“Bisogna capire che il criterio che sta dietro alla scelta di Donald Trump alle urne americane è quello del riequilibrio: l’America non può più sostenere da sola l’onere di mantenere in piedi, in equilibrio, l’ordine mondiale. Per questo vuole rivedere il dare e l’avere nei rapporti, soprattutto con gli alleati. Ed è proprio qui che si snocciolerà il futuro”. Commenta così con Formiche.net il professore Carlo Pelanda, coordinatore del dottorato di ricerca in geopolitica e geopolitica economica dell’Università Guglielmo Marconi di Roma ed editorialista di Italia Oggi e Mf/Milano Finanza, l’elezioni di Trump alla Casa Bianca.
UNA LINEA CONTINUA
Qual è il messaggio politico e culturale che Trump manda al mondo? “Capiamoci, non è un messaggio nuovo: tutto parte da Kissinger nel 1973, l’anno in cui l’allora neo-segretario di Stato vinse il premio Nobel per la Pace, ed è proseguito con Bush, è un tema proprio anche del partito repubblicano. Ora il riequilibrio torna con maggiore pressione sulla popolazione, perché l’impoverimento della classe media è più evidente, a causa dell’asimmetria economica a danno dell’America”. “Sono rimasto impressionato dai commenti di persone anche autorevoli che si sono stupite di quello che è accaduto – aggiunge Pelanda – quest’ansietà significa che non si è studiato abbastanza, perché dietro a Trump c’è una linea storica piuttosto evidente”. E allora, in cosa è riuscito Trump? “Il candidato repubblicano ha spiegato alla gente comune, alle classi inferiori, un tema che nel linguaggio delle élite si può definire così: il riequilibrio delle asimmetrie commerciali e militari che costringono gli Stati Uniti a fare uno sforzo maggiore degli alleati. Uno sbilanciamento sfavorevole da anni”. Ora è arrivato il momento dell’America First, dell’America Great Again, gli slogan che hanno dominato la campagna elettorale. “Ma dire questo non significa dire che Trump è discontinuo, anzi”.
LA VISIONE SELETTIVA
Che cosa succederà dunque al rapporto con gli alleati, partendo dall’Europa? “L’America non sarà protezionista, potremmo dire che sarà selettiva. Il protezionismo potrebbe provocare una contro-reazione negativa per Washington, che invece aprirà a chiunque accetti dei riequilibri, la costruzione di rapporti simmetrici, senza sbilanciamenti verso la concorrenza esterna. Manterrà accesso al mercato interno, ma in cambio vorrà anche che le controparti si impegnino in modo costruttivo a sostenere, riequilibrare appunto, il peso americano”. “È la durezza della storia che ritorna, anche se è stata sospesa per questa strana generosità dell’impero americano a dare di più di quello che ottiene”. Un esempio? “La Germania, Berlino sarà un importante ago della bilancia. Finora i tedeschi si sono sempre rifiutati di condividere il grosso dello sforzo internazionale, su tutti gli ambiti, con gli Stati Uniti. Ora hanno in mano un pallino delicato, perché è possibile che Trump voglia crearsi intorno un blocco di amici, di stati che recepiscono il suo messaggio e ne colgono le opportunità, ma sarà un blocco ad escludendum”.
E L’EUROPA?
“Bisogna ricordarsi che la Germania traina l’Europa e dunque il suo comportamento avrà riflessi sull’intera Unione”. In questo sembra si sia partiti male, con le parole dure del presidente della Commissione Jean-Claude Junker, che ha detto che la vittoria di Trump mette a rischio le relazioni Ue/Usa. “Ecco, se la prima risposta è questo è preoccupante – risponde Pelanda – Dimostra che la risposta tedesca alla richiesta di reciprocità americana è più o meno del tipo ‘tu fatti il tuo impero io mi faccio il mio’. Ma questo è pericolosissimo, perché per assurdo la Germania potrebbe voler sganciarsi dall’Europa e addirittura uscire dall’Euro seguendo agende personali. Per esempio, un altro Stato che avrà un ruolo importante è il Giappone, non a caso il primo ministro Shinzo Abe sarà il primo leader ad incontrare Trump (giovedì 17 novembre a New York, ndr). Il Giappone è un altro di quegli alleati che ha goduto del sostegno americano in modo squilibrato, ma la mia impressione è che Tokyo sarà più convergente, recepirà meglio il messaggio: sono gli europei la mina vagante, per via del rischio prodotto dalle ambizioni tedesche”. Giovedì l’ancora-per-poco-presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha incontrato la Cancelliera Angela Merkel in un vertice a due in Germania. E l’Italia? “Siccome credo che l’analisi del rischio politico, economico e finanziario legato alle prossime policy americane non sia da focalizzarsi tanto su Trump quanto sulla risposta dell’Europa, credo che l’Italia dovrebbe immediatamente chiedere un trattato bilaterale economico e militare per riorganizzare chiaramente le proprie relazioni”.
IL NEMICO, LA CINA
Il Trump eletto si muove diversamente dal candidato, e i mercati sembrano aver assorbito gli scossoni delle prime ore: il dollaro ha quasi raggiunto la parità con l’euro, nel suo primo intervento al Congresso dopo le elezioni la presidente della Fed Janet Yellen ha dato segnali di continuità nella politica monetaria. E la Cina? La Cina è il contrappeso politico globale dell’America, il grande nemico evocato anche da Trump in campagna elettorale? Quale sarà la dinamica delle future relazioni? “La Cina è il problema, molto più della Russia per esempio, perché un impero non accetta facilmente l’emergenza di un altro impero che potrebbe diventarne più forte. Esiste una situazione di guerra latente tra i due giganti, ma è chiaro che si tratterà pragmaticamente: non a caso il presidente Xi Jinping, che sarà protagonista di una delicata fase di successione nei prossimi anni, ha già chiamato Trump. Per esempio, uno dei riequilibri richiesti agli alleati dall’America potrebbe essere un incremento della spesa militare giapponese, presidio sull’espansione cinese nel Pacifico: questo potrebbe permettere agli Stati Uniti di ridurre l’impegno strategico nell’area e in cambio Tokyo manterrebbe rapporti forti con Washington. Uno scambio che può interessare ad Abe, e allo stesso tempo essere buono per l’America, che non vorrà lasciare spazio alla Cina nel Pacifico. Il trattato di libero scambio Ttp, ora sospeso, verrà revisionato, e sarà costruito affinché Trump riesca a creare un’alleanza che sia più grande della Cina stessa”.