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Cosa pensa di fare Fillon con Russia, Iran e Siria

François Fillon ha chiuso il primo turno delle primarie della destra francese in testa con il 44,2 per cento dei voti, seguito da Alain Juppé (28,4) e Nicolas Sarkozy (20,7). L’ex premier “tatcheriano”, come lo definisce il Telegraph, era considerato un terzo incomodo in mezzo al testa a testa Juppé/Sarkò, e invece ha chiuso in netto vantaggio rimandando (forse definitivamente) le ambizioni dell’ex presidente di tornare forte sulla scena politica – domenica prossima il ballottaggio. Fillon rappresenta la destra tradizionale, con un programma basato sul realismo, alternativo al revival di Sarkozy e al “progressismo” di Juppé. In campagna elettorale ha detto che “le elezioni presidenziali non possono essere ridotte a un dibattito sul terrorismo: sono la scelta per il futuro del nostro paese, per un modello di società, non per un super-ministro degli Interni”. Però non ha escluso il tema dal suo programma: l’argomento d’altronde è centrale, un anno fa la grande strage di Parigi, prima gli altri attentati, con l’incubo dei militanti dello Stato islamico di origine francese che ricompare come costante nei video/propaganda, e l’impegno preso da Parigi per stabilizzare il Sahel (un’area di interesse economico-strategico) dalle infiltrazioni qaediste e jihadiste in generale.

RUSSIA E SIRIA

Fillon ha una visione generale della situazione che si può riassumere usando le parole dette da lui stesso durante un’intervista alla radio francese Europe 1: “Per mesi ho detto che è necessario cooperare con la Russia, l’Iran e il regime di Bashar Assad per combattere lo Stato islamico. Abbiamo perso un sacco di tempo” – una sua dichiarazione simile lo scorso anno era stata celebrata dal sito internazionale filo-Cremlino Sputnik. Per Fillon l’atteggiamento usato dall’Occidente nei confronti della Russia è sbagliato, “irresponsabile”, tende a infiammare la situazione con provocazioni: il vincitore del primo round delle primarie è uno dei diversi membri dei Républicains che vorrebbero togliere le sanzioni alla Russia, una posizione condivisa anche da Sarkozy. A luglio, invitato da Politico a spiegare i perché di queste visioni, Fillon ha detto: “C’è solo un grande senso di continuità storica, il generale de Gaulle aveva ben compreso che la pace in Europa si basa sull’avere rapporti politici con la Russia”. Una lettura che in fondo, e in via meno ufficiale, non è disdegnata anche da alcuni dei socialisti al governo, per esempio il ministro dell’Economia Emmanuel Macron e quello degli esteri Jean-Marc Ayrault.

LA LINEA UFFICIALE E LA DISCONTINUITA’

Nonostante queste inclinazioni, comunque, la linea francese è indirizzata verso una rigidità ufficiale nei confronti di Mosca. Si ricorderà che Parigi con Berlino rappresentavano, con Londra, il fronte di chi, a fine ottobre, voleva allargare le sanzioni UE contro il regime siriano agli alleati, sottinteso i russi e gli iraniani – che in questi giorni hanno ripreso le azioni a favore del regime, con una durissima campagna su Aleppo. In quella situazione fu l’Italia a chiedere di frenare (“Non ha senso parlare di sanzioni alla Russia”, fu il commento del premier Matteo Renzi). E dunque Fillon, che per diventare presidente dovrà passare ancora per il ballottaggio e poi per lo scontro elettorale vero e proprio, rappresenta in parte una discontinuità. Anche nei rapporti con l’Iran: la Francia, anche per ragioni collegate ai rapporti economico-commerciali con l’Arabia Saudita e con altri paesi del Golfo (fronte militare e fronte nucleare) che considerano l’Iran nemico esistenziale, aveva tenuto una posizione molto scettica, dura, critica, durante i negoziati per il deal nucleare – Parigi era con Cina, Russia, Stati Uniti, Regno Unito e Germania, membro dei 5+1 che ha chiuso l’accordo. Ora Fillon parla di cooperare anche con gli ayatollah nella lotta al terrorismo. La Francia, nonostante l’intero negoziato è stato rappresentato come un uno-contro-uno tra Teheran e Washington, era stata la prima ad aprire i colloqui, nel 2003. Era stato infatti l’ex capo della diplomazia Dominique de Villepin (presidenza-Chirac) ad avviare gli incontri, poi sconvolti quattro anni dopo con l’elezione di Sarkozy e con l’inizio di una linea dura contro la Repubblica islamica, una delle poche posizioni in cui la presidenza di François Hollande ha ricalcato quella del predecessore auto-proclamandosi cane da guardia dell’accordo. Le cose stanno cambiando? Indizi: all’inizio di novembre la francese Total ha firmato un grosso contratto con l’Iran per sviluppare un importante giacimento di gas naturale appena fuori al golfo Persico. La Total guiderà un consorzio di cui fa parte la China National Petroleum Corporation (CNPC) e Petropars iraniana per sviluppare la fase 11 del giacimento South Pars con un contratto di 20 anni del valore di 4,3 miliardi di euro.

(Foto: Kremlin.en, Francois Fillon e Vladimir Putin durante il vertice economico di San Pietroburgo, giugno 2015)


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