Mentre prosegue fino a venerdì l’offerta di riacquisto rivolta agli obbligazionisti subordinati, che dovranno poi reinvestire il ricavato in nuove azioni, dai documenti pubblicati da Mps emergono nuovi retroscena. E una novità rilevante: gran parte delle risorse che affluiranno al Monte dei Paschi di Siena guidato dall’amministratore delegato Marco Morelli serviranno a ripagare in sostanza gli oneri per la cartolarizzazione dei crediti. Ecco tutti i dettagli.
I COSTI DEL SALVATAGGIO
Come riportato dal Messaggero del 30 novembre, “la complessa operazione che condurrà in salvo il Monte dei Paschi di Siena – scrive Carlotta Scozzari – costerà alla banca 3 miliardi e 875 milioni. Cifra a cui l’istituto di credito guidato da Marco Morelli conta di fare fronte con l’aumento di capitale fino a 5 miliardi che partirà entro l’anno e che costituisce esso stesso il passaggio-chiave del salvataggio (insieme con la maxivendita di sofferenze che saranno cartolarizzate)”. A riportare la cifra è la stessa Mps, tra le righe del documento di offerta di riacquisto delle obbligazioni subordinate (Lme) partita lunedì: “I costi complessivi dell’operazione (dove per operazione si intendono sia la cessione di sofferenze, sia l’aumento di capitale sia lo stesso Lme, ndr) sono dati da effetti economici pro-forma, al 30 settembre 2016, pari a 3.705 milioni e da effetti patrimoniali pro-forma, al 30 settembre 2016, pari a 170 milioni. Tali impatti saranno fronteggiati mediante un aumento di capitale da 5 miliardi”. Quindi, se ne evince, l’aumento di capitale da 5 miliardi servirà a pagare quasi 4 miliardi di costi del salvataggio.
LA MAXI CARTOLARIZZAZIONE
Gran parte dei 3,875 miliardi di costi complessivi del salvataggio servirà per la cartolarizzazione delle sofferenze. Sì, perché va ricordato che questi crediti saranno trasformati in titoli da “piazzare” tra gli investitori. “Si evidenzia – si legge sempre nel documento di offerta – che la cartolarizzazione comporta per la banca, al 30 settembre 2016, un effetto economico pro-forma negativo non ricorrente per 2.720 milioni, che include 179 milioni di svalutazione dei finanziamenti subordinati concessi al veicolo per la cartolarizzazione, che l’emittente (Mps, ndr) ritiene non recuperabili, stante il livello di subordinazione. L’emittente metterà a disposizione del veicolo di cartolarizzazione una linea di liquidità stimata in circa 235 milioni”.
LA RIPARTIZIONE DELLE SOFFERENZE
All’interno di questi costi, ci sono 860 milioni di interessi passivi, a loro volta così suddivisi: 310 milioni per senior bridge loan/senior notes (la tranche senior della cartolarizzazione delle sofferenze è quella meno rischiosa e assistita da garanzia statale Gacs); 190 milioni per la tranche senior mezzanine (quella “di mezzo” che dovrebbe essere rilevata dal fondo Atlante); 360 milioni per la tranche junior mezzanine (l’altra parte della mezzanine che deve rilevare Atlante)”. “Per quanto attiene la junior notes si evidenzia che non è prevista la corresponsione di un interesse”, avverte il documento di offerta. Questo significa che la parte più rischiosa delle sofferenze cartolarizzate, che sarà redistribuita tra gli azionisti di Mps (non sono stati individuati compratori né era possibile sfruttare la Gacs), non sarà remunerata con alcun interesse.
IL CONSORZIO DELL’AUMENTO
Il documento di offerta segnala, inoltre, che la firma di un vero e proprio contratto di garanzia sull’aumento di capitale da parte delle banche, guidate da Jp Morgan e Mediobanca, resta soggetto alla discrezionalità degli istituti di credito stessi. Il contratto preliminare prevede, infatti, che si possa arrivare a un consorzio di garanzia solo nel caso in cui le banche considerino “soddisfacente” l’esito della conversione dei bond subordinati, l’attività di pre-marketing e l’avanzamento del processo di deconsolidamento del portafoglio di 27,7 miliardi di sofferenze. “Si precisa – si legge nel documento – che l’accordo di pre-underwriting non contiene alcun parametro né di tipo qualitativo né di tipo quantitativo volto ad individuare l’entità del grado di soddisfazione da parte di ciascuno dei global coordinators”. Le banche, infatti, non hanno dato alcuna indicazione sulla “soglia” minima che conversione e pre-marketing devono raggiungere per poter essere considerati “soddisfacenti”. Ciò significa che l’operazione complessiva di salvataggio del Monte, oltre a essere particolarmente costosa, resta in mano alla volontà delle banche.