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Isis, che cosa è successo all’Ohio State University

Un uomo ha investito con la propria auto un gruppo di studenti davanti a uno degli ingressi dell’Ohio University, poi è sceso dall’auto e ha attaccato altre tre persone usando un coltellaccio (forse un vecchio machete o un grosso coltello da macellaio).

Un agente di polizia che si trovava sul posto è intervenuto immediatamente ha aperto il fuoco e ucciso l’aggressore. Il bilancio provvisorio parla di 11 feriti in totale, nessuno in pericolo di vita.

L’autore del gesto si chiama Abdul Razak Ali Artan, è uno studente dell’Università, rifugiato somalo residente negli Stati Uniti. Le indagini sono incentrate sulla vita di Artan, anche perché lo Stato islamico ha rivendicato l’attentato tramite la sedicente agenzia Amaq News.

La formula usata dal claim baghdadista è quella classica, a colpire “un soldato del Califfato”, il motivo “la risposta alla richiesta di colpire obiettivi delle nazioni della Coalizione”, con riferimento a quella a guida americana che porta avanti le operazioni contro l’IS in Siria e Iraq. Le indagini sono concentrate sui possibili collegamenti di Artan: c’è stato qualcuno che lo ha aiutato? È entrato in contatto con guide spirituali e tattiche oppure si è auto-radicalizzato e ha studiato da solo il piano? Le indagini faranno chiarezza.

Durante l’attacco per diverse ore tutta l’area dell’ateneo è rimasta isolata. Agli studenti è stato chiesto di barricarsi in aula o negli alloggi perché c’erano segnalazioni sulla possibile presenza di altri due complici – circostanza successivamente smentita. Ora gli account Twitter della polizia locale segnalano che tutto è tornato alla normalità, tuttavia le attività del campus resteranno chiuse per tutto martedì.

Anche se è presto per fare considerazioni, è impossibile non notare che il modus operandi è del tutto simile a quello predicato dai chierici dell’odio del Califfo: Mohammed al Adnani, per esempio, aveva chiesto ai proseliti di non raggiungere necessariamente il territorio califfale, ma di unirsi al jihad anche da casa, utilizzando qualsiasi genere di mezzo a disposizione per colpire gli infedeli; “investiteli con la macchina”, diceva in un famoso audio. Evocativo anche l’uso del coltello, strumento protagonista lo scorso anno della cosiddetta Knife Jihad in Israele, oggetto feticista per antonomasia. Le decapitazioni e gli sgozzamenti sono diventati uno dei simboli delle brutalità del Califfato. Pochi giorni fa è uscito un lungo video dell’IS, come non se ne vedevano da tempo, in cui uno dei protagonisti è un francese (Al Faransi, il francese, è il nome de guerre con cui viene presentato) che insegna agli utenti come sgozzare un prigioniero. In un’immagine preliminare, al Faransi – sulla cui identità investigatori e specialisti stanno lavorando – mostra alla telecamera un coltello commerciale di quelli della linea del noto avventuriero televisivo Bear Grylls: è lo stesso coltello che Adani teneva nel giubbotto multitasche in alcune celebri foto.

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