Quello che colpisce maggiormente nei risultati delle elezioni Usa 2016 è stato lo spostamento della classe operaia da Obama a Trump: quest’ultimo ha vinto grazie agli stessi elettori che otto e quattro anni fa hanno votato per Obama. E per giunta con le stesse motivazioni.
Cinquantasette milioni di americani hanno eletto un candidato che il proprio stesso Partito non voleva, hanno mandato a casa Hillary che era sostenta da 164 network mediatici su 168 e dall’intero mondo della finanza. Hanno consegnato a Trump la Casa Bianca, la Camera ed il Senato (non avveniva dal 1928 che i Repubblicani facessero l’en plein) espugnando tutti gli Stati in bilico, le roccaforti democratiche delle aree operaie attorno ai Grandi Laghi. Si tratta di un terremoto sociale prima ancora che politico.
Hillary conclude una carriera quarantennale all’insegna dell’antipatia. Iniziata come giovane avvocata della squadra di democratica che affiancava la commissione parlamentare durante l’indagine sul Watergate e dalla quale era stata censurata perché “adattava” le trascrizioni delle intercettazioni. Proseguita con gaffes clamorose – la più celebre è stata “non starò a fare i biscotti” durante la campagna di Bill del ’92 che fece imbufalire le donne di tutto il Paese. Conclusa dando dei “miserabili” agli elettori di Trump, donando così una bandiera ed un leader agli indecisi. Ora potrà, finalmente, imparare a cucinare i biscotti per i nipotini.
Il fenomeno è, su scala amplificata, identico a quello che, oltre vent’anni prima, ha portato Mirafiori a votare compatta per il capostipite di tutti i populisti: nel 1994 i quartieri operai della Fiat hanno preferito Berlusconi e voltato le spalle alla sinistra storica allora rappresentata dalla “gioiosa” macchina da guerra di Occhetto.
Ma il Nuovo Mondo ancora una volta si è portato dietro gli elementi più negativi del vecchio continente: l’ondata populista è partita proprio dalle nostre sponde con Grillo in Italia, la Le Pen in Francia, Hofer in Austria, ha preso il largo con la disastrosa Brexit, ha attraversato l’Atlantico ed ha travolto l’America. Ora è prevedibile che rimbalzerà di nuovo sull’Europa dove, nei prossimi mesi, si terranno elezioni importanti in Austria, Olanda, Francia e Germania, per non parlare dell’imminente Referendum nostrano.
Ma la caduta di Hillary si è rovinosamente portata dietro l’intera eredità di Obama. Se il Presidente uscente non avesse fatto campagna per la compagna di partito, la sua eredità sarebbe rimasta intatta. Scendendo in campo – per giunta dopo aver promesso che non l’avrebbe fatto – ha messo a rischio i pochi risultati – soprattutto quelli di politica interna – ottenuti dalla sua amministrazione.
Trump ora dovrà fare i conti con le sue promesse. Fra le tante dichiarazioni strampalate, incluso il muro al confine col Messico da fare pagare ai messicani o il divieto di ingresso ai turisti mussulmani, in campagna elettorale ha anche ripetuto più volte che la Russia, la Siria e l’Iran sono i veri alleati degli Usa nella lotta contro il terrorismo. Questo potrebbe rivoluzionare l’intero sistema delle alleanze internazionali.
Avendo fatto tombola sia alla Camera che al Senato, non potrà tirarsi indietro con la scusa di non avere la forza politica per portare avanti il suo programma. D’altra parte, sia i Democratici che i leaders Repubblicani – che avevano minacciato l’apocalisse se la Casa Bianca – inclusa la valigetta nucleare – fosse stata consegnata al miliardario – subiranno un ulteriore crisi di credibilità quando il paventato apocalisse non si verificasse. Le prime, pacate, dichiarazioni del presidente eletto fanno ben sperare, almeno per il futuro del Mondo. Accontentiamoci di questa buona notizia.