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Trump, Renzi, l’Economist e la strana sortita di Monti

Mario Monti

Non appare strano che, ad una settimana dal referendum sulla riforma costituzionale, anche l’Economist dica la sua. Ha sorpreso, piuttosto, che sostenga il No: ben altre erano le riforme strutturali su cui il governo Renzi avrebbe dovuto impegnarsi. Ipotizza, infine, la costituzione di un governo tecnico per gestire la instabilità che si genererebbe con la bocciatura del referendum.

Di rimando, sulla edizione italiana dell’Huffington Post, il senatore a vita Mario Monti, chiamato al laticlavio ed alla conduzione del governo subito dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi in un contesto di burrasca sui mercati, con lo spread che picchiava senza tregua sui titoli italiani, ha replicato che Renzi deve restare al governo. Comunque vada, anche se il No dovesse prevalere.

E’ curioso, a prima vista, che proprio colui che ha presieduto il governo tecnico per eccellenza, quello che avrebbe salvato l’Italia dal baratro, si dica ora contrario ad un nuovo governo tecnico che ci metta al riparo dalla speculazione.

Le ragioni di opinioni tanto diverse derivano dal fatto che è in corso una crisi internazionale profondissima: dopo la Brexit, ed ancor più dopo la elezione di Donald Trump alla presidenza, la Germania è isolata, come mai lo era stata da un secolo a questa parte. La Russia non è più nemica. In Francia non lo sostiene solo Marine Le Pen, ma anche François Fillon che si candida con i Repubblicani.

La Cancelliera Angela Merkel ha annunciato che c’è bisogno di stabilità e che per questo si candiderà per la quarta volta. Ha ottenuto il sostegno di Barack Obama, nel corso dell’ultima visita in Europa: il disegno europeo, tutto centrato sulla Germania come bastione della Alleanza atlantica, in funzione prima antisovietica e poi comunque antirussa, si sta sfaldando.

In Gran Bretagna, alcuni ambienti ritengono di dover mettere l’Italia sotto tutela politica, per evitare che abbia margini di manovra troppo ampi in una fase di grande instabilità internazionale. Non è dunque la Troika, quella di cui si parla, ma di un governo tecnico che faccia il paio con quelli che dopo la crisi del 1992 accettarono le profferte sul Britannia, con la privatizzazione prima e lo smantellamento poi dell’industria di Stato e la privatizzazione delle banche pubbliche.

La Germania, che guida senza compromessi la politica europea, teme parimenti un riaprirsi dei giochi, ed un allontanamento dell’Italia dalla politica dell’Unione. Si accelera sull’esercito europeo che coopera con la Nato, superando la logica degli eserciti nazionali. Probabilmente è per questo che Mario Monti, che si vanta a ben ragione di essere uno degli italiani più ben visti in Germania, sostiene la prosecuzione del governo Renzi, che si è recato a Washington per confermarsi l’appoggio dei Democratici americani. Renzi, come Merkel, sono i loro referenti.

Ogni smottamento, sul piano internazionale, sarebbe incontrollabile. Oggi, come nel 1915, si cercano e si temono repentini rovesciamenti delle alleanze. L’Italia, come sempre, farà la differenza.

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