche il nodo degli esuberi:  1.500 su più di 5mila dipendenti totali.

L’OPPOSIZIONE DEI SINDACATI

Nei giorni scorsi i sindacati hanno manifestato forte ostilità all’ipotetica fusione, quella tra Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il segretario generale Uilca Massimo Masi, dopo aver letto “di progetti, di esuberi, di licenziamenti, di piani industriali, dell’intervento di Atlante, della concertazione con BCE, di nuovi soci, dell’intervento del Governatore Zaia o del Sottosegretario Baretta”, ha ribadito “avversità alla fusione e la necessità di risanamento dei due istituti, attraverso operazioni di pulizia di bilancio, nuove politiche commerciali e credibilità del top management. Noi lanciamo questa analisi. Altre ne seguiranno nei prossimi mesi”.

LA RESPONSABILITÀ

Alla fusione sembra non esserci molta alternativa, ma di chi è la responsabilità? “Chi scrive pensa che le maggiori responsabilità vadano attribuite alla magistratura che ha ricevuto anni addietro i rapporti ispettivi dalla vigilanza della Banca d’Italia”, ha scritto l’economista Beniamino Piccone su La Voce.info, sottolineando che “una volta scoperte le irregolarità, la vigilanza non ha poteri inquirenti, che spettano ai giudici. Peccato che i giudici di Vicenza fossero così intimi dei banchieri (se possiamo chiamarli così) Zonin e Consoli (Vincenzo, ex amministratore delegato di Veneto Banca, ora – tardivamente – agli arresti domiciliari) da aver deciso di non indagare per tempo e mettere sotto accusa i responsabili di quelle pessime gestioni”.

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